Tumore colon retto, l’attività fisica e una sana alimentazione possono ridurre il rischio



Il carcinoma del colon retto è in assoluto il secondo tumore più frequente nel sesso femminile dopo il carcinoma della mammella (il terzo tra gli uomini). Ogni anno, nella Comunità Europea, si registrano 333.000 diagnosi di carcinoma del colon retto e quasi 150.000 decessi.



In Italia i nuovi casi/anno sono 52.000 (l’incidenza è maggiore nel nord Italia che nel centro-sud). La prognosi di questo tumore negli ultimi anni è via via migliorata, grazie ai programmi di screening (ricerca del sangue occulto nelle feci e rettosigmoidocolonscopia, ogni 2 anni a partire dai 50 anni di età) e alle nuove terapie disponibili. Lo stile di vita (alimentazione, attività fisica) svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo di questo tumore.

Ci sono evidenze convincenti che un elevato consumo di carni rosse, insaccati, carni lavorate e di bevande alcoliche possa aumentare il rischio di neoplasie del colon. Lo confermano decine di studi, che hanno dimostrato una correlazione dose/effetto tra il consumo di carni rosse e lo sviluppo di tumore. Tra le ragioni di questa correlazione potrebbero esserci la generazione di composti azotati carcinogeni e la cottura delle carni a temperatura elevata, che produrrebbe amine eterocicliche e idrocarburi aromatici policiclici.

Un altro grande accusato è l’alcol: uno studio condotto su quasi mezzo milione di persone ha dimostrato un aumento del rischio fino al 41% e perfino più elevato nei fumatori. Ci sono poi abbondati dati epidemiologici a sostegno della correlazione tra grasso corporeo (in particolare a livello addominale) e tumore del colon retto, ma fortunatamente in questo caso abbiamo a disposizione un ottimo antidoto: l’attività fisica.

Mantenersi in forma riduce infatti considerevolmente le possibilità di ammalarsi. Un potenziale beneficio può infine venire dal consumo di verdure ricche di fibre, di aglio (grazie ai composti solforati), latte e derivati, che sono ricchi di calcio.

Il concetto di “densità energetica” dei cibi sta diventando sempre più importante nell’ambito della prevenzione delle malattie correlate all’obesità. La “densità energetica” viene definita come il contenuto calorico per lOOg. Le proteine e i carboidrati apportano circa 4 Kcal/g, l’alcol 7 Kcal/g e i grassi 9 Kcal/g. Le fibre apportano soltanto 1,5 Kcal/g.

Un elevato contenuto di acqua e fibre riduce la “densità energetica” dei cibi. Al contrario molti cibi pronti, dolciumi industriali e le bevande zuccherate facilitano l’assunzione di calorie in eccesso. Le bevande zuccherate, costituiscono una trappola, in quanto mascherano il proprio reale apporto calorico (soprattutto sotto forma di zuccheri) senza, per altro, indurre sazietà.

Una attività fisica moderata o sostenuta, svolta con continuità, riduce fortemente il rischio di neoplasie, soprattutto a livello del colon. L’esercizio, infatti, aumenta l’efficienza metabolica, la motilità intestinale, aiuta a controllare la pressione sanguigna e contrasta l’insulino-resistenza.

Un aspetto importante, quest’ultimo, soprattutto per gli obesi, nei quali è di comune riscontro un alterato profilo ormonale (insulina, IGF-1, estrogeni), che può facilitare la carcinogenesi (formazione del tumore) ed inibire l’apoptosi (morte cellulare programmata), un meccanismo naturale di difesa dell’organismo. Tornare ad un peso ideale, attraverso l’attività fisica e un’alimentazione corretta, è una strategia efficace per ridurre il rischio di sviluppare neoplasie, malattie cardiovascolari e dismetaboliche.



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