Raoul Bova, gli ultimi due anni per lui sono stati terribili



Signore, signori, un momento di attenzione. Raoul Bova è tornato. Ha i capelli più lunghi del solito, forse un filino troppo, e molti chili in meno: ultimamente ne ha persi venti nuotando e ora ha un fisico asciutto che non gli vedevamo da un pezzo, talmente snello che qualcuno, ammirandolo accanto alla compagna Rocío Muñoz Morales sul red carpet della Festa del cinema di Roma, ha temuto che avesse problemi di salute.



Al contrario: chioma a parte (sì, la preferivamo corta, gli dona di più e si nota meno quell’accenno di stempiatura che alla soglia dei cinquanta è concessa a tutti, persino a lui), Raoul sta bene, benissimo, si è rimesso al lavoro dopo mesi di stop ai set per il Covid e si sta allenando per l’impresa sportiva che da due anni sogna di compiere con gli amici Massimiliano Rosolino, Filippo Magnini ed Emiliano Brembilla, una staffetta di nuoto nella quale punta addirittura a battere il record mondiale. Ha solo l’animo un po’ ammaccato, reduce da un periodo buio che ha lasciato il segno.

Per il resto è sempre lui: il Brad Pitt d’Italia, quello bello bello ma pure bravo, che ha iniziato da giovane, si è laureato sex symbol e anche adesso che non è più un ragazzino non ha perso un grammo di fascino: poco importa se veste i panni del commissario antimafia, dell’uomo innamorato, del marito infedele o del Papa rinascimentale – nel corso della sua carriera l’abbiamo visto fare questo e molto altro – riesce comunque a conquistarci con i suoi occhi color mare limpido, quello sguardo a tratti malinconico, il sorriso accattivante e l’inconfondibile fossetta sul mento che s’intuisce anche quando porta la barba.

Ma gli ultimi due anni, dicevamo, per lui sono stati un inferno. Prima è morto papà, il suo punto di riferimento, quello che, quando lui era una giovane promessa del nuoto e non aveva ancora scoperto il cinema, lo accompagnava agli allenamenti, gli prendeva il tempo in vasca e lo incitava a non mollare.

Poi, nel giro di un anno, è toccato anche a mamma Rosa. Lei se n’è andata a novembre 2019, ricoverata per un’ulcera e morta per cause che non sono mai state veramente chiarite. Allora di coronavirus non si parlava ancora, ma oggi Bova qualche sospetto ce l’ha, e l’orribile dubbio si aggiunge al dolore. A quel periodo risale anche il suo infortunio: l’attore è caduto per strada, a Roma, per colpa di una delle buche famigerate nell’asfalto della capitale. Si è rotto perone e malleolo, è stato operato, per mesi ha dovuto usare le stampelle per camminare.

Già a pezzi per i lutti famigliari, con l’incidente e l’inattività fisica si è appesantito nel fisico e incupito nell’animo, fino a sfiorare la depressione. Il lockdown di marzo avrebbe potuto dargli il colpo di grazia, affossarlo completamente, invece è servito a riscuoterlo. Con Rocío, che durante questo periodo difficile è stata la sua ancora di salvezza, Raoul si è attivato nel sociale, ha collaborato con la Croce Rossa, ha preso parte a diverse iniziative benefiche. Un po’ alla volta si è sollevato dal baratro e anche il resto ha ricominciato a girare: è tornato al lavoro, sul set della nuova fiction di Canale 5 Buongiorno mamma, si è rituffato in piscina – «Ogni giorno alle 5 sono in vasca», dice – ha perso i chili di troppo, ha persino pubblicato un libro, Le regole dell’acqua (Rizzoli, 176 pagine, 17 euro), nel quale racconta di sé, del suo percorso, di come il nuoto – lo sport che da ragazzo praticava a livello agonistico e che a un certo punto ha messo da parte per seguire altri sogni, nonostante le perplessità dei genitori – gli abbia scolpito il fisico e forgiato il carattere, insegnandogli ad affrontare la vita con tenacia e disciplina, a mettere da parte i timori e l’ansia da prestazione che lo paralizzavano prima di ogni gara.

Né il libro è l’unico omaggio alle sue origini. L’altro tuffo nel passato Bova lo fa nel corto Calabria terra mia, commissionato a Gabriele Muccino dalla Regione Calabria e fortemente voluto da Jole Santelli, la coraggiosa governatrice scomparsa il 15 ottobre. Molto ci sarebbe da disquisire sulle critiche suscitate da questo girato di otto minuti, costato parecchio (un milione e seicento mila euro, dicono, cioè la bellezza di 200 mila euro al minuto) e tacciato di essere un pot-pourri di stereotipi: l’asinello che passa per strada, i paesani con la coppola, il Sud congelato agli Anni 50 che nulla ha a che vedere con quello reale.

Chiudiamo un occhio, sorvoliamo. Soffermiamoci piuttosto sul nostro Raoul bello come il sole, che porta la compagna, splendida persino più di lui, a conoscere i luoghi della sua infanzia, perché papà era di Roccella Jonica e da queste parti la famiglia ci veniva davvero tutte le estati. Lo sappiamo che dietro c’è un copione, che probabilmente Rocío in Calabria con lui ci sarà stata già in un milione di occasioni. Ma questa coppia è così affiatata e innamorata che trasuda romanticismo, e vederla così è puro piacere. Certo, al posto della signora vorremmo esserci noi. Ma mica si può avere tutto dalla vita…

Un libro sincero, la storia corale di una grande famiglia del Sud, di un ragazzino che ce la mette tutta, di un padre e di un cronometro che improvvisamente ritorna nella vita del protagonista per rivelare che c’è sempre tempo per fare ancora una gara. Il popolare attore, conosciuto per serie di successo ma anche per tante pellicole cinematografiche, si racconta nel libro le Regole dell’acqua.
“Il mondo del nuoto è stato un serbatoio fantastico di lezioni di vita. Alcune le ho capite allora. Altre sono diventate più chiare col tempo”.
Ex promessa del nuoto giovanile, dopo una virata sbagliata la vita di Raoul Bova prende una direzione completamente diversa, quella cinematografica, a cominciare dal primo film dedicato ai fratelli Abbagnale a cui ne seguiranno molti altri. Eppure, quegli anni passati in piscina, le lunghe ore di allenamento, l’euforia delle prime vittorie, costituiscono un universo di riferimento che si rivelerà fondamentale anche per affrontare le sfide fuori dall’acqua.
“Il nuoto è stata la prima lingua che ho avuto a disposizione per interpretare la vita. L’acqua mi ha dato la possibilità di crescere, mi ha insegnato ad ascoltare il mio corpo, sentirlo scivolare e prendere velocità, muoversi in un mondo in cui la gravità è impercettibile, perché è l’acqua che comanda, che sia un mare, un lago, un fiume, una piscina.” Inizia così il percorso di Raoul Bova per ritrovare tutte quelle regole apprese da bambino e riscoperte anche attraverso gli incontri con grandi campioni come Filippo Magnini, Massimiliano Rosolino, Emiliano Brembilla da lui coinvolti per vincere un record e realizzare la promessa fatta molti anni prima al padre.
“Il mondo del nuoto è stato un serbatoio fantastico di lezioni di vita. Alcune le ho capite allora. Altre sono diventate più chiare col tempo” scrive l’autore.
“L’acqua è un elemento mutabile e imprevedibile: non sono permesse distrazioni, bisogna essere profondamente presenti a se stessi e connessi con la propria anima, respirare a fondo, avere pazienza e aspettare il momento giusto”.
Bova ha esordito nel mondo del cinema giovanissimo, ha recitato in molti film, commedie teatrali, serie tv in Italia e all’estero. Ha lavorato con i più importanti registi fra cui Pupi Avati, Carlo Vanzina, Ferzan Özpetek, Paolo Genovese.
Nel 2010 è stato nominato Goodwill Ambassador della Fao.



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