Pensioni oggi, l’Ue contro Quota 100 “Non è una misura efficace”



Sul fronte pensioni le ultime notizie riguarderebbero la bocciatura dei conti italiani e di quota 100 da parte dell’Unione Europea. Non è di certo una novità il fatto che Quota 100 non sia mai piaciuta all’Unione Europea e dopo le “minacce”arrivate nei mesi scorsi da Bruxelles, il nostro paese risulta essere ancora nel mirino dell’Unione Europea, molto probabilmente per colpa dei troppi squilibri che sono stati determinati da una spesa eccessiva ed anche da un elevato debito pubblico. Sembra proprio che le misure attuate dal governo Lega -Movimento 5 Stelle, non piacciono all’Europa che prevede comunque delle prospettive non molto positive per il nostro paese con dei segnali di crescita piuttosto deboli se non addirittura nulli. La Commissione Europea ha quindi puntato il dito contro le prospettive macroeconomiche considerate piuttosto deboli nonché contro gli attuali piani di bilancio del governo, anche se meno espansivi rispetto a quelli iniziali previsti per il 2019 che porteranno un deterioramento dell’avanzo primario.



Un messaggio o meglio un invito nei confronti del nostro paese, sembra essere arrivato direttamente dal commissario degli affari economici europei Pierre Moscovici, il quale ha ribadito un concetto ovvero quello di migliorare la qualità delle Finanze pubbliche e l’efficienza della pubblica amministrazione, ma anche il sistema giudiziario e tutto ciò che è relativo all’ambito imprenditoriale al fine di migliorare e potenziare il mercato del lavoro e il sistema finanziario.

Pensioni, l’Europa punta il dito contro Quota 100 ” E’ inefficace”

A puntare il dito contro il nostro paese e più nello specifico contro quota 100 è ancora una volta la commissione Unione Europea, soprattutto nei confronti delle misure adottate dal governo governo giallo verde. Nello specifico però, la misura più criticata sempre essere proprio quota 100 considerata da sempre inefficace e capace di aumentare la spesa pensionistica in un paese che non può comunque permetterselo. Tuttavia la commissione Unione Europea ha anche sottolineato che alcuni progressi nel risanamento dei bilanci delle banche è comunque arrivato così come nelle riforme in materia di insolvenza ed anche nelle politiche attive del Mercato del Lavoro.

I problemi che ad ogni modo resterebbero e sarebbero in qualche modo determinati da misure che sono considerate piuttosto discutibili in questo determinato momento e riguarderebbero proprio quota 100. ” Il bilancio del 2019 include misure politiche che invertono gli elementi delle precedenti importanti riforme”, è questo quanto ancora fatto sapere dall’Unione europea. Si fa riferimento perlopiù al settore pensionistico dove non sembrano essere incluse delle misure efficaci per poter aumentare la crescita potenziale. Dunque, non sarebbe proprio adatto a favorire la crescita del paese, ma potrebbe andare soltanto ad indebolire le prospettive di crescita aumentando nel contempo la spesa pubblica e inficiando in modo negativo sul mercato del lavoro e il sistema finanziario.

La frenata dell’economia italiana non è altro che la prosecuzione di un 2018 a ritmi lenti. Istat registra che nel 2018 il Pil è avanzato solo dello 0,9, in marcato rallentamento rispetto al +1,6% del 2017. Il nuovo dato è inferiore alle previsioni del governo di fine dicembre, che indicavano per il 2018 una crescita dell’economia dell’1%. Pessimo anche il dato sul debito pubblico nazionale, che è salito al 132,1% del Pil contro il 131,3% del 2017, in base alle nuove stime sul prodotto interno lordo e ai dati dell’ultimo bollettino di finanza pubblica di Bankitalia. A dicembre scorso, tra l’altro, il governo aveva previsto per il 2018 che il debito si attestasse al 131,7% del Pil. Sempre nel 2018 il rapporto tra deficit e Prodotto interno, si è attestato al 2, %: un dato, questo, in miglioramento rispetto al 2, 4% del 2017 anno sul quale avevano pesato anche gli effetti dei salvataggi delle banche in crisi. Il clima di sostanziale galleggiamento del Paese trova conferma anche nei dati sul lavoro. A gennaio la disoccupazione italiana è rimasta ferma al 10%, lo stesso livello di dicembre, a fronte di un lieve aumento delle persone occupate e di quelle che cercano lavoro. La crescita di 21mila occupati rispetto al dicembre 2018, però, ha lasciato al palo le donne, mentre i più giovani hanno mostrato un aumento del tasso di disoccupazione. I dati provvisori dell’Istat mostrano che a determinare il miglioramento degli occupati è stato l’andamento del lavoro stabile, con 56mila dipendenti fissi in più, mentre si osserva un calo dei dipendenti a termine (-16.000) e degli autonomi (-19.000). L’andamento tracciato dall’Istat si lega con i numeri sui contratti relativi al mese di dicembre rilasciati dall’Inps ed è dunque probabile sia un effetto del “decreto Dignità”. Intanto, a poco più di un mese dalla partenza, sono 77mila gli italiani che hanno fatto richiesta di lasciare il lavoro aderendo alla riforma di “Quota cento”, che consente di andare in pensione con almeno 38 anni di contributi e 62 di età. Al momento, il Sud batte il Nord per numero di domande, sfiorando quota 32mila contro le 28mila del settentrione. Sono 1.492 le domande di pensionamento anticipato di Quota 100 presentate in Friuli Venezia Giulia. É Udine, con 652 domande, il capoluogo che ha registrato il maggior numero di adesioni. Segue poi Trieste, con 329 richieste, Pordenone con 300 e Gorizia con 211. Negli ultimi giorni, tra l’altro, si accentua il trend delle prime settimane: gli statali, con 29mila domande, sono maggiormente interessati. Un elemento, quest’ultimo, che potrebbe avere ripercussioni negative sul buon funzionamento degli uffici pubblici nei prossimi mesi. Buone notizie, invece, sul fronte del Reddito di Cittadinanza. L’Inps e la Consulta dei Caf hanno raggiunto un’intesa «sul rinnovo della convenzione Isee e sulla nuova convenzione del Reddito di cittadinanza» . In pratica si attiva così uno dei canali possibili per la presentazione delle domande per il sussidio. Le richieste potranno essere inoltrate anche online e alle Poste a partire da mercoledì 6 marzo. I Caf forniranno il servizio di raccolta delle domande per il Reddito da inviare all’Inps gratuitamente. Avranno dall’Inps, per ogni pratica aperta, 10 euro esclusa l’Iva (12,2 Iva compresa) mentre avranno 5 euro, Iva compresa, per ogni integrazione alla domanda presentata. Le convenzioni sulla base dell’accordo saranno firmate dal nuovo presidente.



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