Ragazza suicida a 12 anni, chiama Uber nel cuore della notte e si fa lasciare in un parcheggio



Ragazza suicida a 12 anni, chiama Uber nel cuore della notte e si fa lasciare in un parcheggio

Questa settimana il mondo della cronaca ha avuto modo di parlare in più occasione di parlare del tema del suicidio tra i giovani. Dopo il caso di Noa Pothoven ecco quella della dodicenne che chiama un Uber in piena notte per farsi lasciare in un parcheggio e suicidarsi.



La storia di Noa Pothoven

In questi giorni ha fatto parecchio discutere il caso di Noa Pothoven, la diciassettenne olandese che ha deciso di lasciarsi morire di fame per porre fine alle sue sofferenze. La ragazza era affetta da una forte depressione nata dopo uno stupro subito quando aveva poco più di 11 anni e, nonostante i tentativi di aiuto ricevuti da parte della famiglia Noa Pothoven nel suo post di addio ha raccontato di non vivere più da tempo.

Anche la famiglia, a male in cuore, ha dovuto accettare la decisione di quella figlia che non voleva più stare in questo mondo portando con se il macigno di un dolore troppo grande e difficile da superare.

Ragazza suicida a 12 anni

La protagonista di questa nuova e triste storia è una ragazza di 12 anni, originaria dell’Orlando, e si chiamava Benita Diamond. La ragazza di soli 12 anni ha deciso di suicidarsi nel cuore della notte. Per compiere il suo gesto estremo ha chiamato un Uber attraverso l’app per farsi lasciare poi in un parcheggio lontano da casa. Al momento non sono ben chiari i motivi che abbiano spinto la ragazza a compiere il gesto estremo ma, quella drammatica sera, il 10 gennaio 2019 attraverso il telefono della madre ha chiamato un Uber pagando la prestazione con una prepagata che le era stata regalata. La politica aziendale imporrebbe agli autisti di non accettare clienti così piccoli, soprattutto in piena notte, tanto che le indagini attorno alla morte di Benita stanno cercando di far luce anche su ciò che lei abbia potuto dire all’uomo per convincerlo a portarla dove da lei desiderato.

“Nostra figlia sarebbe ancora qui”

A rompere il silenzio in occasione di una conferenza stampa è stato il padre di Benita, Ronald Diamond, che si è scagliato contro l’agenzia di Uber complici nel aver accompagnato la figlia nel luogo dove si è poi tolta la vita: “Se l’autista Uber avesse seguito la loro politica, senza dubbio, nostra figlia sarebbe ancora qui“. L’uomo continua dicendo: “Lo Uber ha portato mia figlia oltre il punto di non ritorno. Nessun altro l’ha fatto. Noi non l’abbiamo fatto. Hanno una politica in atto, ma se non la applicano, è inutile“.



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