Luca Morisi chi é? Droga, escort, festini, Lega e vita privata



Da uomo più potente della Lega di Matteo Salvini a reietto della politica. Da genio della Rete, capace di far esplodere la pagina Facebook del segretario leghista da 18 mila a 4,6 milioni di amici, a simbolo degli odiatori paragonato ai terroristi degli Anni di piombo.



È difficile trovare una via di mezzo in Luca Morisi. Che nel 2013 twitta un messaggio al berlusconiano Carlo Giovanardi domandando: “Ma ai nemici cosa fa? Li costringe a orge gay con consumo di droghe miste?”. L’anno dopo colpisce la radicale Rita Bernardini con un caustico: “È proprio vero che la droga invecchia la pelle”, per poi finire sulle prime pagine dei giornali proprio con una storia di droga e orge gay rischiando di essere additato come l’affossatore della Lega, causa della sconfitta elettorale, nonché mezzo per un regolamento di conti politico.

I fatti li conosciamo. Alla vigilia di Ferragosto due giovani escort omosessuali di origine romene e Luca Morisi, responsabile della comunicazione social della Lega, finiscono nella caserma dei Carabinieri di Belfiore, una ventina di chilometri da Verona: i militari, chiamati da uno dei ragazzi, trovano i tre in strada a litigare.

Questioni di soldi, pattuiti e non pagati secondo l’accusa dei due escort. Avevano trascorso la notte nella casa di Morisi tra sesso e cocaina, è il racconto fatto agli inquirenti che sequestrano una bottiglia contenente, si dice, Ghb (la cosiddetta droga dello stupro) e 0,31 grammi di cocaina. Passano due mesi e, lunedì 27 settembre, Repubblica scrive per la prima volta della vicenda i cui contorni restano ancora non del tutto chiariti. Nel frattempo, però, Morisi si dimette dall’incarico nella Lega “per questioni famigliari”.

Scoppia il putiferio e in molti iniziano a chiedersi chi sia Luca Morisi. La sua storia, appunto, è senza mezze misure. Mantovano, 48 anni, si dice abbia iniziato a smanettare sui computer quando aveva 10 anni. Anche per la sua abilità informatica, al liceo scientifico Belfiore lo chiamano “il maghetto”. Negli stessi anni si avvicina alla Lega. Si fa notare: scrive una lettera a L’Indipendente di Vittorio Feltri e il direttore la pubblica come editoriale; quando, nel 1995, si costituisce proprio a Mantova il Parlamento del Nord, ne diventa uno dei principali animatori.

Due anni più tardi siede nel consiglio provinciale e anche qui non passa inosservato per la stravagante scelta di sfidare un collega dell’opposizione parlando in latino. D’altro canto dal liceo era uscito con il massimo dei voti e con il massimo dei voti si era laureato in Filosofia.

La carriera politica corre di pari passo con quella di universitario. Ottiene il dottorato con una tesi nella quale riesce a fondere conoscenze informatiche e filosofia: L’evoluzione digitale della dimensione simbolica – Dall’alfabeto alla Rete. Tra il 2004 e il 2015 nell’ateneo veronese insegna Siti Web di Filosofia e Laboratorio di informatica filosofica. Gracile, silenzioso, apparentemente timido, quando diventa segretario della Lega a Verona smentisce immediatamente la sua immagine.

Da “maghetto” diventa “compagno Berija” perché, come il capo della polizia segreta dell’Unione Sovietica sotto Stalin, epura chiunque non segua pedissequamente la linea politica. È il momento dell’incontro con Matteo Salvini. Galeotta fu una puntata di Porta a Porta nel 2012. Mentre risponde alle domande di Bruno Vespa il leader leghista non stacca gli occhi dal tablet che ha con sé. «Questa capacità di ibridare i due media, Tv e social, mi ha appassionato, così cercai Salvini ed è nato un rapporto professionale», avrebbe raccontato Morisi. La fabbrica della popolarità salviniana, quella che sarà ribattezzata la “Bestia”, inizia a prendere forma.

A Matteo Pucciarelli, autore di Anatomia di un populista, libro dedicato alla storia di Salvini, racconta la genesi: «Salvini aveva l’ambizione di crescere, altri social media manager gli dicevano di puntare su Twitter, io gli dissi che il popolo usava Facebook ».

Un’intuizione che gli vale il titolo di “domatore di consensi”. La parola d’ordine è selfie, le foto che “il capitano”, come lui ribattezza Salvini, si fa scattare accanto ai simpatizzanti leghisti, sulla spiaggia, al mercato, in piazza, con la t-shirt della Polizia… Il ragionamento è semplice. Secondo i suoi calcoli ogni utente di Facebook ha in media 342 amici e così ogni volta che si scatta un selfie e questo viene pubblicato in Rete, il volto di Salvini compare 513 mila nuove volte nel social più popolare. E poi al conto si devono aggiungere Twitter e Instagram. Una pubblicità che, volendola acquistare, richiederebbe cifre mostruose.

La “Bestia” è ingorda, bulimica, deve essere costantemente alimentata. Ci sono 35 persone che 24 ore su 24, sette giorni su sette, cercano “cibo”. Nasce così Diventa portavoce di Salvini: un sistema che permetteva, a chi lo sottoscriveva, di ritwittare automaticamente ai suoi followers tutti i messaggi del segretario. Poi arriva Salvini Leader, un gruppo social pronto a scendere in Rete per amplificare i messaggi leghisti. E, infine, il capolavoro, Vinci Salvini: una gara tra utenti dei social nella quale chi mette più like ai post della Lega vince un incontro con Salvini in persona, una sua telefonata o una foto assieme pubblicata sulla pagina del segretario. Una vera macchina da guerra che, come un rullo compressore impazzito, travolge tutto e tutti. E che adesso rischia di inghiottire anche il suo creatore.



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