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Questo articolo in breve

Ha preso punti, il Verona, con tutte le grandi del campionato, dalla Roma alla Juventus, dal Milan all’Atalanta e alla Lazio. Stasera incrocia l’Inter e Ivan Juric avverte: «Penso siano i più forti a livello di soluzioni e allenatore – dice Juric –, sono difficili da battere anche quando ti lasciano il palleggio. Sono tra i candidati allo scudetto, ci sono anche Juve, Milan, Napoli e Roma, ma l’Inter è lassù». I gialloblù non vincono con i nerazzurri dal 1992.



Nel Verona c’era Dragan Stojkovic, l’Inter era allenata da Luisito Suarez, dopo l’esonero di Corrado Orrico. Al Bentegodi fu 1-0, decise Ezio Rossi. Oggi, tutte le storie sono diverse, mentre Juric valuta le scelte da fare. In avanti, sono sempre fuori per infortunio Samuel Di Carmine, Andrea Favilli e Nikola Kalinic. Juric esclude di impiegare Adrien Tameze da “falso nove”, una delle mosse vincenti adottate con la Lazio («Non questa volta, non avrei nessuno in mezzo», spiega il tecnico). Di sicuro, in avanti, si annunciano rotazioni a gara in corso: «Ci saranno due o tre cambi – precisa Juric –, cercheremo di essere dinamici per tutta la partita».

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La settima vittoria consecutiva per presentarsi come capotavola alla riunione natalizia per pianificare il mercato. Antonio Conte, battendo Ivan Juric stasera a Verona (il 9 luglio finì 2-2 tra i veleni), riuscirebbe a migliorarsi – l’anno scorso arrivò a sei successi di fila in campionato – nonché a eguagliare quanto fatto da Stefano Pioli tra l’11 dicembre 2016 e il 28 gennaio 2017 (successi casalinghi su Genoa, Lazio, Chievo e Pescara e in trasferta con Sassuolo, Udinese e Palermo) e Luciano Spalletti tra il 22 settembre e il 3 novembre 2018 (successi in casa con Fiorentina, Cagliari, Milan e Genoa e fuori con Sampdoria, Spal e Lazio).

Una vittoria, complice il gioco degli anticipi, permetterebbe altresì all’Inter di mettere un po’ di pepe al Milan che, quando sarà appena finita la gara con il Verona, inizierà quella a San Siro con la Lazio. Però a Conte vincere interessa anche per un altro motivo, ovvero dare forza alle sue richieste in sede di mercato, nel tentativo di annacquare un po’ la delusione per l’eliminazione in Champions (un flop che rimarrà comunque una macchia nella stagione, considerato che mai l’Inter nella sua storia era arrivata ultima nel girone) in ossequio all’obiettivo scudetto. Ieri, sull’argomento, Conte è stato cristallino: «Se sono soddisfatto? Il nostro percorso è chiaro, quello di assestare l’Inter nelle primissime posizioni.

Ed è un percorso che sta continuando. La valutazione su questi quattro mesi la deve fare il club. Sicuramente ci vedremo dopo la partita con Verona: è giusto dopo l’incontro di agosto in cui abbiamo preso decisioni accettate da parte di tutti. E ora è giusto rivedersi e capire che soluzioni dobbiamo affrontare. E se le vogliamo affrontare». Parole a cui è seguita una postilla, legata ad Alexis Sanchez: «Non so se i suoi problemi siano dovuti ai viaggi per rispondere alle chiamate in Nazionale, ma c’è un dato abbastanza costante, si infortuna spesso».

I continui problemi avuti dal Niño Maravilla in questa prima parte di stagione, oltre a costringere Romelu Lukaku e Lautaro Martinez a settimane senza rifiatare, hanno invertito gli addendi nelle priorità, considerato pure il fatto che la ricerca del centrocampista non potrà prescindere dalla cessione di Eriksen (a cui si sommeranno quelle di Nainggolan e Vecino). La preoccupazione di Conte va letta anche in prospettiva: l’Inter tra il 10 e il 17 gennaio si giocherà molto tra campionato (trasferta a Roma e derby d’Italia con la Juve a San Siro) e Coppa Italia (al Franchi con la Fiorentina) e sarà fondamentale arrivare all’appuntamento con la possibilità di fare turnazione in tutti i reparti.

L’obiettivo è sfruttare Pinamonti come jolly e l’opzione più facilmente percorribile porta a uno scambio di prestiti con Gervinho che ieri non ha giocato a Crotone per infortunio (distrazione muscolare ai flessori della coscia sinistra). Alternativa all’ivoriano è sempre il Papu Gomez, sempre che l’operazione abbia costi sostenibili. Un capitolo a sé merita Mikkel Damsgaard, promosso a pieni voti da Ausilio e Baccin per quanto fatto in questi mesi. L’Inter valuta se “bloccare” per giugno il talento danese della Samp a cui potrebbe essere girato in prestito Nainggolan (se non si troverà l’accordo con il Cagliari, sua prima scelta) e Vecino a cui serve trovare un club che gli permetta di ritrovare confidenza con il campo visto che non gioca proprio dai venti minuti con il Verona nella sfida di luglio.

Un mese senza gol. Una notiziona, trattandosi di Lautaro Martinez. Che in stagione ha brillato come uomo-assist (è già a tre, eguagliato il suo massimo) però ultimamente prende poco la porta. E domenica, nel primo tempo con lo Spezia, ha toccato appena otto palloni, facendo rinverdire le “mitiche” lune di Icardi.

Quella arrivata stanchissima all’ultima gara prima della sosta di Natale, è un’Inter che ha disperatamente bisogno dei gol dell’argentino – premiato ad Appiano per le cento in nerazzurro, “traguardate” contro lo Shakhtar – contro un avversario, il Verona, che in questo campionato ha saputo sempre esaltarsi nei match contro le grandi, peraltro affrontate tutte in trasferta. A referto ci sono i pareggi con Juve (1-1) e Milan (2-2) e le vittorie con Atalanta (0-2) e Lazio (1-2).

L’Hellas troverà un’Inter boccheggiante che però si sta esaltando grazie a un mix tra vittoria e sofferenza. E Lautaro, insieme a Romelu Lukaku, è stato costretto agli straordinari dall’infortunio di Sanchez (neanche convocato come Vecino, Pinamonti e Nainggolan, quest’ultimo per scelta tecnica) e, complice il superlavoro a cui è stato costretto, ha perso il tocco magico in zona gol, come prova il fatto che l’ultima rete l’abbia segnata nel 4-2 al Toro in data 22 novembre. Un’eternità per uno con i suoi numeri. Stasera Antonio Conte è il primo ad augurarsi che l’argentino possa sbloccarsi contro un avversario a cui peraltro non ha ancora segnato: stante le premesse, l’Inter avrà campo, come piace alla coppia dei record che in questo tormentato 2020 ha trascinato l’Inter al secondo posto in campionato e alla finale in Europa League.

Lautaro e Lukaku questa sera avranno alle loro spalle una squadra simile per dieci undicesimi rispetto a quella che ha battuto lo Spezia. Unica variazione sul tema il ritorno tra i titolari di Arturo Vidal, favorito per l’ultima maglia a disposizione su Stefano Sensi che a Cagliari e domenica ha dimostrato di saper entrare benissimo in corso d’opera e dare una soluzione tattica in più in assenza di rincalzi in attacco (tra i due sarà comunque staffetta, considerato che il cileno è, di fatto, al rientro dopo il rodaggio fatto domenica). Conte – confermando che le ruggini estive sono ormai sepolte – ha avuto parole di zucchero per Juric (peraltro contraccambiate): «Sia l’anno scorso che quest’anno sta facendo grandi cose. Complimenti a Juric per l’ottimo lavoro. Sarà una difficile, come dimostrano i risultati che il Verona ha fatto contro le grandi squadre. Dobbiamo essere bravi e determinati sapendo a cosa andiamo incontro». In tal senso, il 2-2 di luglio dovrebbe già essere stato di lezione.

Ultima partita del 2020 per il Verona. E che partita! Al Bentegodi infatti arriva l’Inter, con una striscia di sei vittorie di fila in campionato e la voglia di prendersi la vetta del campionato a scapito dei cugini del Milan. «L’Inter – dice il tecnico del Verona, Ivan Juric – è la squadra più forte della serie A e ha l’allenatore migliore del campionato. I nerazzurri sono certamente dei serissimi candidati alla vittoria dello scudetto.

Hanno un gioco molto codificato e stanno cercando di inserire i giocatori ideali per il modulo dell’allenatore. Come si fermano? Con la partita della vita, sperando magari che loro non siano al massimo. Non potremo sbagliare niente, ma al contempo non lasceremo nulla di intentato». Il Verona arriva a questa gara in assoluta emergenza, cosa peraltro cui la squadra di Juric è abituata. In attacco non ci saranno Kalinic, Di Carmine e Favilli ed è probabile che giochi ancora Salcedo, giovane di grande prospettiva di proprietà dell’Inter. L’unico reparto dove Juric può permettersi il lusso di compiere scelte è la difesa.

L’impresa è fermare la coppia Lukaku-Lautaro. Il ballottaggio è tra Gunter e Magnani, mentre Lovato e Ceccherini parrebbero sicuri di un posto da titolare. Sulla trequarti Zaccagni ha speso molto nelle ultime tre partite e Juric potrebbe preservarlo facendo partire dall’inizio Colley. Il tecnico del Verona ha incassato i complimenti del Ct Roberto Mancini e di Conte alla sua squadra e ha parlato del 2020 che sta volgendo a termine. «È stato sicuramente un anno magico- le sue parole – come anche quello a Crotone. Come allora, siamo riusciti ad andare oltre ogni previsione. Per me stiamo facendo molto bene nello spirito e nel modo di difendere, ma abbiamo anche grandissimi margini di miglioramento. Ovviamente ringrazio per i complimenti sia Mancini sia Conte».

Fossimo a un tavolo da poker, si potrebbe dire che Antonio Conte vuole «vedere». Benintesi: qui non ci sono avversari, non è un duello, l’Inter è la mamma e non un terreno su cui battagliare. Semmai ci sono momenti in cui, dentro una famiglia o un gruppo di lavoro, è giusto chiarirsi le idee, perché magari dopo quattro mesi dall’ultimo vero vertice di mercato qualche sottinteso può finire per diventare un equivoco. Conte l’ha spiegata anche, la sua posizione: «Nel periodo natalizio faremo delle valutazioni. Ma non è importante la mia, quanto quella che dovrà fare il club dopo quattromesi di lavoro.

È giusto dare un seguito al meeting di agosto, sedersi e capire che tipo di soluzioni abbiamo in mente di affrontare e se le vogliamo affrontare». Non c’è bisogno di un’esegesi del testo per capire che tutto ruota intorno a quel «se» dell’ultima frase. Punto Detto che Conte, l’a.d. Marotta e il d.s. Ausilio erano nello stesso hotel anche ieri sera a Verona – come capita in tutti i ritiri pre partita -, l’incontro vero e proprio per fare il punto andrà in scena dopo Natale, presumibilmente alla ripresa degli allenamenti la prossima settimana.

Ma non si fatica a immaginare che il tecnico chiederà fino a che punto la società sarà in grado di colmare le lacune di organico. Quelle stesse lacune che aveva invitato a riempire nella scorsa sessione, quando era chiara l’esigenza di un attaccante di riserva, un centrocampista difensivo e un esterno. Dietro quel «se» c’è la volontà di Conte di capire fin dove potrà spingersi la società: eccolo, il «vedo» del poker.

Quanto alle valutazioni, il tecnico le ha già fatte, non ha certo bisogno della partita di oggi per capire. Il cuore del ragionamento è intorno all’obiettivo, inutile girarci intorno. È sullo scudetto. Ed è come se Conte dicesse ai suoi dirigenti: siamo in lotta al vertice, possiamo e vogliamo giocarcela. Ma se restiamo così, alcune squadre sono ancora oggi più attrezzate. Conte è un vincente: sente il profumo della vittoria ma vuole avere l’esercito migliore a disposizione.

D’altra parte, il suo discorso vuol essere anche una maniera per essere il più trasparente possibile: se mercato non si potrà fare, lo si dica come è accaduto a settembre e contenti tutti, senza rimpianti, anche se poi alla fine vincerà un altro. Siamo di fronte a una specie di Villa Bellini, atto secondo. Ed evidentemente il tecnico sente che sia giusto ancora chiarire qualche punto. Il suo è un appello al club, alla dirigenza. Ed evidentemente anche al presidente Zhang, che a ottobre disse no – ad esempio – alla cessione in prestito di Nainggolan. Radja è sempre rimasto ai margini: l’Inter, facendolo restare, non ha né guadagnato un giocatore, né risparmiato un ingaggio.

Avete presente il mercato dello scorso gennaio, al netto dell’operazione Eriksen? Ecco, questo è oggi in grado di fare l’Inter. Gli affari Moses e Young, usati sicuri arrivati all’Inter gratis o giù di lì, sono il parametro di quel che ad oggi è possibile immaginare da qui a un mese. E questo dirà la società all’allenatore, nel giorno del nuovo vertice. La fame di vittoria vale per tutti, anche per i dirigenti. Che però sono obbligati a rispettare una situazione economico-finanziaria non semplice.

C’è un bilancio che parla chiaro: meno 102 milioni di euro. Per carità, numeri certamente meno drammatici rispetto ad altri grandi club, ma comunque anche la società nerazzurra è dentro una situazione che non permette investimenti a cuor leggero.

E i numeri vengono prima delle esigenze tecniche. Ipotesi Pavoletti La bravura dei dirigenti sarà quella di conciliare i due aspetti, societario e sportivo. Se poi in sede si presenterà un amatore disposto a spendere 15-20 milioni di euro per Christian Eriksen, allora il discorso potrà cambiare. Ma in fondo l’Inter ha trascorso tutta la scorsa sessione alla ricerca di acquirenti per Brozovic prima e Skriniar poi, salvo registrare un nulla di fatto.

Oggi la priorità del club è essenzialmente vendere. Per due motivi. Primo, perché non si può certo lasciare giocatori fuori lista, sarebbe architettare un autogol finanziario ancor prima che sportivo. Secondo: i quattro giocatori in uscita, ovvero Nainggolan, Eriksen, Vecino e Pinamonti, hanno ingaggi elevati. Numeri alla mano, sono esuberi che pesano circa 30 milioni di euro lordi a stagione, dunque 15 solo fino a giugno.

E l’Inter non è nella condizione di ignorare questo numero. Se e quando si libereranno la caselle, Marotta e Ausilio proveranno a ragionare anche in entrata. Magari in soccorso arriverà qualche scambio. Se è vero che in attacco non va dimenticata la pista Gervinho, un’occhiata è giusta darla pure alla possibilità di uno scambio con il Cagliari tra Nainggolan e Pavoletti. Conte in avanti ha un’esigenza che ieri non ha mancato di ribadire indirettamente, raccontando di un Sanchez che «si infortuna spesso ».

Ma, nella congiuntura economica dovuta alla pandemia che non può non condizionare, un passo indietro è dettato anche dalla prematura uscita dell’Inter dalle competizioni europee, eliminazione che paralizza altri possibili introiti: almeno 11 i milioni di euro di ricavi minimi a cui il club ha dovuto rinunciare. Come a dire: con più competizioni da giocare, magari sarebbe stato più semplice farsi ingolosire dal mercato. Così, invece, si deve pensare a cogliere le opportunità, alcune delle quali oggi non sono neppure immaginabili.

E se fosse arrivato il momento degli effetti speciali? Altro che piano B, Antonio Conte sta seriamente pensando al piano C, o se preferite S come “sorpresa”. Per l’ultima del 2020 il tecnico dell’Inter valuta la possibilità di passare al 3-4-3 per una notte, viste le difficoltà palesate dai centrocampisti nelle ultime uscite.

Un nuovo sistema che non è assolutamente una novità per Conte, anzi. E’ stato il vestito che ha cucito addosso al suo Chelsea dopo poche settimane di lavoro, quello con cui è andato all’assalto della Premier vinta nella stagione 2016-17. Certo, allora fu necessario per esaltare la qualità in velocità di giocatori come Pedro e Hazard. Stavolta potrebbe essere la soluzione momentanea per tamponare la necessità di ritrovare un po’ di energie dopo un lungo filotto di dieci partite giocate in un mese.

Conte chiede un ultimo sforzo alla sua squadra, che ha steccato la qualificazione agli ottavi di Champions ma che in campionato è riuscita a mettere insieme la seconda striscia record della sua gestione, con sei vittorie di fila.

La settima, oggi a Verona, potrebbe addirittura valere il primo posto in classifica: Natale in vetta, insomma. Sarebbe il titolo perfetto per il film di Natale che il mondo interista sogna di vedere durante le feste. Sistema misto D’altronde il 3-4-3 altro non è che una variabile del 3-4-1-2 usato all’inizio di questa stagione. Ma la bocciatura di Eriksen e l’inserimento graduale di Sensi fanno pendere la bilancia verso questa nuova soluzione, con Perisic e Lautaro più larghi in partenza e Lukaku terminale offensivo. Dunque non sarebbe proprio una rivoluzione: la difesa a tre, infatti, resterà confermata in blocco come nell’ultimomese, conSkriniar,DeVrij e Bastoni a protezione di Handanovic.

In mezzo al campo toccherà a Barella e Brozovic portare la croce e ordinare le idee, mentre Hakimi e Young agiranno al solito a tutta fascia. Ma la presenza di Perisic davanti a Speedy Achraf consentirebbe alla squadra di difendere col 4- 4-2, con Hakimi pronto a scivola in difesa e Bastoni a scalare nel ruolo di terzino sinistro. Poi Perisic e Young esterni alti e la LuLa pronta a ripartire. Camaleontica Tutte ipotesi, chiaramente. Quel che è rilevante, però, è la volontà di Conte di provare a dare una nuova anima camaleontica alla sua squadra: il ritorno al 3-5-2 ha portato benefici ovunque.

In campo, con la squadra più equilibrata, meno in sofferenza nella fase difensiva e anche più arrembante quando riesce a sfondare sulle fasce ed andare a chiudere l’azione con cinque uomini. E poi in classifica, perché alla fine — gira e rigira — in Italia vola sempre chi subisce meno gol. Il 4-3-1-2 visto a Cagliari è un piano B di emergenza, quando le cose vanno male e c’è un risultato da ribaltare. Col 3-4-3 molti principi restano simili, ma si può sfruttare di più l’abilità e la potenza in accelerazione di Perisic, alleggerito in parte dai compiti di copertura. Insomma, le prove sono state fatte e oggi Conte sceglierà l’opzione migliore. Non forzare il rientro di Vidal potrebbe essere comunque un’idea saggia. Conte spera sia pure vincente: per il record e per il Natale in vetta.



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