Rosa Landi, Chi è, età, uccisa, marito, Amore criminale



Questa sera Giovedì 6 maggio, andrà in onda una nuova puntata di Amore criminale ovvero il programma di Rai 3 condotto da Veronica Pivetti. Si parlerà ancora di Rosa Landi ovvero la donna di Sestri Ponente in provincia di Genova uccisa dal marito con 5 colpi di pistola il 19 marzo 2016.



Amore Criminale, la storia di Rosa Landi

Come già detto quindi, questa sera giovedì 6 maggio, andrà in onda una nuova puntata di Amore criminale. La conduttrice Veronica Pivetti parlerà ancora una volta della storia di Rosa Landi. Quest’ultima è stata uccisa con 5 colpi di pistola dal marito perché pare lo volesse lasciare. Il figlio si trovava purtroppo al telefono con la madre quando ha sentito in diretta gli spari e di conseguenza ha assistito seppur in collegamento telefonico alla sua morte.

La dinamica dell’omicidio

Pare che la donna avesse scoperto nel marsupio del marito una scatola di preservativi e avrebbe chiesto quindi la verità. “Vuoi la verità? La verità è che ti tradisco da sempre“, le avrebbe detto il marito, Ciro Vitiello. Tra i due è inevitabilmente scoppiata una lite furibonda e alle ore 22:16 è arrivata la telefonata dalla questura di Genova di Ciro ammettendo di aver ucciso la moglie.

PERCHE’ FEMMINICIDIO

La prima causa di morte delle donne in Europa e nel mondo non sono gli incidenti stradali, i tumori, la fame o l’AIDS, ma è l’omicidio. Il più delle volte, questo si consuma in famiglia, per mano di parenti, mariti, amanti, compagni, ex, conoscenti. Il più delle volte il gesto è giustificato facendo leva sul movente passionale, sul contesto disagiato, sul fatto che avvenga in zone critiche del pianeta. Tuttavia, vi è un termine comune tra tutti questi omicidi, il fatto che la vittima sia donna. E questo, spesso, viene calcolato come elemento secondario rispetto al fatto, alla violenza, alla morte.

Femminicidio è un termine politico . Parlare di femminicidio implica guardare in faccia alla realtà, e chiamare le cose con il proprio nome, ponendo l’attenzione non sul carnefice e sui suoi problemi, ma sulla vittima, che è sempre la donna. Parlando di femminicidio si vuole includere in un’unica sfera semantica di significato ogni pratica sociale violenta fisicamente o psicologicamente, che attenta all’integrità, allo sviluppo psicofisico, alla salute, alla libertà o alla vita della donna, col fine di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla sottomissione o alla morte della vittima nei casi peggiori.

Questo perché la violenza sulle donne può manifestarsi in forme molteplici, più o meno crudeli, più o meno subdole, e non è detto che lasci sempre marchi visibili sul corpo: essa infatti può provenire non solo dall’uomo, ma anche dalla società, che la favorisce o in taluni casi la provoca attraverso le sue discriminazioni, i suoi stereotipi, le sue istituzioni. Cionondimeno, in qualsiasi forma venga esercitata, la violenza rappresenta sempre l’esercizio di un potere che tende a negare la personalità della donna: brutalizzando il suo corpo o la sua anima si afferma il dominio su di essa, rendendola oggetto di potere la si priva della sua soggettività . Il femminicidio quindi è un fatto sociale: la donna viene uccisa in quanto donna, o perché non è la donna che l’uomo o la società vorrebbero che fosse.

Questo, nonostante la cronaca veda crescere incessantemente e a dismisura il numero di donne vittime di violenza, è difficile da concepire, da ammettere, da razionalizzare, da accettare, in una società democratica, “civilizzata” e culturalmente avanzata come la nostra, dove le “questioni affettive, familiari e di coppia” vengono relegate a una dimensione privata: tuttavia è una realtà innegabile che oggi molte donne subiscano violenza solo perché donne. La violenza di genere, perlopiù in ambito familiare, è dunque una realtà statisticamente provata, ma non salta immediatamente agli occhi come tale, più spesso si parla infatti di stupri, violenza sessuale, molestie, maternità forzata, incesto, ed il panorama si fa variegato, non si coglie l’essenza comune di tutti questi reati: da qui la necessità di parlare di femminicidio, per infrangere un tabù ed affrontare seriamente il problema.



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