Michele Buoninconti per l’omicidio di Elena Ceste spera ancora che si trovi un dna diverso dal suo



Questo articolo in breve

I giudice per le indagini preliminari, I oltre a sottolineare  che allo stato attuale abbiamo accesso solo a una visione a distanza degli indumenti di Elena consegnati da Michele dopo averli trovati vicino al cancello di casa la mattina della scomparsa della moglie, ricorda che un’analisi genetica sui reperti è possibile solo in contraddittorio con tutte le parti, dunque anche eventuali consulenti nominati dal pubblico ministero e dalle parti civili.



Facciamo tesoro di questa apertura e provvederemo a istruire una richiesta in tal senso”. Con queste parole pronunciate qualche tempo fa, Eugenio D’Orio, consulente di Michele Buoninconti, aveva già lasciato intendere quale potesse essere la prossima mossa della difesa. Come noto Buoninconti è già stato condannato in via definitiva a 30 anni di carcere per l’omicidio della moglie Elena Ceste.

La donna, scomparsa da Costigliole d’Asti il 24 gennaio 2014, fu ritrovata morta il 18 ottobre successivo nel rio Mersa, un canale che scorre a circa un chilometro dalla sua casa. Il marito ha incaricato una serie di consulenti allo scopo di trovare nuovi elementi che gli permettano di chiedere la revisione del processo. L’ipotesi dei difensori è che Elena non sia stata uccisa dal marito, ma da un suo presunto amante. Negli ultimi mesi i consulenti di Buoninconti hanno provato a puntare sull’analisi dei vestiti della donna che lo stesso marito disse di aver trovato nel giardino di casa la mattina della scomparsa.

L’uomo ipotizzò infatti che quella mattina Elena si fosse allontanata in stato confusionale dopo essersi denudata in cortile. La speranza della difesa è quella di riuscire a isolare su quei vestiti un profilo genetico maschile diverso da quello del marito. La richiesta di poter analizzare i vestiti era già stata fatta nel luglio scorso. Il giudice, però, aveva acconsentito soltanto a visionarli e non ad analizzarli. Il giudice, come aveva spiegato lo stesso D’Orio, aveva precisato che l’analisi genetica è possibile solo alla presenza di tutte le parti.

Ecco perché nei prossimi giorni Michele avanzerà una richiesta di incidente probatorio, ovvero l’istituto giuridico adeguato nel quale i suoi consulenti, alla presenza di tutte le parti, potranno eventualmente esaminare gli abiti come vorrebbero. In verità gli abiti di Elena erano già stati analizzati dai carabinieri del Ris. Le prove per testare il grado di assorbimento e di umidità dei tessuti erano state compiute riproducendo le stesse condizioni climatiche del 24 gennaio 2014 nell’area di Costigliele d’Asti. Parliamo in particolare di un paio di pantaloni e due collant. Sui pantaloni erano state campionato due tracce.

La prima era stata genericamente definita “terriccio”. La seconda presentava dei granuli fluorescenti di origine vegetale. I collant erano di taglie e colori differenti: uno corto e scuro, l’altro più lungo e chiaro. Sulla calza chiara, all’altezza del piede, c’era una traccia compatibile con il terriccio rinvenuto sui pantaloni. Erano stati notati anche degli aloni fluorescenti, propri di particelle di sudore come pure di calpestio avvenuto su una superficie umida.

A smentire Michele era stato il fatto che le tracce trovate sui pantaloni e sul collant erano compatibili con il terriccio che circonda il rio Mersa, dove fu trovato il corpo di Elena. Non erano invece compatibili con il terreno del cortile di casa. Come può dunque il marito sostenere di aver trovato questi abiti in giardino? Appare inoltre inverosimile che il cane Gandalf, presente in giardino il giorno della scomparsa, non abbia sparso i vestiti per il cortile o comunque segnalato al padrone la presenza di quegli indumenti. A maggior ragione, vista la presenza tra i panni di un assorbente intriso di tracce e odori che solitamente attraggono il fiuto degli animali.

A stupirsi era stato lo stesso Buoninconti, che in una telefonata alla sorella di Elena aveva detto: «Mi sembra strano che sui vestiti non sia stato trovato nemmeno un pelo di cane, visto che la sua cuccia è vicino al cancello dov erano i panni». Ci sono infine le questioni riguardanti le ciabatte e gli occhiali di Elena. Quanto alle ciabatte, Buoninconti decise di non consegnarle subito, ma di custodirle in casa. I carabinieri le sequestrarono solo il 29 gennaio, ma risultarono perfettamente pulite. Per quanto riguarda gli occhiali, solo dopo il primo sopralluogo il marito disse che Elena aveva abbandonato anche quelli. Ma prima ne consegnò un paio vecchio e poi, dopo 30 giorni, portò ai carabinieri quelli che effettivamente la moglie utilizzava. Disse: «L’ho fatto per mettervi alla prova»



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