Alex Zanardi ultime notizie, come sta? Sorride con ogni piega del viso e sente



Fa un gesto col pollice in su per dire che c’è, lotta, ascolta. Ascolta soprattutto la voce di Daniela, la sua metà di tutto da 24 anni, a cui volge gli occhi. Fanno sperare le ultime notizie che arrivano dal reparto di Neurochirurgia dell’ospedale di Padova, dove ora è ricoverato il campione. Dopo lo schianto in handbike contro un Tir il 19 giugno scorso, ha subito 5 interventi alla testa, non parla ancora ma è cosciente. Sa di avere accanto un figlio forte e una donna incredibile. Anni fa qualcuno le disse: «Che bel marito ti sei trovata». E lei rispose: «A lui è andata meglio». Aveva ragione



Se c’è qualcuno che può rinascere, ancora una volta, e persino dopo questo disgraziato e cinico 2020, è lui. Certo la salita è ancora aspra e forte. Ma ci crediamo, ci crede chi lo ama, ci crede lui per primo e ci sta mettendo tutta la forza pulsante del suo cuore immenso, l’ottimismo al di là della ragione di una mente che sta dando ogni segnale che può per dirci: ci sono! I segnali sono un pollice in alto, quando lo si chiama, uno sguardo rivolto a colei che è davvero la metà del suo tutto, quando qualcuno gli chiede: «Dov’è Daniela?».

Subito Alex volge gli occhi, verso di lei, dal suo letto in Neurochirurgia dell’ospedale di Padova. Lei, che lo ha sposato nel 1996, dopo poco che si erano conosciuti tra corse e motori, lui sempre in pista, lei team manager di una scuderia. Lei che il 19 giugno di questo maledetto 2020 lo seguiva in auto, mentre “Zanna” in handbike stava percorrendo km di un giro d’Italia di beneficenza, per dare coraggio al Paese piegato dal virus, quando la sua corsa si è fermata ancora una volta, contro un tir. Lei si è precipitata a raccoglierlo, proteggerlo, tenere ferma la testa finita contro la motrice del mezzo, quasi a non fare scappare via l’anima da quel corpo martoriato.

Dopo 6 mesi, più di un trasferimento da un ospedale all’altro, 5 interventi alla testa, una scatola cranica ricostruita pezzo a pezzo, infinite preghiere, ora il campione da quattro ori e due argenti paralimpici in handbike e un elenco di imprese ben più lunghe delle sfortune, sorride con ogni piega del viso e sente, lotta. Ha un tubo nella trachea ancora, e dunque non parla ancora, ma i suoi profondi occhi blu, gli stessi che ha trasmesso al figlio Niccolò, urlano l’impegno verso la sua nuova resurrezione.

La prima, sempre con Daniela accanto, sembrava già incredibile. Novembre 2001, una gara automobilistica, il corpo spezzato a metà, il coma, un solo litro di sangue rimasto in corpo, l’estrema unzione già ricevuta. Ora questa, davvero un guanto di sfida lanciato al destino: lo schianto, il volto e la testa fracassata, settimane e mesi di incoscienza indotta anche dai farmaci perché qualsiasi movimento anche involontario può essere pericoloso, la terapia intensiva e poi pure l’infezione che fa tremare in questo anno in cui tutti siamo più vulnerabili. E i trasferimenti: da Siena a Monza, da Monza al San Raffaele di Milano, ora Padova, vicino alla casa di famiglia a Noventa, a 8 km. Battaglie incredibili, di certo non finite, eppure lui è lì, a fare “ok” col pollice.

Forse sappiamo perché. Perché accanto ha Daniela, schiva e riservata, mai una parola pubblica, perché tutte le energie e le parole servono nel privato. E ora non si può che darle ragione quando a chi le disse anni fa «Che bel marito ti sei trovata», lei rispose: «A lui è andata meglio». Buon anno, Alex. Buon anno, Daniela. Se ce la fate voi, tutti noi sapremo di potercela fare a lasciarci alle spalle questo sciagurato 2020.



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