Pensione di reversibilità, il tribunale si è espresso “conta anche la convivenza”



Torniamo a parlare di pensioni e nello specifico della pensione di reversibilità. Ci si chiede se gli anni di  convivenza more uxorio, possono essere calcolati al fine della determinazione della quota di reversibilità. Secondo il tribunale di Milano, la risposta è più che positiva ed infatti il giudice con sentenza numero 58 del 2018, avrebbe riconosciuto anche il periodo di convivenza more uxorio del coniuge superstite sulla base delle finalità solidaristica che praticano al trattamento di reversibilità.



Il caso

Nello specifico il giudice si è espresso nella vicenda che ha come protagonista una signora la quale iniziava una convivenza more uxorio con il suo compagno nel 2006. Quest’ultimo era sposato nel frattempo con una signora dal mese di giugno del 1977, dalla quale si separava consensualmente soltanto nel mese di maggio 2016. Successivamente poi si procedeva con l’accordo relativo alla cessazione degli effetti civili del matrimonio che avveniva così nel mese di marzo 2017 e si riconosceva un assegno divorzile alla signora. È capitato poi che la protagonista di questa vicenda, nel mese di luglio del 2017 si è sposata con il signore civilmente, ma poi nel mese di febbraio 2018, il compagno pare sia deceduto. L’ex moglie percepiva già una pensione di anzianità, mentre la nuova moglie non percepiva nulla. Successivamente poi la moglie, ma anche l’ex moglie, avrebbero presentato un ricorso per poter richiedere la quota di reversibilità spettante alle stesse dal mese successivo al decesso del marito.

La pensione di reversibilità, che cos’è?

Si tratta di un sostegno economico che previsto dalla legge a favore dei familiari superstiti del de cuius assicurato pensionato che risulta iscritto presso una delle gestioni dell’INPS. La disciplina dell’ erogazione delle pensioni ai superstiti è contenuta proprio nella articolo 1 comma 41 della legge 8 agosto 1995 numero 335 e s.m.i. Rientrano il coniuge, ma anche i figli ed equiparati che alla data di decesso dell’assicurato o del pensionato, non abbiano superato i 18 anni di età o indipendentemente dall’età siano riconosciuti inabili al lavoro oppure a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo.

Rientrano anche i genitori dell’assicurato o pensionato in assenza del coniuge o dei figli o se pur esistendo questi non abbiano diritto alla pensione superstiti che al momento della morte del Dante causa, abbiamo compiuto il sessantacinquesimo anno di età, non siano titolari di pensione, risultino a carico del lavoratore deceduto. Infine rientrano i fratelli celibi e sorelle nubili dell’assicurato o pensionato in assenza del coniuge, dei figli o del genitore o se, pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione ai superstiti o che al momento della morte di quest’ultimo siano inabili al lavoro, non siano titolari di pensione, siano a carico del lavoratore deceduto.



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