Omicidi in Italia in calo, paese meno violento



Di questi tempi abbiamo un gran bisogno di leggere qualche buona notizia. E, nascosta tra le pieghe dei quotidiani o nei servizi di coda dei telegiornali, la buona notizia in effetti c’è. E la forniscono i dati dell’Istat sulla criminalità, riferiti al 2018. Ebbene, non ci sono mai stati così pochi omicidi in Italia come oggi: appena 345, con una media di 0,57 ogni 100 mila abitanti. Dodici in meno dei già pochissimi 357 dell’anno precedente.



Ma c’è di più: l’Italia è il Paese meno violento d’Europa, fatta eccezione per il piccolo e ricchissimo Lussemburgo, che ha fatto registrare un tasso di omicidi di 0,43 ogni 100 mila abitanti. Gli altri vanno tutti peggio, dalla Svezia alla Francia, dalla Grecia alla Germania. Non c’è Paese che abbia meno assassini di noi.

Davvero c’è da rimanere stupefatti da una statistica di questo genere, circondati come siamo, o come ci sembra di essere, da notizie di violenze, sparatorie, da eventi tragici come la recente morte del ragazzo quindicenne di Napoli che voleva derubare un carabiniere, e da questo è stato poi ucciso (per legittima difesa o meno, lo decideranno i giudici). O come il caso di Luca Sacchi, ucciso a Roma da due balordi nell’ambito di una compra-vendita di droga. Ebbene, questi episodi, e i tanti di cui parliamo spesso anche noi, sono solo la punta di un iceberg molto piccolo, molto esile. Fanno clamore, interessano e ! fanno discutere (giustamente) ma ci fan-no percepire una realtà molto diversa da quella effettiva.

E lo stesso fanno le fiction televisive, come il Commissario Montalbano, tornato pròprio in questi giorni con due episodi inediti, e Don Matteo (di cui parliamo a pagina 12). Di solito incentrati, per evidenti motivi di sceneggiatura, su dei delitti da risolvere, e che danno, certo involontariamente, l’idea di un Paese dove l’omicidio è fin troppo frequente . E invece è vero il contrario.

Ad analizzare i dati si scopre che la differenza tra Nord e Sud, una volta notevole, si è quasi annullata (0,43 al Nord e 0,57 al Sud). Che la regione più problematica, la Calabria, è passata da 5,23 omicidi ogni 100 mila abitanti nel 2010, a 1,95 nel 2018. Che i delitti legati alla criminalità organizzata sono appena un 5 per cento del totale. Poi c’è anche il dato negativo, che fa riflettere: le vittime donne, che trent’anni fa erano l’il per cento del totale, ora solo il 38,6 per cento, segno che il fenomeno dei “femminicidi” si sta espandendo, in controtendenza su tutto il resto. Parliamo di questo argomento con un servizio a pagina 34, preceduto da una presentazione della fiction di Cristiana Capotondi, a pagina 30, che tratta appunto di questi temi.

Resta però il fatto che, almeno quanto a omicidi, l’Italia è in coda alla classifica. E la cosa è tanto più clamorosa, se si valuta che si tratta di un “trend” secolare. Intorno al 1870 gli omicidi superavano quota 1.800 l’anno, intorno al 1930 erano circa 1.000. E a quell’epoca la popolazione italiana era la metà dell’attuale. Poi un picco negli anni finali della Seconda guerra mondiale, a causa delle violenze di natura politica, e una tendenza forte al calo. Quindi un nuovo picco, tra gli anni ’80 e ’90, dovuto sostanzialmente alle guerre di mafia, quindi la discesa definitiva: 1.004 omicidi nel 1995,749 nel 2000,579 nel 2009, 345 oggi. Un crollo verticale, nonostante la crisi economica, le tensioni dovute all’immigrazione, le varie Gomorra, vere o immaginarie, una società che percepiamo sempre meno solidale, e tutto quello che volete. Però non si uccide più.

Un ultimo dato, clamoroso. Nel 1930 nel Regno Unito gli omicidi, in rapporto alla popolazione, erano cinque volte meno che in Italia. Oggi l’Italia è una nazione molto meno violenta di Inghilterra e Scozia.

Per noi, che facciamo cronaca da una vita, non è facilissimo capire i motivi di questa felice statistica. Conta di certo il fatto che la criminalità organizzata, tuttora ben viva, è diventata meno “violenta” e preferisce fare i suoi affari sott’acqua, evitando il più possibile gesti clamorosi che riporterebbero l’attenzione dello Stato sulle sue tracce. Un altro aspetto è che in Italia è ancora molto poco comune e diffuso il possesso di armi, e questo inevitabilmente limita la possibilità di uccidere, almeno con una pistola o un fucile.

Ma a noi piace pensare che, nonostante tutto, la società italiana sottotraccia stia diventando realmente meno violenta, meno rabbiosa, meno infelice. Che nonostante le mille tensioni che viviamo ogni giorno, il ricorso alla violenza (forse l’istinto più antico dell’essere umano) stia diventando un tabù sempre più insuperabile. Che le nostre città siano più tranquille di quanto temiamo, che anche chi commette reati molto raramente supera la soglia che separa un delinquente da un assassino, perché sa bene che rubare , o rapinare non è un gesto senza ritorno come cancellare una vita umana. Che, insomma, noi italiani siamo molto più buoni e pacifici di quanto noi stessi pensiamo. Siamo troppo ottimisti? Forse. Ma di fronte a una buona notizia, perché non sognare?



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