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ROMA. «Penso che questa sia stata la peggiore delle ultime sei stagioni. Abbiamo perso punti a metà dell’annata con alcune vittorie che avevamo in tasca o comunque potevamo fare meglio in certe partite. Ora, però, contro la Juventus bisogna vincere». Parola di Alessandro Florenzi che elogia Cristiano Ronaldo: «Vedo nei suoi atteggiamenti la voglia di dimostrare sempre di essere il più forte, di migliorarsi – spiega a Sky -. Lui e Messi potrei paragonarli a LeBron James e Steph Curry, oppure a Federer e Nadal. Con una differenza: Cristiano è frutto del lavoro, l’altro è un dono del Signore». 



Mentre nel cortile italiano i nostri presidenti litigano sulla SuperLega europea, gli inglesi se la sono già fatta. In proprio, da soli, senza avvertire nessuno. Quattro squadre nelle finali di Champions ed Europa League significano semplicemente questo: un dominio incontrastato, assoluto, un en-plein senza precedenti nella storia. Il tutto nel giorno in cui il City di Guardiola può vincere il campionato, superando le quattro. E mentre lo United, il più ricco club d’Inghilterra, è già pronto a rilanciarsi con grandi investimenti. 

Aspettiamoci una Premier sempre più leader e sempre più padrona nelle prossime stagioni. La sua potenza è troppo superiore alla concorrenza del Continente. Ci si è aggrappati a lungo all’illusione che i soldi non facessero la felicità, e che alla fine gli inglesi non vincessero sul campo. Invece il primato è diventato pure tecnico ed è merito della contaminazione. Tra le finaliste europee ci sono un allenatore tedesco, un argentino, un italiano e uno spagnolo. Ma non è una barzelletta. In trent’anni la Premier ha avuto la forza di rompere tradizioni, stravolgere abitudini alimentari, prendere il meglio da quanto offrivano Italia, Spagna, Francia o Germania. Per dominare nel calcio ha avuto necessità di prendere la crema di quanto andava conquistando. È la storia di Alessandro Magno, di Roma, dello stesso impero britannico nelle Indie. Sottomettere gli altri, ma rubandone idee e spezie. La campagna inglese, scandita ogni estate da colpi sempre più importanti sul mercato, ha portato in patria la preparazione tattica di Sarri, le geometrie di Emery, l’estetica di Guardiola, la consistenza di Klopp, il pragmatismo illuminato di Pochettino. E con loro, negli anni passati, Ancelotti, Conte, Advocaat, Mourinho, Wenger. Persino il più grande tecnico inglese del secolo non è un inglese, bensì uno scozzese: Alex Ferguson.  

Ecco alcuni suggerimenti utili a vedere live la partita Roma Juventus grazie allo streaming legale e sicuro. Gli utenti italiani possono ricercare questa soluzione sui siti delle emittenti che operano fuori dai confini italiani, una delle alternative più apprezzate anche perché, in caso di successo, è gratis oltre ad essere pienamente legale visto che le emittenti hanno acquistato regolarmente i diritti per mandare le immagini della Serie A nei rispettivi paesi. Ecco perché lo streaming sarà disponibile anche per gli utenti italiani a meno che non vengano attivati blocchi geografici a vanificare il tutto. Su questa vicenda si attende ancora un pronunciamento chiaro ed univoco da parte dei tribunali europei. Ecco qualche suggerimento che potrebbe rivelarsi utile per le vostre ricerche:

  1. Serbia con l’emittente Radio-televizija Srbije;
  2. Paraguay con l’emittente Sistema Nacional De Television;
  3. Turchia con l’emittente Turkish Radio and Television Corporation;
  4. Paesi Bassi con l’emittente Sanoma Media Netherlands;
  5. Portogallo con l’emittente Rádio e Televisão de Portugal;
  6. Slovacchia con l’emittente Slovenská Televízia;
  7. Svizzera con l’emittente Schweizer Radio und Fernsehen.
  8. Repubblica Ceca con l’emittente Ceca Ceská Televize;
  9. Suriname con l’emittente Surinaamse Televisie Stichting;
  10. Svezia con l’emittente Modern Times Group.

 

La Premier ha colmato l’ultimo gap, per dirla in lingua originale, ed è ormai padrona di tutto. Al punto che ogni futuribile progetto delle nuove competizioni internazionali volute da Andrea Agnelli e da Ceferin dovranno per forza passare dalla decisione di Londra, la megalopoli che oggi domina l’economia da questo lato dell’Oceano e il calcio del vecchio mondo con Liverpool, Tottenham, Chelsea e Arsenal. Curioso: l’Europa del pallone parla inglese nell’epoca della Brexit, a riprova che l’Inghilterra non può fare a meno dell’Europa e l’Europa dell’Inghilterra. 

Sono passati esattamente trent’anni dalla data che cambiò il corso del calcio inglese. Il 15 aprile 1989, a Hillsbrough, morirono 96 persone nella semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest. Schiacciate contro le inferriate, che da quel giorno sparirono. Poco dopo arrivò il Taylor act, la relazione del governo che introdusse i provvedimenti più importanti: no alcol, posti seduti allo stadio, impianti moderni. Negli ultimi dieci anni sono stati rifatti l’Emirates Stadium, Wembley, il meraviglioso e nuovissimo White Hart Lane, 700 milioni di euro di costo, mentre all’orizzonte sono pronti ulteriori allargamenti per Anfield e Stamford Bridge. È stata lì la rivoluzione, introdotta da manager come John Quinton (ex Barclays Bank) e Rick Parry (Ernst&Young), non dalle macchiette succedutesi da noi. Soprattutto, prevalse la volontà di Margareth Thatcher. Aveva combattuto la resistenza dei minatori anglosassoni, fece meno fatica a respingere gli hooligans, di cui non amava frequentare i raduni. Per l’esattezza cambiò tutto il 20 febbraio 1992, quando nacque la Premier. Una scommessa, un prodotto diverso da commercializzare. Oggi quel modellino è diventato un gioco da 5,5 miliardi di euro all’anno, più di Bundesliga e Liga messe insieme, più del doppio della Serie A. Evidentemente qualcuno, purtroppo non noi, è riuscito a farcela.

Roma  – Juventus  Streaming, dove vedere la partita in tv

La partita Roma – Juventus verrà trasmessa Domenica 12 Maggio in diretta e in esclusiva da Sky e nello specifico su Sky sport Serie A canale 102 Sky Sport 251. Tutti gli abbonati Sky potranno seguire la partita in streaming anche da dispositivi mobili come smartphone, pc, tablet e attraverso le piattaforme online Sky Go e Now TV. Molti sono i portali che danno la possibilità di assistere ad eventi sportivi in diretta streaming e sono davvero tanti. Esistono anche tanti siti che propongono eventi dal vivo, ma che non sono legali e danno anche nella stragrande maggioranza dei casi problemi e scarsa qualità video e audio. In genere questi siti vengono anche essere oscurati dalla Polizia informatica, proprio per la violazione del diritto di riproduzione. Esistono quindi dei portali legali che danno la possibilità di poter vedere le partite di calcio in streaming live, offrendo anche una qualità HD. Tra queste non possiamo non citare Sky Go e Premium Play che sono a pagamento, mentre altri sono gratuiti.

Rojadirecta Roma – Juventus

ROJADIRECTA Roma – Juventus – Come sito di streaming gratuito uno dei più famosi è Rojadirecta. Il sito spagnolo dovrebbe presentare il link della gara poco prima dell’inizio del match. Vi ricordiamo, come sempre, di non usare questa pratica, visto che potreste incorrere in multe e sanzioni elevate.La vittoria dell’Atalanta contro il Genoa è una doccia gelata per le speranze della Roma. Ora i ragazzi di Gasperini sono distanti 6 punti in classifica e, al netto del cammino del Milan e dell’Inter ora quarta, nei confronti dei giallorossi possono usufruire anche della differenza reti a favore, in caso di arrivo appaiato. Paradossalmente, da ieri sera a Trigoria i calcoli non si fanno più in ottica Champions, divenuta una chimera, e si dà uno sguardo sempre più preoccupato all’Europa League. Sì, perché anche l’accesso all’Europa di scorta è pieno d’insidie. In classifica la Lazio è tornata a -1. C’è il Torino che preme in ritardo soltanto di due punti, ma soprattutto la finale di coppa Italia potrebbe rappresentare un doppio smacco per De Rossi e compagni. In caso di successo dei biancocelesti, infatti, e con la Roma al traguardo in sesta posizione, la Lazio (nonostante sia dietro in classifica) andrebbe di diritto in Europa League, relegando i giallorossi ai preliminari.

Una Waterloo da evitare. Anche perché non pregiudicherebbe soltanto l’epilogo della stagione attuale, ma anche l’inizio della prossima che prenderebbe il via in forte anticipo. Il primo turno, infatti, è in calendario il 25 luglio (con ritorno il 1° agosto) per un totale di sei partite per accedere alla fase a gironi. Un problema non da poco per la programmazione, considerando che la Roma ha già un impegno fissato in agenda al quale il presidente Pallotta tiene molto: l’International Champions Cup che si svolgerà negli Stati Uniti. Per la tourneé, tra l’altro, è già tutto organizzato: dai voli agli alberghi. Tuttavia, in caso di preliminari, la dirigenza dovrebbe attivarsi per cancellare tutto. Nel caso in cui, invece, la Coppa Italia fosse vinta dall’Atalanta, la Roma finirebbe ai preliminari solamente in due casi: 1) Chiudendo al settimo posto con l’Atalanta tra le prime sei; 2) Finendo sesta, ma con i nerazzurri dietro di loro. Un’ipotesi, quest’ultima, ormai molto remota.

L’uno-due di Barrow e Castagne è così diventato il mesto prologo con il quale ci si avvicina a Roma-Juventus. Da un lato i campioni d’Italia, pronti a regalare una passerella degna del loro nome ai tanti tifosi presenti questa sera all’Olimpico, con il compito di non fare brutte figure e possibilmente agevolare Cristiano Ronaldo nella classifica cannonieri. Dall’altro la Roma, svuotata anche della possibilità di approdare in Champions, con l’incubo della partenza anticipata (e quindi falsata) anche nella prossima stagione. Il rischio del contraccolpo è alto. Anche perché al 12 maggio, dopo il no di Conte, Trigoria appare un cantiere in divenire: 1) Ranieri s’è fatto da parte venerdì, annunciando l’addio a fine stagione; 2) Non si conosce ancora il nome del prossimo tecnico e le due prime scelte (Sarri e Gasperini che ieri è apparso alquanto sibillino: «Ho un grande rapporto con il presidente. Lui conosce i miei pensieri e le mie idee, noi dobbiamo arrivare all’obiettivo. Non so quale futuro avrà l’Atalanta ma oggi, il mio, è l’ultimo dei pensieri») sono per ora ancorate ai rispettivi club con obiettivi da raggiungere; 3) Il ds scelto dalla proprietà (Petrachi) è bloccato dal presidente Cairo che non ha intenzione di liberarlo se non previo “risarcimento” economico; 4) La gestione dei rinnovi contrattuali (Zaniolo in primis) è in standby.

Uno stallo preoccupante. Quasi quanto l’ormai prossima mancata qualificazione alla Champions che priverà il club di una cascata di milioni nel prossimo bilancio (non quello che chiude ora al 30 giugno, ma quello che parte il 1° luglio). Basti dare un’occhiata ai numeri: un anno fa, approdando in semifinale, i giallorossi guadagnarono 83,802 milioni tra market pool, partecipazione e bonus, ai quali si aggiunsero gli incassi da botteghino (18,2) per un totale intorno ai 100 milioni. Ma anche quest’anno che l’avventura s’è fermata agli ottavi, nelle casse giallorosse sono finiti 65 milioni. Soldi che l’Europa League non garantisce, nemmeno lontanamente.

ROMA. Dal modulo si capirà la formazione anti Juventus. Ranieri in settimana ha alternato il 4-2-3-1 (assetto di riferimento in questa breve esperienza in giallorosso) e il 4-3-3. Se con il primo sistema di gioco è Cristante a far coppia con il rientrante De Rossi, il tridente offensivo ha visto la presenza di Kluivert (preferito a Zaniolo), Pellegrini ed El Shaarawy, dietro a Dzeko. Ieri, però, il tecnico ha provato anche il 4-3-3. Stavolta è finito fuori Cristante, mentre Zaniolo ha ritrovato il posto ma in mediana insieme a Pellegrini e De Rossi. In avanti, confermato il trio Kluivert-Dzeko-El Shaarawy. Indicazioni che portano, quindi, a uno strano ballottaggio tra Cristante e Zaniolo dal quale dipenderà il modulo: se gioca il primo, spazio al 4-2-3-1, altrimenti ecco il 4-3-3. In difesa sembra tutto deciso con il recupero in extremis di Florenzi, uscito nel finale contro il Genoa per un’infiammazione tendinea. L’azzurro è in gruppo da giovedì e si candida per una maglia da titolare. A completare il reparto ecco Manolas, Fazio e Kolarov. In porta, ormai, il titolare è Mirante. Per Olsen ancora una panchina e l’addio è dietro l’angolo. 

 La lezione di Ronaldo sta trovando tutti un po’ distratti dal chiacchiericcio sul futuro dell’allenatore. E’ un peccato, perché il livello di professionismo e agonismo dimostrato da CR7 nelle ultime settimane sarebbe un esempio fondamentale per tutto il calcio italiano. Certo, conta moltissimo il suo ego, ma come si fa a non ammirare l’impegno che sta profondendo l’uomo dei cinque Palloni d’Oro per vincere la classifica cannonieri. Professionismo ai massimi livelli, capacità di darsi continuamente dei traguardi, senza sottostimare nessun trofeo, il tutto portato avanti con la voglia di giocare di un ragazzino. Non è retorica, ma cronaca: perché i gol contro l’Inter e il Torino nelle prime due partite senza obblighi di classifica per la Juventus sono lì a mostrare la faccia più seria di Ronaldo, per il quale le vacanze iniziano quando non c’è più niente da vincere, quando non ci sono più gol da segnare. 

E’ stato certamente uno dei più delusi dall’eliminazione prematura dalla Champions League, ma è stato anche quello che è riuscito a smaltirla più rapidamente, riabbassando la testa sul campionato, godendosi la vittoria dello scudetto (primo giocatore del mondo ad aver vinto il titolo in Inghilterra, Spagna e Italia) e mettendo nel mirino la classifica cannonieri (e se la vincesse sarebbe, anche in questo caso, il primo ad averlo fatto nei tre campionati più prestigiosi del mondo).  

Ronaldo all’Olimpico ritrova ricordi amari (la finale di Champions League 2009, persa contro il Barcellona di Messi ed Eto’o vestendo la maglia dello United), ma anche i cinque gol e due assist nelle sei partite di Champions League giocate contro la Roma. E il ricordo di una prestazione di puro orgoglio nella partita contro la Lazio a gennaio, quando una Juventus malmessa sotto il profilo atletico aveva rischiato di perdere, ma si era risollvata anche grazie alla sua prestazione e all’assist a Cancelo. Ma Ronaldo, all’Olimpico, trova la voglia di segnare che lo ha spinto finora, di provare quel brivido di cui non riesce a fare a meno e con la quale cerca di spingere anche Paulo Dybala, suo compagno d’attacco questa sera. 

Hanno fatto amicizia quasi subito Paulo e Cristiano, ma non è bastato a trovare un’intesa proficua in campo. Allegri ha spiegato, senza troppa diplomazia, che la compatibilità fra i due non è cos’ scontata e, comunque, che è l’argentino a doversi adattare. Finora è accaduto raramente e anche lì va cercata la stagione altalenante di Dybala, che alle prese con una serie di problemi personali e con evidenti impacci sul campo, non è mai riuscito a dare continuità alle sue prestazioni. Eppure, il sogno di formare una coppia di fenomeni con CR7 rimane conficcato nella testa di Dybala, aiutato da Ronaldo nei momenti difficili (quando il portoghese, per esempio, ha sfoggiato una Dybala Mask per esultare dopo un gol). Questa sera sarà una delle ultime possibilità di dimostrare di poter giocare insieme al fenomeno prima che il mercato abbia la possibilità di cambiare tutto, ribaltando il destino del venticinquenne argentino. Paulo e Cristiano: il sogno dell’estate che prova a ravvivarsi in primavera con la spinta della volontà di Ronaldo. Se la Juventus è quella delle ultime due partite, questa è l’unica cosa che deve temere e cercare di arginare la Roma. Tra questione allenatore e rincorse sul mercato, la trasferta di Roma rischia di essere una gita scolastica. Meno male che c’è quel secchione di CR7. 

 Leonardo Bonucci ci scherza sopra: «Anche se stavo per rimetterci una caviglia i vincitori siamo noi! Fino alla fine», ha scritto su Instagram postando la foto della formazione che ha vinto la partitella nell’allenamento di ieri (per la cronaca, oltre a lui c’erano Barzagli, Emre Can, Pjanic, Alex Sandro, De Sciglio, Pinsoglio, Cuadrado, Kastanos e Pereira). La caviglia Bonucci l’ha salvata ma la botta presa, e il fatto che la Juventus abbia vinto lo scudetto da ormai tre settimane, hanno spinto Massimiliano Allegri e lo staff medico a lasciare il difensore a Torino per precauzione.  

Così, visto che Daniele Rugani è ancora ai box per l’infiammazione agli adduttori, a fare coppia con Giorgio Chiellini al centro della difesa sarà probabilmente Barzagli, con Martin Caceres, che da ex laziale sentirà aria di derby, comunque pronto. In difesa, Allegri ha invece recuperato Alex Sandro, ma il brasiliano non è al meglio (i suoi recenti problemi muscolari sono stati causati da una frattura a un dito di un piede che lo costringeva a correre con un appoggio diverso dal solito), così è probabile che a sinistra giochi ancora Leonardo Spinazzola, che il tecnico avrà modo di testare ancora in una difesa a quattro. Assetto che però potrebbe anche passare a tre se, come pare a destra giocherà De Sciglio: basterà che lui si accentri e Spinazzola si alzi. Entrambi titolari dovrebbero essere i due ex giallorossi, Wojciech Szczesny in porta e Miralem Pjanic a centrocampo, come al solito da regista. Bentancur, Emre Can (entrambi recuperati) e Matuidi si contenderanno due posti da mezzala ai lati del bosniaco. 

Scelte obbligate in avanti, vista l’influenza che venerdì ha colpito Moise Kean. Sarà Paulo Dybala a occupare il centro dell’attacco, naturalmente con caratteristiche da finto centravanti, pronto ad andare incontro ai centrocampisti per rifinire il gioco e lasciare spazio ai tagli centrali di Cristiano Ronaldo. A completare il tridente c’è Cuadrado a destra (o Cancelo, che insidia anche De Sciglio sulla linea dei difensori). Avrà il compito di pennellare cross per la testa di CR7, ultimamente più implacabile che mai in elevazione. 

Come sempre ultimamente, tra i convocati ci sono i giovani Kastanos, Matheus Pereira e Nicolussi Caviglia e, in base ovviamente a come andrà la partita, per uno di loro potrebbe di nuovo esserci spazio. 

Che ne sia l’ispiratore o la vittima, Massimiliano Allegri sarà quasi certamente al centro di una rivoluzione che nelle prossime settimane cambierà profondamente la Juventus. Difficile immaginare una squadra che conservi sia la totalità o quasi della rosa, sia l’allenatore. E se così fosse la stagione rischierebbe di partire con presupposti pericolosi, perché il tecnico fa capire in modo anche abbastanza esplicito di avere in programma un restyling importante, che sottoporrà tra pochi giorni ad Andrea Agnelli: «Col presidente ci vedremo questa settimana», ha annunciato ieri. Poi Agnelli prenderà una decisione. Il tecnico lo ha già fatto: «La mia scelta è restate, lo avevo comunicato al presidente prima dell’Ajax».  

Tra pochi giorni, non domani perché sarà al Salone del libro per presentare il suo libro “E’ molto semplice”, Allegri comunicherà invece al presidente quali sono le sue idee sul suo futuro e su quello della squadra. «Parleremo a 360 gradi, di tutto. Ma non chiedetemi i dettagli perchè non posso dirvelo. Il contratto? Non posso rispondere a queste domande». Anche per scacciare i dubbi sulla sua posizione nati dai sondaggi con altri allenatori, però, è probabile che Allegri chieda un rinnovo, e anche significativo, dell’accordo che scadrebbe al termine della prossima stagione. Oltre alla condivisione del suo progetto e all’impegno a metterlo in pratica: «Il presidente dopo la partita con l’Ajax ha detto che la società intende andare avanti. Io con lui ho un ottimo rapporto, siamo diretti, c’è stima reciproca e sincerità, come con tutti gli altri componenti della società, da Paratici a Nedved fino a Marotta finché c’è stato. Per arrivare a ottenere grandi risultati la società è la cosa più importante: puoi avere grandi allenatori, grandi giocatori, ma se non c’è la società che sorregge tutto questo difficilmente arrivi a grandi risultati». E Allegri chiederà di sorreggere il suo, di progetti. 

«Cosa servirà alla squadra ce l’ho in mente da sei mesi. Non ve lo posso dire, prima ne parlo col presidente, ma io le cose le ho sempre ben chiare: ma sei mesi prima, non l’ultimo giorno». Sei mesi fa era metà novembre, neppure metà stagione: e se già allora Allegri aveva chiaro cosa sarebbe stato necessario per la prossima annata, significa che qualcosa nel progetto di questa non lo ha convinto. Anche da qui nasce la sensazione che abbia intenzione di chiedere cambiamenti significativi. Sensazione confermata da un altro passaggio della conferenza di ieri: «Quando chiuderemo l’annata dovremo valutare le sitauzioni tecniche dove c’è da migliorare. La forza della Juventus in questi anni, a parte il primo quando ho trovato la squadra dell’anno prima con Morata e Pereyra in più (ed Evra, ndr, è che la squadra è stata sempre cambiata: in cinque anni sono cambiati tutti i giocatori, ora che Barzagli smette del mio primo anno restano solo Chiellini e Bonucci». Ne restano molti, però, delle ultime tre stagioni: dei 14 giocatori impiegati nella finale di Champions di Cardiff del 2017, ad esempio, nove fanno ancora parte della rosa bianconera. Una rosa che Allegri ritiene sia giunto il momento di rinnovare in modo importante.  

Rinnovare per continuare a vincere quei trofei che, scherza ribattendo alla folta schiera dei suoi accusatori, gli hanno salvato la vita: «Stamattina facevo una riflessione: meno male con la società e i giocatori qualche trofeo lo abbiamo portato a casa, altrimenti mi impalavano e mi bruciavano… ma mi diverto, fa parte del gioco, come i nomi dei miei successori. Ero al Milan e si diceva che mi avrebbero mandato via e sarebbe arrivato Guardiola… già che ci sia un nome solo vuol dire che sono molto quotato. Non posso piacere a tutti e non mi piace piacere a tutti: perché anche a quelli a cui non piaccio ogni tanto vado bene… Però il calcio è fatto di risultati e lavoro quotidiano, io devo rendere conto a una società e a un presidente: e in questi cinque anni abbiamo fatto un buon lavoro». Ora a quella società e a quel presidente esporrà il suo piano per continuare a farlo: e in un modo o in un altro sarà rivoluzione. 

Istruzioni per l’uso: quando il futuro diventa più importante della sfida con la Juventus, c’è qualcosa che non va. Alla Roma, a certificarlo è anche Alessandro Florenzi. «Questa credo sia stata la peggiore delle ultime sei stagioni ». Proprio vero, ed è per questo che ieri il presidente Pallotta è stato prodigo di complimenti per la squadra femminile, mentre giustamente tace sui ragazzi di Ranieri. Perciò, al momento, il minimo comun denominatore tra Roma e Juve è uno solo: l’incertezza per quanto riguarda il prossimo allenatore. Chi sarà? Di certo qualcuno che eviterebbe di giocare i preliminari di Europa League, che potrebbe complicare la preparazione (e la tournée in Usa). Perciò con la Juve la sfida vale, a prescindere. C’è Gasp in prima fila Sfumato il sognoConte, a Trigoria si punta con decisione su Giampiero Gasperini, che però al momento è concentratissimo sulla sua Atalanta. Come potete leggere nelle pagine precedenti, sul suo futuro non lascia trapelare nulla. «Con il presidente ho un grande rapporto – dice –, lui conosce le mie idee. E poi non si può pensare alla panchina o al futuro. Bergamo non è Milano o Roma, siamo seguiti da migliaia di famiglie, non si può pensare ad altro». Futuro De Rossi Sbaglierebbe, però, chi pensasse a Gasperini come un uomo disposto ad accontentarsi. Giustamente (e il risultati lo dimostrano) si considera un numero uno e quindi a una big – come in fondo la Roma è – chiederebbe anche un mercato adeguato alle attese della piazza, con giocatori adatti al suo progetto. Ad esempio, a Trigoria circola anche il nome di capitan De Rossi in questa chiave: è una risorsa (e quindi c’è il contratto da allungargli) o un problema (e quindi magari fargli cominciare l’avventura da allenatore delle giovanili, a meno che non ci sia qualche sirena straniera a sedurlo?). In fondo, ad esempio, non è un mistero che nel breve e spiacevole periodo all’Inter il rapporto con un leader attempato come Cambiasso fu non facile proprio perché Gasperini pretende corsa e ritmo da tutti. Ma questo è solo uno dei tanti nodi che ci sono da risolvere. Benitez, Fonseca & C. Detto che Sarri al momento vorrebbe fortemente restare in Inghilterra, è proprio dall’estero che si fanno nomi per possibili alternative. Pochettino ha fatto capire che potrebbe lasciare il Tottenham, ma sia per ingaggio che per ambizioni è difficile che le sue esigenze possono sposarsi con quelle giallorosse. Più concreta può essere la pista che porta a Rafa Benitez, ora al Newcastle. Lo spagnolo – ex Inter e Napoli – conosce bene il calcio italiano ed ha un curriculum importante, avendo guidato tra l’altro Liverpool, Chelsea e Real Madrid. Di sicuro, insomma, non avrebbe difficoltà a relazionarsi con una piazza importante come quella giallorossa. Altro nome monitorato è quello del portoghese Paulo Fonseca, ora allo Shakhtar Donetsk. Nella lista, poi, c’è anche un vecchio pallino, Laurent Blanc, che da calciatore ha masticato parecchia Serie A. Nodo Petrachi Nell’organigramma, comunque, c’è ancora da sciogliere il nodo d.s. A Trigoria aspettano sempre che Gianluca Petrachi si liberi dal Torino, ma il presidente Cairo al momento frena. Si dice che, qualora Petrachi fosse irremovibile, il prossimo mercato potrebbe aiutare a rendere la separazione indolore. Ovvero, visto che la Roma ha nel mirino parecchi granata – Sirigu, Izzo, Meité e Belotti su tutti – una supervalutazione di qualcuno di loro potrebbe aiutare le parti ad accordarsi. Una considerazione però è d’obbligo: toccherà all’allenatore l’ultima parola, così come al futuro budget. Ed è per questo che, anche stavolta, la sfida alla Juventus resta importante.

Più che una conferenza stampa, pare una rappresentazione teatrale studiata nei minimi dettagli, in cui Massimiliano Allegri dice tanto ma non chiarisce tutto. Nella mezzoretta scarsa in cui il tecnico della Juventus si concede ai giornalisti, contano la gestualità e la mimica facciale oltre alle parole, pesate una a una. Allegri arriva e se ne va sorridendo, perché non sarà certo l’attesa a togliergli il solito buonumore; scherza, però tra una battuta e l’altra si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Incontro in settimana L’incipit è d’effetto e cattura l’attenzione: «Ora mi levo la giacca – attacca – e prima che me lo chiediate voi vi dico che con il presidente ci vedremo in settimana. Quindi immagino che la conferenza sia finita qui…posso andare, giusto?». La risposta naturalmente è negativa, perché al pubblico, oltre a quando si vedranno, interessa capire con quale spirito Allegri si siederà al tavolo del presidente: per continuare insieme o per dirsi addio? Dalle chiacchiere di mercato pare incuriosito più che infastidito: «Tutto ciò che leggo mi sta facendo divertire. Però mi chiedo: se in questi anni non fossi riuscito a portare a casa qualche trofeo, che cosa sarebbe successo? Forse mi avrebbero impalato. Comunque io ci sono abituato, fa parte del gioco ed è giusto che sia così. Col campionato già finito movimentiamo la situazione. Io e Agnelli ci vedremo e parlere mo a 360 gradi, come è sempre stato. Già prima della gara con l’Ajax gli avevo comunicato l’intenzione di rimanere». Dipende da Agnelli Il tecnico dribbla le domande scivolose («Se sento ingratitudine nei miei confronti? Sono io che devo gratitudine al presidente, alla società e ai miei collaboratori. Non posso piacere a e non mi piace piacere a tutti, perché anche a chi non piaccio ogni tanto vado bene lo stesso. Il calcio è fatto di risultati e in 5 anni abbiamo fatto un buon lavoro») e un po’ si spazientisce quando gli si chiede se, come Ronaldo, può promettere che resterà al mille per cento: «Al presidente ho detto che la mia scelta è di restare, non fatemi altre domande, dopo il colloquio vedremo. Con Agnelli ho un rapporto diretto e questa è la cosa più importante. L’incontro non è stato posticipato, semmai anticipato, perché gli altri anni lo abbiamo sempre fatto a fine campionato. Solo che stavolta fa più clamore perché siamo stati eliminati ai quarti, qualcuno pensava di giocare la Champions come se fosse la coppa dei bar di Livorno… I nomi dei successori non mi danno fastidio, al Milan volevano mandarmi via per Guardiola, già il fatto che ci sia un solo nome vuol dire che sono quotato. Se posso rimanere anche con il contratto in scadenza nel prossimo giugno? Non so rispondere adesso». La Juve del futuro La sensazione è che il tecnico resti in attesa della prima mossa societaria: da comeparla nonintende mollare, però si presenterà al summit con idee chiarissime: «Hoinmente da seimesi la nuova Juventus, ma devo incontrare il presidente per vedere se siamo d’accordo. Non chiedetemi cosa ho in testa perché non ve lo dirò ». Con Agnelli si parlerà di contratto (Allegri punta al prolungamento con congruo aumento) e di programmi(giocatori da acquistare e altri che non rientrano più nei suoi piani) e finalmente ci si chiarirà. Allora sì che Allegri, se si convincerà che la sintonia col presidente è intatta, potrà dire, come Cristiano, «Resto al mille per cento».

Da Milano a Parigi ci sono 800 chilometri, ma sembra un attimo di questi tempi. Perché comanda già il mercato, anche per un’Inter che balla sulle punte: di qua la classifica che dice quarto posto dopo la vittoria dell’Atalanta e Milan ameno uno, rendendo ancor più obbligatoria la vittoria con il Chievo. È forse immaginando i due risultati che la dirigenza al completo (Marotta, Ausilio e Gardini) ieri ha pranzato ad Appiano con Luciano Spalletti: guai a distrarsi, questo il messaggio. Ma di là c’è però una società che sta già costruendo il futuro. L’incrocio chiama in causa Icardi, il Psg, Dzeko e Lukaku. Marotta e Ausilio governano una partita nella quale si è già deciso chi non sarà il protagonista. Icardi è fuori dall’Inter. Fuori a prescindere, lo sarebbe stato con Spalletti, lo sarà pure con Antonio Conte. Con buona soddisfazione degli ultrà nerazzurri, che continuano la loro battaglia contro l’ex capitano. Pole per Edin Icardi è fuori dall’Inter. E chi si avvicina sempre di più è Edin Dzeko. Cosa c’entra il Psg? La storia è questa. Il club parigino ha sondato il terreno negli ultimi giorni con il bosniaco: un contatto, anche sceso nei dettagli, per valutare la disponibilità al trasferimento. Il Psg è una rivale accreditata. Ma l’Inter mantiene la pole position, perché a vantaggio di Marotta e Ausilio giocano le tempistiche dell’affare. Il Psg avrebbe infatti in testa un’operazione lunga e complicata, che prevede la cessione di Cavani – non facilmente piazzabile, anche in considerazione di un ingaggio elevatissimo – e l’ingresso di Dzeko. L’Inter invece va dritta alla soluzione. E in questo senso può trovare la sponda della Roma, così da mettere in piedi un’operazione che faccia comodo a tutti per motivi di bilancio entro il 30 giugno. La fretta è cattiva consigliera, ma non in questo caso. L’accelerazione è prevista alla fine del campionato, è probabile che per avvicinare le parti su una valutazione in partenza differente – 20 milioni la Roma, 10-12 l’Inter – nell’affare possa essere inserito un giovane. Di sicuro le possibilità di una permanenza di Dzeko a Roma, lui che ha il contratto in scadenza nel 2020, sono scese sensibilmente dopo lo stop nella trattativa Conte e per colpa di una qualificazione Champions ormai quasi irraggiungibile. L’incrocio con Parigi è però anche su un altro nome. Romelu Lukaku mette d’accordo tutti all’Inter. Il club che peraltro sondato anche la fattibilità dell’operazione con Pastorello, ricevendo in cambio il gradimento del calciatore. Che Lukaku abbia voglia di Serie A non è un mistero, che riesca a farlo nell’Inter è storia complicata. E qui entra in gioco proprio il Psg: francesi e nerazzurri si scontrano anche su questo centravanti, che il club parigino ha messo nella lista della spesa. Radja niente Cina Lista della quale, come già raccontato, fa parte anche Icardi, ma l’ex capitano è molto più attratto dall’idea di proseguire in Italia (alla Juve) o di prendere in considerazione poche destinazioni estere (Atletico Madrid). Estero che pareva opzione praticabile anche per un addio, quello di Radja Nainggolan. Ma la cifra a cui è iscritto il Ninja a bilancio – 29,4 milioni – di fatto azzera le possibilità di una cessione. Anche con destinazione Cina, se è vero che l’affare costerebbe esattamente il doppio a un qualsiasi club. Piuttosto, in quel reparto non va scartata l’opzione Rakitic: non ingannino le dichiarazioni del croato via Instagram («Voglio restare qui tanti anni»), se salta Valverde Rakitic può lasciare Barcellona. Dalla Catalogna a Milano i chilometri sono un po’ di più rispetto a Parigi: 980. Ma il viaggio varrebbe la pena.

La Juventus è di fronte a due possibilità: rinnovare con vigore il contratto di Allegri (dove vigore significa rinsaldare la fiducia con uno o due anni in più e un aumento) oppure dirgli addio, aprendo la corsa alla successione. Considerate le premesse dell’incontro della prossima settimana, andare avanti senza rinforzare il legame formale con il tecnico potrebbe risultare spericolato da parte di AndreaAgnelli e della sua dirigenza che, peraltro, continuano a confermare la propria fiducia all’allenatore livornese. Oltre alla conferma, tuttavia, Agnelli, Paratici e Nedved dovrebbero valutare le richieste di Allegri per rinforzare la squadra (quelle che il tecnico ha detto di aver pensato da sei mesi) e cercare di andargli incontro, almeno nelle principali. Questo scenario porterebbe a un Allegri più forte (anche agli occhi di una squadra rinnovata): una scelta di continuità dettata, oltre che dal solido rapporto fra il tecnico e il presidente, da una filosofia conservativa e prudente: il livornese ha dimostrato di avere l’affidabilità di cui l’azienda Juventus necessita. Non ha mai fallito la qualificazione alla Champions e il superamento della fase a gironi, che rappresentano una parte di quegli introiti indispensabili all’equilibrio economico del club. Certo, questo scenario porterebbe anche a un generale malcontento da parte di una parte consistente del tifo. Ma un drastico calo dell’entusiasmo può preoccupare Agnelli? In linea di massima no, il problema è quantificare quel calo e calcolarne l’incidenza: perché, per intendersi, un conto è leggere (ignorandoli) i commentacci sui social network, un altro è – per esempio – registrare un calo nelle presenze allo stadio o nelle vendite del merchandising. Alla base di una conferma di Allegri, in definitiva, ci sarebbe la grande fiducia che il tecnico si è guadagnato con gli undici trofei conquistati, il legame con Agnelli e, forse, la mancanza di alternative ritenute credibili. Può bastare perché non sia troppo fragile una ripartenza con Allegri, a serio rischio di bufere e tempeste ai primi passi falsi? 

L’altra strada del bivio porta alle strade alternative, percorse in modo un po’ isterico dal gossip delle ultime settimane. In questo momento il borsino dell’eventuale dopo Allegri vede DidierDeschamps in forte rialzo, MaurizioSarri stabile, nonostante ripeta di voler rimanere al Chelsea (ma ha anche una finale di Europa League da giocarsi, mica può dire adesso che vuole andarsene), PepGuardiola appeso a un filo annodato all’idea che il suo no delle scorse settimane sia dovuto al fatto che oggi (ore 16) si gioca la Premier League e sabato a Wembley contro il Watford la FA Cup, chissà se finita ufficialmente la stagione non cambi tutto. Ma la Juventus vuole davvero cambiare allenatore? Ufficialmente la risposta è ovviamente no. Tuttavia si dice che all’interno della società venga presa in considerazione l’ipotesi che, al di là degli intoccabili meriti di Allegri, ci sia la possibilità che il ciclo sia giunto al termine e l’ambiente nel suo complesso (dai tifosi alla squadra) abbiano bisogno se non proprio di una scossa, quantomeno di un po’ di novità. 

 Torino. Cambiamenti importanti, ma quali? Dipenderà anche dalle offerte che arriveranno, ma se la Juventus confermerà Massimiliano Allegri e accetterà il suo piano di rinnovamento ci sarà da aspettarsi addii eccellenti. A cominciare da quello di Paulo Dybala, uno dei giocatori in bianconero da più tempo, ma reduce dalla sua peggior stagione. «La sua posizione è la stessa», ha spiegato Allegri ieri, non per la prima volta: «Ma negli anni scorsi aveva solo Higuain o Mandzukic davanti, quest’anno c’era Ronaldo che è un giocatore diverso». Normale che ad adattarsi e sacrificarsi abbia dovuto essere Dybala. E visto che CR7 sarà ovviamente al centro anche della Juventus 2019-2020, costringere la Joya a farlo di nuovo sarebbe uno spreco: meglio risolvere la difficile compatibilità e incassare la notevole plusvalenza che la cessione garantirebbe. 

Anche perché incassare sarà necessario per acquistare i rinforzi che Allegri chiederà: due difensori centrali (per i terzini dipenderà dal destino di Alex Sandro e Cancelo), due centrocampisti e un attaccante. Il sogno, ormai è noto, è riportare in bianconero Paul Pogba. E’ un sogno condiviso anche dalla società e lo sarebbe anche dall’eventuale successore di Allegri, chiunque fosse (tranne Mourinho, che però non è tra i papabili). La riduzione della tassazione prevista dal Decreto Crescita, se confermata, aiuterebbe la Juventus a offrire a Pogba un ingaggio allettante, ma il Real Madrid resterebbe un rivale molto pericoloso. Quel che è certo è che Allegri chiederà rinforzi importanti a centrocampo, giocatori che abbiano fisico e tecnica: da Ndombele a Rabiot (ne parliamo nelle prossime pagine). Agli arrivi dovranno corrispondere cessioni, per questioni economiche e di lista, e nel reparto di mezzo Miralem Pjanic è un indiziato. E anche per Sami Khedira, pur leader nello spogliatoio e fedelissimo di Allegri, potrebbe essere giunto il momento dell’addio. Un altro giocatore stimatissimo dal tecnico, Mario Mandzukic, dovrà invece probabilmente accettare un ruolo meno importante, visti età e acciacchi. Così, anche se Kean avrà certamente più spazio, oltre a Chiesa (in questo momento l’obiettivo più caldo in attacco) potrebbe arrivare anche un centravanti, mentre potrebbe salutare anche Douglas Costa: in campo Allegri lo adora, ma i problemi fuori dal campo avuti in questa stagione, dal tamponamento al viaggio a Parigi per la festa di Neymar, hanno fatto nascere più di un dubbio. 



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