Pensioni ultime notizie, Quota 100 e Reddito di cittadinanza, polemiche e novità





Bisogna riconoscere che mandare giù una montagna di dettagli come quella contenuta nel decretone su reddito di cittadinanza e quota 100 non era semplice. Così come va tenuto conto dell’emozione per Luigi Di Maio di trovarsi finalmente davanti agli italiani ad illustrare i contenuti di una misura su cui il Movimento Cinque stelle martella da anni e che, con tutta probabilità, è stato il vero motore del successo elettorale della scorsa primavera. La sensazione, però, è che del sussidio ai fannulloni ci abbia capito pochissimo anche lo stesso ministro del Lavoro.

Certo, sull’impianto generale ci sono pochi dubbi. Poveri e disoccupati (finti o veri che siano) da fine aprile riceveranno un sostegno economico fino a 780 euro in attesa che qualcuno gli trovi un lavoro gradito. Scendendo nei particolari, però, le domande senza risposta si sprecano. E tali sono restate anche quelle fatte giovedì sera da Bruno Vespa, che ha fatto il solito pieno di ascolti pur senza riuscire a cavare da Di Maio null’altro al di fuori della lezioncina imparata frettolosamente a memoria sulle slide presentate anche in conferenza stampa a Palazzo Chigi subito dopo l’approvazione.

PRIMO SCIVOLONE Al pronti via il primo scivolone. La norma rilancerà i consumi perché i soldi dovranno essere tutti spesi, assicura il vicepremier. Si tratta di capire come costringere il pelandrone a bruciarsi subito tutta la somma. Ed ecco la risposta: i quattrini che non saranno utilizzati entro il mese verranno scalati dall’assegno del mese successivo. Bene. Chiaro. Peccato non sia vero. Nel testo del provvedimento si legge che la penalizzazione sul mese successivo è «una riduzione del beneficio nei limiti del dieci per cento del beneficio medesimo». In altre parole, io ho un lavoro in nero, mi tengo i soldi in tasca. E alla fine del mese ne perderò al massimo 78. Sul nero, però, ci sono pochi tentennamenti.

Nessuno creda di poter farsi beffe dello Stato, avverte il ministro. Anche perché su chi rifiuta la prima offerta saranno potenziati i controlli. «E chi controlla », chiede il curioso Vespa? Sentite la risposta: «Stiamo per creare una equipe tra Ispettorato del lavoro eGuardia di Finanza». Una equipe. Che non si sa se è un ufficio, una roba temporanea, le Fiamme Gialle che fanno una telefonata agli ispettori del lavoro per andare a pizzicare un furbetto. Boh. Poi c’è la carta su cui saranno accreditati i soldi. Qui Di Maio è preparato: «Nessuna discriminazione, sarà una carta come quella delle Poste, come una PostePay».Ma è una PostePay o è come? Non si sa. E neanche si sa se le Poste siano state avvertite dell’invasione che di qui a breve subiranno gli uffici sul territorio, già normalmente presi d’assalto.

CHI CONTROLLA Altro mistero riguarda la verifica dei requisiti. Come sarà possibile controllare che il richiedente non abbia un tesoro in banca, non possieda auto o barche, abbia un Isee inferiore ai 9.360 euro e sia residente in Italia da almeno10anni di cui 2 continuativi? Le informazione sono dislocate su archivi di diverse amministrazione che non comunicano tra di loro. «Farà tutto l’Inps in pochi giorni», assicura Di Maio, spiegando che all’ente sarebbe stata data l’autorizzazione per ficcare il naso ovunque. E se si tratta dell’anagrafe non informatizzata di un piccolo comune? Mah. C’è poi il problema delle offerte di lavoro. Il centro per l’impiego, ha spiegato raggiante Di Maio, non avrà a disposizione solo quelle del suo territorio, ma dell’intero Paese.

Cosa difficile da fare se gli uffici non sono collegati in rete (senza contare che le agenzie private non divulgano i loro dati). Niente paura: «Ci sarà un software». E se il beneficiario apre un’impresa fittizia per accedere all’incentivo dei 6 mesi di reddito? «Controlliamo sul registro delle imprese». Controlliamo chi? Sempre l’equipe di prima? O un’altra? «Ah, saperlo », diceva un vecchio personaggio di Quelli della notte. Verrebbe da ridere, se non fosse che attraverso un meccanismo che non conosce neanche chi lo ha voluto usciranno dalle casse dello Stato oltre 21 miliardi da qui al 2021. Quattrini che, considerate le premesse, non serviranno né a rilanciare l’occupazione né a far ripartire i consumi.La beffa, per DiMaio, è che se i soldi non arriveranno entro maggio, non porteranno neanche i voti per le europee.

Volete sapere come finirà il reddito di cittadinanza? Basta leggere la relazione al Parlamento, datata 2007, sulla sperimentazione del Reddito minimo di inserimento. Nel 1998, per provare a risolvere i problemi legati alla povertà (all’epoca gli indigenti secondo Istat erano la metà degli attuali), il governo di centro-sinistra decise di dare un assegno ai nuclei familiari in difficoltà, una misura «finalizzata a ridurre il disagio economico integrando il reddito e a fornire risorse di diversa natura affinché gli individui e le famiglie riescano a contrastare autonomamente i rischi di riproduzione familiare della povertà.

L’ottenimento del Reddito minimo è subordinato alla stipula di un contratto di inserimento (sociale e/o lavorativo) tra il beneficiario e l’ente o l’agenzia che lo gestisce. Nel caso di inserimento lavorativo le attività consistono in recuperi o integrazioni formative, tirocini, stage lavorativi, etc…». Sembrano frasi, queste ultime, scritte da Di Maio. In fin dei conti pure il reddito di cittadinanza si pone come obiettivo l’integrazione del reddito del disoccupato indigente e la possibilità di migliorare la propria condizione attraverso un lavoro di 8 ore in Comune o magari ricevendo un’offerta di lavoro nel raggio di 100-250 km da casa. L’esperimento sociale iniziato dall’allora ministro Livia Turco prevedeva di dare un assegno superiore alle vecchie 500mila lire al mese. Coinvolgeva i Comuni, nel senso che erano loro che dovevano erogare e controllare gli eventuali furbetti. I soldi invece arrivavano tutti da Roma. Due furono le sperimentazioni: la prima (1998-2000) toccò 39 Comuni, due terzi al Sud, la seconda (2001-2002) si estese ad altri 267 municipi. La platea dei beneficiari teorici era di 1,78 milioni di famiglie. Come quelli previsti da Di Maio. Complessivamente lo Stato ha sborsato 649 milioni di euro. Una bella somma. Che purtroppo ha generato risultati insoddisfacenti. A detta dei tecnici dello stesso ministero.

I BENEFICIARI Innanzitutto bisognava essere disoccupati e avere reddito basso oltre a scarse proprietà immobiliari e mobiliari. Chi furono i reali beneficiari? In tutto oltre 50mila individui. Pochi, per fortuna. Ma costosissimi per i contribuenti. Suddivisi territorialmente così: 85% al Sud (isole comprese), 2,8% al Nord-Ovest, 1,3% a Nordest, 10% al Centro. Più precisamente: ad Orta di Atella, in provincia di Caserta, ben il 47% delle famiglie residenti è passata all’incasso, a Cutro (Crotone) il 40,7%, a Isola di Capo Rizzuto il 36,8%.A Genova? Lo 0,03% delle famiglie. E le categorie? Troviamo immigrati (21%), disabili fisici (17%), anziani soli (13,3%), e chi soffre di malattie inabilitanti, come l’Aids (10,9%). Poi tossicodipendenti e alcolizzati (8,5%), ex detenuti (6,4%). Difficile immaginare che nel 2019 siano sparite queste categorie di persone. Anzi… Mediamente i nuclei coinvolti, da Nord a Sud, hanno portato a casa 360 euro al mese. Tutto è filato liscio? No, la relazione del ministero parla di«comportamenti opportunistici. Si sono verificati casi di movimenti anagrafici o di cambi di residenza “sospetti” e l’autocertificazione, in diversi contesti, si è rivelata insufficiente se non accompagnata da opportune verifiche e controlli ».Non è assurdo immaginare che da aprile assisteremo allo stesso film con il reddito di cittadinanza. L’Italia non è cambiata poi tanto… «Ai fini del calcolo del reddito uno dei principali punti critici emersi dall’analisi – si legge nella relazione governativa – è rappresentato, anche per questa seconda fase, dalla presenza di redditi da lavoro nero, non dichiarati al momento della presentazione della domanda di accesso alla misura».

CONTROLLI Veniamo dunque a un altro punto dolente. I controlli. Vent’anni fa furono beccati i furbetti? «Al 31 dicembre 2003, su 21.079 famiglie beneficiarie del Reddito minimo di inserimento oggetto di accertamento, a 2.432 (12%) è stata revocata la misura, ovvero, per ogni 9 nove nuclei indagati, in media, uno è stato escluso … Particolarmente problematica a questo proposito si è rivelata la situazione dei Comuni della provincia di Enna, nei quali la Guardia di Finanzia, a fine maggio 2001, ha denunciato per truffa allo Stato e dichiarazione mendace 859 dei 7.969 beneficiari». Le verifiche hanno coinvolto nel tempoComuni, Inps, Agenzia delle Entrate, Catasto, Motorizzazione… Ci sono voluti anni affinché le autorità beccassero i truffatori. Secondo Cinquestelle invece l’Inps in soli 5 giorni dovrà stabilire se un richiedente reddito sarà in regola, oppure no. Il tutto con le banche dati che non si parlano. Vedremo…

ESITO FINALE Ma alla fine, dopo aver speso tutti questi soldi pubblici, il Reddito minimo di inserimento è stato utile? A Rovigo sì. Nella provincia veneta ben l’85% delle famiglie che hanno percepito l’assegno dal Comune è uscito dal programma. A Isola Capo Rizzuto invece nessun nucleo familiare è uscito dalla misura. Una percentuale bassissima di “fine povertà” si è riscontrata a Reggio Calabria (10 famiglie su 1.627). In definitiva: «Solo circa il 2%del complesso degli 11.431 partecipanti ai programmi di inserimento – specifica il ministero – aveva al 30 settembre 2004 trovato un’occupazione, laddove numeri poco più consistenti sono rinvenibili come frutto di reinserimenti tramite percorsi scolastici: il 3,6% dei partecipanti al reinserimento ha finito le elementari o le medie; il 4,6% ha conseguito un diploma attestato formativo di base professionale». Le risorse in ballo per il reddito di cittadinanza (6 miliardi) sono dieci volte superiori a quelle per il reddito minimo di inserimento. Se il risultato della sperimentazione di 20 anni fa è stato un disastro, quella del 2019 sarà una catastrofe. In Sicilia paghiamo ancora quelli del Reddito minimo garantito. Vent’anni dopo.



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