Wanna Marchi a Live – Non è la D’Urso, racconto choc: “Volevano ci suicidassimo”



Wanna Marchi e la figlia Stefania Nobile sono pronte a tornare in televisione. Le due donne saranno protagoniste di una nuova puntata di Live – Non è la D’Urso per raccontare ancora una volta l’incubo del carcere e l’inizio della seconda vita in Albania.



Wanna Marchi a Live – Non è la D’Urso

Il caso di truffe messo in atto da Wanna Marchi e la figlia Stefania Nobile ancora oggi fa discutere la cronaca italiana. Si tratta di una fitta rete di truffe, con vendita di prodotti e tanto altro che ha fatto sì che le due donne fossero costrette a scontare nove anni carcere per espiare le sue colpe.

Adesso la loro vita si è sposata in Albania, dove madre e figlia si sono concesse una seconda possibilità e dove entrambe sono tornate a fare le imprenditrici ma sembrerebbe in modo onesto. Quanto detto però non le tiene del tutto lontane dell’Italia anche se ancora oggi la nazione non le ha perdonate del tutto, anche se adesso le due donne tornano a essere protagoniste di Live – Non è la D’Urso.

“Abbiamo truffato”

Wanna Marchi aveva avuto modo di raccontare l’inizio della sua seconda vita in occasione del programma promosso da Gabriele Parpiglia qualche tempo fa. L’ex venditrice in quell’occasione la Marchi ha dichiarato: “Abbiamo truffato, abbiamo accettato la pena. In carcere ci hanno accolto con i mitra e non ci hanno curato a dovere e abbiamo rischiato la vita”. In particolar modo, Wanna Marchi continua dicendo: “La gente non comprava i nostri prodotti, ma comprava noi. Lo sciogli pancia nemmeno esisteva. È nato per caso in autostrada, una sera, di notte. Lo compravano tutti dall’Italia alla Spagna”.

Wanna Marci spaventata dall’Italia

Già in occasione dell’intervista rilasciata a Gabriele Parpiglia, Wanna Marchi si era sfogata dicendo: “L’Italia ci odia. Nessuno ci faceva più lavorare e noi ne avevamo bisogno”.

La vita dell’ex venditrice e della figlia Stefania Nobile è cominciata in Albania, dove adesso continua a lavorare come imprenditrici di successo: “Siamo arrivate in Albania per caso, trovando una terra ospitale che ci ha permesso di essere quello che siamo: brave imprenditrici. Volevano che ci suicidassimo, ma noi ce l’abbiamo fatta. In carcere ci hanno accolto con i mitra, non ci hanno curato a dovere e abbiamo rischiato la vita. L’Albania ci ha ridato una nuova dignità. L’Italia ci odia ma noi abbiamo pagato il nostro debito con la giustizia e non abbiamo paura di nessuno. Se il diavolo ci incontra, si sposta”.



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