Pensioni anticipata 2019, Quota 100 bozza decreto: requisiti e risorse con ulteriori news



Sono ormai pronti a partire le due misure più attese del 2019 in termini di pensione. Stiamo parlando di Quota 100 e reddito di cittadinanza. Il decreto che introduce queste due misure è ancora una bozza ma ormai definitiva che sarà approvata ormai nei prossimi giorni e non oltre il 14 gennaio. Nella bozza si legge che la nuova misura pensionistica Quota 100 sarà introdotta in via del tutto sperimentale per il prossimo triennio e dunque sarà valida fino al prossimo 2021 e riguarderà tutti gli iscritti alle gestioni Inps che abbiano maturato due contributi, ovvero uno contributivo e l’altro anagrafico. Nello specifico bisognerà aver compiuto 62 anni di età e maturato 38 anni di contributi. Non sembra che questa misura o meglio il requisito anagrafico venga in qualche modo colpito dall’adeguamento sulla speranza di vita e per questo motivo il primo aumento avverrà nel 2021.



A beneficiare di questa misura saranno circa 315 mila lavoratori, di cui 130 saranno soltanto dipendenti pubblici. Saranno esclusivamente i lavoratori a decidere arbitrariamente se accedere al mondo della pensione con Quota 100 o meno. Il lavoratore dovrà nello specifico scegliere se andare in pensione una volta maturati i requisiti ovvero 62 anni di età e 38 anni di contributi, consapevole di prendere un assegno meno consistente rispetto a quello che avrebbe preso aspettando di maturare i requisiti per poter accedere alla pensione di vecchiaia. Riguardo le finestre di uscita, i dipendenti privati potranno andare in pensione a partire dal mese di aprile 2019, mentre i dipendenti pubblici dovranno attendere il mese di luglio 2019. E’ stato fissato un preavviso di oltre mesi da poter comunicare alle pubbliche amministrazioni.

Quindi ricapitolando, chi ha maturato i requisiti entro il 2018 potrà usufruire della Quota 100 a partire dal mese di aprile 2019, mentre chi ha maturato i requisiti dopo il primo gennaio 2019, deve spettare 3 mesi in più. Discorso a parte, come abbiamo visto, per i dipendenti pubblici, i quali se matureranno i requisiti entro il 31 marzo 2019, avranno diritto solo al pensionamento con Quota 100 a partire dal mese di luglio 2019.

Qualora i requisiti vengano maturati dal mese di aprile in poi, bisognerà attendere altri 6 mesi. I lavoratori della Pubblica amministrazione dovranno attendere diversi anni prima di ricevere la liquidazione, anche se prevista la stipula di convenzioni con le banche per un’erogazione anticipata. Va ribadito inoltre che ogni informazione che sarà contenuta nel decreto legge dovrà essere confermata nella bozza definitiva che sarà approvata possibilmente entro il prossimo 12 o massimo 14 gennaio. Soltanto successivamente entreranno quindi in vigore quelle che sono le nuove regole dettate dal governo.

Pensione anticipata

I requisiti attualmente richiesti per accedere alla pensione anticipata sono di 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e di 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini. Dal 1 gennaio 2019, con l’aumento dell’età pensionabile, saranno richiesti 42 anni e 3 mesi di contributi per le donne e 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini.

Pensione di vecchiaia contributiva

I requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia contributiva sono attualmente: almeno 5 anni di contributi versati non possedere contributi versati prima del 1 gennaio 1996
l’ammontare dell’assegno pensionistico non deve essere inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale 70 anni e 7 mesi di età Dal 1 gennaio 2019, fermi restando i primi tre punti, l’età anagrafica per accedere alla prestazione sarà aumentata a 71 anni.

Pensione anticipata contributiva

I requisiti per accedere alla pensione anticipata contributiva sono attualmente: almeno 20 anni di contributi effettivi (non sono validi figurativi) non possedere contributi versati prima del 1 gennaio 1996 l’ammontare dell’assegno pensionistico non deve essere inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale 63 anni e 7 mesi di età. Dal 1 gennaio 2019, fermi restando i primi tre punti, l’età anagrafica per accedere alla prestazione (sempre con un anticipo di 3 anni rispetto alla pensione di vecchiaia) sarà di 64 anni.

Pensione quota 41 precoci

I requisiti attualmente richiesti per accedere alla pensione quota 41 sono attualmente: 12 mesi di contributi versati prima del compimento dei 19 anni di età appartenenza ad una delle tipologie di lavoratori tutelate (caregiver, invalidi, disoccupati, gravosi e usuranti) 41 anni di contributi Dal 1 gennaio 2019, fermi restando i primi due punti, il requisito contributivo richiesto per accedere alla prestazione sarà di 41 anni e 5 mesi.

Il nodo liquidazioni lega le mani al governo. Palazzo Chigi rinvia, forse alla prossima settimana, il decreto che avrebbe dovuto finalmente chiarire la composizione di reddito di cittadinanza e quota 100. Ma più che il sussidio anti-povertà, sul quale c’è un accordo di massima («260mila invalidi italiani avranno accesso al reddito di cittadinanza: abbiamo recuperato un tesoretto di 400 milioni perché è stata ridotta la platea degli stranieri» ha spiegato ieri Luigi Di Maio), il problema è che non si riesce a trovare la soluzione sul problema del Tfr congelato agli statali. «Ai dipendenti pubblici che andranno in pensione con quota 100 il trattamento di fine rapporto verrà corrisposto al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione» si legge nel decreto messo a punto dal governo. In sostanza la pensione arriverà subito, allo scoccare dei 62 anni di età e 38 di contributi, mentre la liquidazione verrà bloccata fino all’età di 67 anni. Ciò vuol dire che i più giovani tra i neo-pensionati potranno mettere le mani sulla liquidazione solo dopo ben 5 anni. Un aggravio pesante per i 123 mila statali che nel 2019 potrebbero uscire in anticipo. La soluzione escogitata per non privare i pensionati del Tfr consiste nella possibilità di stipulare accordi con le banche, mediati da una convenzione governo-Abi. Il pensionato si vedrebbe corrispondere il Tfr subito, con un prestito, versando un tasso di interesse annuale. Il governo pensa ad un tasso dell’1% che, ad esempio, farebbe dimagrire di 5mila euro in 5 anni una liquidazione da 100mila. Ma i sindacati sono andati su tutte le furie. «La spesa degli interessi – ha aperto ieri il ministro Giulia Bongiorno – non andrà tutta a carico del dipendente pubblico, ma una parte toccherà allo Stato». Un buon proposito che però si scontra con il solito problema: trovare le risorse. Sul resto, la maggioranza ha trovato la sintesi. Quota 100 contempla anche la possibilità, per i fondi di solidarietà bilaterali gestiti da imprese e sindacati, di finanziare volontariamente i contributi mancanti per arrivare a quota 100, con uno scivolo aggiuntivo fino a tre anni. In questo modo, nei casi limite, un lavoratore potrebbe lasciare con 62 anni di età e 35 di contributi, oppure a 59 anni e 38 di contributi. Le combinazioni possibili sono decine ma tutte dovrebbero rispettare un principio: incentivare chi, nel giro di tre anni, sarebbe comunque destinato a raggiungere quota 100. Per evitare esodi di massa i dipendenti delle aziende private potranno uscire, da aprile, attraverso una finestra di tre mesi tra il momento in cui vengono maturati i requisiti e quello in cui effettivamente si può lasciare il lavoro, mentre per gli statali la finestra sarà raddoppiata fino a sei mesi. Quadro definito sul reddito di cittadinanza. Andrà a 1,7 milioni di famiglie e 4,9 milioni di persone. Assegno di 780 euro per un single privo di casa di proprietà, si arriva fino a un massimo di 1.300 in una famiglia con 5 componenti di cui tre adulti. La Lega ha ottenuto garanzie che il decreto conterrà più elementi di sviluppo del mercato del lavoro: ci sarà un’una tantum da 4.700 euro per chi avvia un’attività rinunciando al sussidio per mettersi in gioco nel mondo dell’impresa. Per chi avvia un’attività di impresa sono previste due mensilità di reddito di cittadinanza anticipate per il nucleo famigliare. Intanto la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso del Pd contro l’approvazione della manovra avvenuta senza dibattito parlamentare. I giudici della Consulta hanno però stigmatizzato anche il comportamento del governo dicendo che per le leggi future modalità di decisione e approvazione che comportino forti e gravi compressioni dei tempi di discussione «dovranno essere abbandonate altrimenti potranno non superare il vaglio di costituzionalità».

Casalinghe, anno nuovo con sorpresa Raddoppia l’assicurazione obbligatoria

Stava morendo di consunzione, dimenticata da (quasi) tutti. Più di 2 milioni di iscritti nel 2008, 1,6 nel 2012, 1,2 nel 2014. Nel 2018 non più di un milione sui 9 – si calcola – che sarebbero tenuti a farlo. Numeri avari che hanno segnato la débâcle dell’assicurazione contro gli infortuni in casa, volgarmente detta l’”assicurazione delle casalinghe”, perché rappresentano il 99 per cento della platea.

OBBLIGO SULLA CARTA Una mini-polizza 12,91 euro all’anno rivolta a chiunque, dai 18 ai 65 anni, si occupa in via esclusiva e gratuitamente della cura della casa e della famiglia. Obbligatoria ma solo sulla carta: nessuno ha mai preteso il pagamento della sanzione, perché nessuno è mai stato in grado di controllare un’evasione che assume i tratti dell’imperscrutabile. Così sempre in meno hanno aderito al sistema. Un motivo c’è: per ottenere la rendita, l’invalidità doveva essere almeno del 27 per cento. Esempio: perdita totale del pollice e della vista in un occhio: 186,17 euro al mese. Un massimo di 1.292,90 euro per l’invalidità al 100 cento.

RIVOLUZIONE A SORPRESA Le complicate vicissitudini che hanno portato all’approvazione frettolosissima della Legge di bilancio hanno però portato una novità. Improvvisamente, come un fungo, è spuntata la norma che rivoluziona l’assicurazione delle casalinghe. Il premio annuale sale da 12,91 euro l’anno a 24: un raddoppio, ma si tratta di una cifra ragionevolissima, 2 euro al mese. Aumentano però le prestazioni: l’invalidità minima per ottenere la rendita scende al 16 per cento e, dal 6 al 15, arriverà una piccola una tantum da 300 euro. Il 6 per cento corrisponde, per fare un esempio, alla ridotta capacità di due dita della mano destra (o sinistra per i mancini) o a una leggera zoppìa. Sale anche l’età massima dei cittadini tenuti a versare il premio, che arriva a 67 anni. «Ora è una bella prestazione, noi abbiamo fatto lo sforzo massimo, abbiamo avvicinato per la prima volta la costituzione delle rendite a quello che avviene in tutto il tutto il mondo del lavoro», commenta soddisfatto Agatino Cariola, che guida la direzione centrale rapporto assicurativo dell’Inail.

RISCHIO PASTICCI Il via libera in zona Cesarini alla nuova legge, arrivato quasi inatteso rispetto alle aspettative, sta però creando qualche intoppo. «Indubbiamente – ammette Cariola – ora c’è un problema di applicazione pratica della normativa. Il fatto che la norma sia stata inserita all’ultimo momento ci coglie un po’ di sorpresa, mentre le nostre assicurate hanno già ricevuto il bollettino per il pagamento del premio». Quello vecchio, ovviamente, da 12,91 euro. Cosa fare adesso? «Il nostro invito – spiega il dirigente – è di andare a pagare subito, entro il 31 gennaio, il bollettino da 12,91 euro». Il rischio di un pasticcio per il sovrapporsi di informazioni diverse è ora il primo obiettivo di Inail. Far comprendere che l’assicurazione sta cambiando, magari convincendo più italiani ad aderire (i potenzialmente interessati sono stimati in 9 milioni) ma non creare il caos: per ora si paga come prima. Ed è opportuno farlo in fretta, entro gennaio, per non perdere le coperture.

POSSIBILE INTEGRAZIONE Nel frattempo, servirà un decreto ministeriale per sancire le modalità del passaggio dal vecchio al nuovo sistema «e capiremo – spiega ancora Agatino Cariola – cosa uscirà dal decreto, decorrenze e modalità, se dovremo fare un’integrazione ». Ridare vigore all’assicurazione è un obiettivo primario anche per evitare che il sistema, man mano, si spenga. Oggi Inail ha un tesoretto di 140 milioni. È un Fondo speciale, nato per garantire gli iscritti qualsiasi cosa accada: «Anche se domani mattina questa assicurazione non esistesse più, è garantito il pagamento delle rendite a chi ne ha diritto». Perché il sistema “delle casalinghe” è tecnicamente un sistema a capitalizzazione pura: si autoalimenta, non scarica oneri sulle generazioni future, le vecchie rendite ormai sono già coperte. Presidente del Comitato amministratore del fondo autonomo speciale è Bonaventurina Fringuelli di Obiettivo Famiglia – Federcasalinghe: «Quest’assicurazione la stanchezza la sentiva tutta, c’era un grosso calo di iscrizioni, eravamo un po’ preoccupati. Ora abbiamo questa novità che, speriamo, ci aiuti a far conoscere questa possibilità, perché tante donne non la conoscono ». Per chi ha un reddito basso (sotto i 4.648 euro) è anche gratuita, lo resterà anche con le nuove norme «e anche se il premio è molto contenuto circa 800 mila donne potrebbero averla gratis». L’obiettivo è il rilancio del sistema. Inail ci crede: «Dire che il lavoro casalingo è un lavoro senza che ne abbia le tutele è una pura enunciazione di principio. Cerchiamo di renderla concreta.



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