L’eleganza non è determinata da ciò che indossi, è qualcosa che emani. Traspare da un gesto, da uno sguardo. È un benessere interiore che trasferisci a chi ti incrocia. Abbiamo ricavato questa sensazione quando, per le strade di Roma, abbiamo intercettato Laura Chiatti, il marito Marco Bocci e i loro due splendidi bambini: Enea, di 5 anni, e Pablo, di 4.
La bellezza di tutti e quattro abbaglia quanto l’armonia di questa famiglia che si percepisce anche dall’abbigliamento. Salopette color vinaccia, t-shirt nera e sandali bicolor en pendant per Laura, pantaloni scuri e maglietta anch’essa vinaccia per Bocci. Un incastro perfetto di nuance che rispecchia l’intesa assoluta di questa coppia che adora la riservatezza, la vita lontana dai riflettori e coltiva i propri spazi e il proprio tempo al meglio.
Hanno scelto, infatti, di vivere in Umbria, terra natale di entrambi, e spostarsi solo per esigenze di lavoro, a Roma o ovunque li portino i set. Qui sono nella capitale perché lei sta girando un film che arriverà nelle sale la prossima stagione. Marco, papà modello, l’ha raggiunta con i bimbi durante una pausa. Sorridente, affettuoso e felice del recente debutto a teatro con lo spettacolo Lo Zingaro – Non esiste curva dove non si possa sorpassare. Si tratta di un monologo emozionante e autobiografico nel quale l’attore procede creando un gioco di specchi tra la vita personale di un pilota per passione, lo Zingaro, e la leggenda dell’automobilismo Ayrton Senna, suo mito, scomparso in un incidente sul circuito di Imola il 1°maggio 1994.
Ventiquattro anni dopo, il 1° maggio 2018, è Bocci a essere impegnato in una corsa in un autodromo. La sua immensa passione, però, viene interrotta da un grave incidente. Devastante ma provvidenziale, ora lo si può dire. «Proprio quell’incidente ha reso palese, ha fatto emergere la mia malattia, ne ha reso possibile l’accertamento e la diagnosi – herpes al cervello – che altrimenti avrebbe avuto un corso dall’esito irreversibile», ha raccontato l’attore al Corriere della Sera. Herpes al cervello, dicevamo. È una patologia rara e della quale poco si conosce. «Si tratta di encefalite, ossia un’infiammazione cerebrale dovuta alla presenza di un agente patogeno.
È dovuto ad agenti batterici o, più spesso, virali», spiega il virologo Fabrizio Pregliasco. «L’herpes cerebrale è rarissimo, capita a una persona su 500 mila, più frequente nei bambini e negli ultra quarantenni. È provocato dalla diffusione a livello cerebrale del virus, che supera la barriera ematoencefalica che protegge il cervello dalle infezioni. È lo stesso herpes che si sviluppa di solito sulla bocca. Può manifestarsi al cervello per una riduzione delle difese immunitarie. Si presenta un edema e poi un’infiammazione con varie sintomatologie: febbre alta, mal di testa, dolori, stanchezza». Come si fa la diagnosi? «Bisogna effettuare prima la risonanza magnetica, successivamente un prelievo del liquido cerebrospinale mediante una puntura alla colonna vertebrale».
Come si cura? «Una volta esaminato e individuato, l’herpes al cervello viene curato con antivirali, con un monitoraggio costante a sostegno delle funzioni vitali. Può anche essere necessario un ricovero in terapia intensiva o un intervento per ridurre l’edema cerebrale». Il decorso della malattia è spesso in salita. «Non è semplice, infatti. Il tasso di mortalità è circa del 20 per cento. Chi riesce a superarlo potrebbe avere danni neurologici permanenti, ma nella gran parte dei casi si risolve senza complicanze», spiega il professore. Per Marco Bocci tutto si è risolto al meglio.
E quel dramma è stato causa scatenante di profonde riflessioni e cambiamenti interiori: «Quando sei in salute, o credi di esserlo, non ti rendi conto di quante cose dai per scontato e di quanto prendi solo il peggio della vita. Quando è crollato il pensiero di essere invincibile, ho capito di come, invece, sia importante vivere giorno per giorno». Una lezione di vita per lui e per tutti noi. Ed è con questo spirito che Marco affronta il suo quotidiano. Con la marcia alta, dopo una curva difficilissima, per usare un’immagine automobilistica. E l’ha fatto con i supporti medici migliori, certo, ma anche con l’amore della famiglia. La cura più potente di tutto. Le nostre foto sono lo specchio della sua vita. E quel sorriso, così aperto e fiero, accanto alla sua donna e ai bambini, è il trofeo più bello del mondo.
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