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Se non al centro del gioco bianconero – come si sperava in estate – Arthur Melo si conferma al centro delle polemiche. Il tomentone legato alla cena cui ha partecipato mercoledì scorso a casa di Weston McKennie in barba alle norme anti-Covid giunge al culmine di una dieci giorni da incubo iniziata con l’erroraccio che ha innescato il gol vittoria del Benevento.
Il calciatore brasiliano nei giorni scorsi aveva infatti fatto dicutere a seguito del blitz negli Emirati Arabi, effettuato sfruttando i giorni di riposo concessi da Andrea Pirlo alla squadra. Le foto e la storia pubblicate su Instagram hanno raccontato del brasiliano sorridente, ospite dell’amico Saif Ahmad Belhasa nello zoo privato dello sceicco, insieme all’ex calciatore egiziano Zidan. Niente mascherina indossata, peraltro, e sui social si è scatenata puntuale la polemica.

Giunto alla Juventus nell’ambito dello scambio che ha portato Pjanic al Barcellona, Arthur ha inizialmente faticato (ma forse era comprensibile) ad adattarsi al calcio juventino, poi quando ha iniziato ad ingranare ha dovuto fare i conti con l’infortunio che ancora lo limita: una calcificazione membranosa tanto insolita quanto fastidiosa. E soprattutto non ancora risolta del tutto. Stando a quanto filtra dal Brasile, l’ex Barcellona per i prossimi dieci giorni non sarà disponibile: seguirà delle nuove cure nella speranza di evitare l’intervento chirurgico.

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La voglia di derby di Andrea Belotti muove da una fame di successo – la sua e quella del Toro – che oggi dovrà fare il paio con la prestazione in campo. La sfida delle 18 all’Olimpico Grande Torino sarà di importanza capitale per una squadra che non ha tempo e punti da perdere in ottica salvezza. Per il Gallo, fresco di traguardo delle 200 presenze toriniste in campionato, l’occasione di essere finalmente protagonista in una stracittadina.

In campo contro la Juventus non ha mai vinto, raccogliendo 2 pareggi e 10 sconfitte in 12 gare, e la sua ultima rete risale al 4 luglio dello scorso anno nella sconfitta per 4-1 allo Stadium in cui siglò il punto del momentaneo 2-1. Nella testa del centravanti c’è l’intenzione di essere decisivo, non solo per il lavoro in ripiegamento o per la lotta serrata con i difensori avversari, ma anche ai fini del risultato. Non più, quindi, solo gol per dimezzare lo svantaggio o rendere meno amare le sconfitte, ma zampate decisive per la vittoria granata. Il bilancio del capitano è di 3 gol contro i bianconeri, uno dei quali allo Stadium. Il primo è datato 20 marzo 2016 nel 4-1 juventino in cui ha interrotto l’imbattibilità record di Buffon che durava da 974 minuti; il secondo l’11 dicembre 2016 nella sconfitta per 3-1 e l’ultimo, come detto, a luglio scorso.

In generale, nelle ultime sfide in campionato l’apporto di Belotti, sia in termini di gol che di lavoro oscuro, non è stato quello di sempre: l’attaccante non segna da Atalanta-Torino del 6 febbraio, quando il suo gol (respinta dopo il rigore fallito) ha aperto la rimonta granata per il 3-3 finale. A digiuno contro Genoa e Cagliari, ha dovuto vincere anche la personale partita contro il Covid-19, portandosi dietro gli strascichi dell’infezione che hanno inciso sul suo rendimento contro Inter (in cui ha giocato pochi minuti), Sassuolo e Sampdoria. Nonostante la fatica e l’esigenza di recuperare, Belotti – che non contempla la possibilità di rinunciare a dare il suo apporto, al Toro come in Nazionale – ha ritrovato gol e sorriso nella parentesi azzurra. La rete su rigore contro la Bulgaria gli ha permesso di arrivare a quota 11 marcature con l’Italia e gli ha finalmente dato la possibilità di fare il segno della V con le dita. V come Vittoria, la figlia nata proprio nei giorni in cui il Gallo si trovava in isolamento causa Covid-19 e che ha potuto vedere e toccare solo dopo 15 giorni.

Il primo gol alla piccola, Belotti lo avrebbe voluto dedicare con la maglia del Toro, e anche per questo oggi avrà l’occasione per rifarsi nella sfida più importante del campionato: non solo per la rivalità cittadina, ma anche per questioni di attualità di classifica che impongono ai granata di gettare il cuore oltre l’ostacolo e senza fare calcoli. Dalla stracittadina di oggi dipenderà il prosieguo della stagione granata, e in un certo senso anche il futuro di Belotti: con un Toro retrocesso in B, l’addio del Gallo è scontato. Se, invece, la squadra dovesse salvare la categoria, per convincerlo a rinnovare e restare ci vorranno motivazioni e progetti validi.

Intanto oggi il Gallo giocherà in avanti con Sanabria, in un tandem che nella testa di Nicola è ideale per questo Toro (con Zaza, e magari Verdi e Bonazzoli pronti nel caso a subentrare). Per quello che i due hanno fatto vedere nelle occasioni in cui hanno giostrato insieme in attacco è facile pensare che a turno uno di loro possa riempire l’area e l’altro agire più defilato. L’intesa sembra esserci, ma adesso Belotti dovrà santificarla anche con i suoi gol. In proposito, di fronte a se troverà Chiellini, con cui ha condiviso lo spogliatoio fino a pochi giorni fa in Nazionale: in campo nel derby, però, sarà partita vera. Sulle spalle del Gallo, come sempre, il fardello più pesante. Una squadra da guidare in una partita in cui non saranno ammessi errori, e un gol da ritrovare per se stesso e per il Toro. Sognando, al triplice fischio, di festeggiare vittoria e Vittoria.

lvaro Morata lo sa. E’ entrato in una fase in cui c’è concretamente da intervenire per fare in modo che quel «bienvenido a casa» – con cui era stato (ri)accolto dal presidente bianconero Andrea Agnelli lo scorso 23 settembre – non si tramuti in un secco “hasta luego”. Arrivederci. Sia pure con un sentito muchas gracias a latere.
Mentre la Juventus si gioca la permanenza in Champions League, insomma, l’attaccante si gioca la permanenza alla Juventus. E le probabilità che si verifichi la seconda opzione sono strettamente (se non indissolubilmente) legate a a quelle che si verifichi la prima.

In concreto: in quest’ultima parte di stagione Morata deve cercare di riportare i suoi livelli di rendimento ai livelli di inizio annata. E una buona prestazione contro il Toro – tendenzialmente con gol – potrebbe/dovrebbe essere un primo importante passo verso un ridestarsi personale e generale.

C’è un che di paradossale in tutto questo. In questa ripresa di competizioni nostrane, dopo la sosta per le Nazionali. E – quel che è peggio – dopo l’inattesa sconfitta dei campioni d’Italia in carica contro il Benevento, la quale sconfitta ha pr aticamente, se non aritmeticamente, posto fine alle ambizioni di riconferma. Quantomeno alle speranze di tornare in corsa nelle vesti di avversari accreditati anti-Inter. Essì perché oggi si sperava potesse partire il crescendo della svolta, invece la missione è salvare il salvabile. Di paradossale c’è anche il fatto che l’ultimo grande acuto – pure in termini vocali oltre che prestazionali – di Morata, risalga alla doppietta contro la Lazio del 6 marzo.

Al termine della strepitosa rimonta il bomber ex Real e Atletico Madrid ebbe buongioco, sull’onda dell’entusiasmo, a dire: «Tutti aspettano che cadiamo e questa partita era importantissima per mandare un messaggio per tutti gli altri che ci guardano. Noi ci siamo, bisogna pedalare e andare avanti, e finché ci sono punti in palio andremo avanti, fino alla fine». Ribadendo un concetto che pochi girni prima – dopo il match contro lo Spezia – aveva espresso in maniera ancora più spavalda: «Chi non crede nello scudetto non accenda la tv e non guardi le nostre partite, perché noi lavoriamo per vincere». Inutile ricordare che questi due urli di battaglia non hanno avuto particolare seguito pratico: la disfatta con il Porto, negli otattvi di ritorno di Champions League, eppoi il mal evento col Benevento.

Su una cosa, però, Morata aveva ragione. Fino alla fine, vuol dire fino alla fine. Anche se gli obiettivi si sono ridimensionati. Contro il Toro lo spagnolo aveva già avuto modo di essere protagonista nel 2016. Era il 20 marzo e si giocava all’Olimpico. La stracittadina fu ben più combattuta di quanto non lasci presupporre l-4 finale. Nella ripresa il Toro aveva sfiorato il 2-2 , ma lo spagnolo aveva chiuso il match con un gran gol (aggancio di destro e conclusione di sinistro) dettato da un lancio in profondità di Pogba e con una marcatura di rapina, toccando in porta sul filo del fuorigioco su sviluppi di calcio di punizione.

Ecco, una nuova doppietta avrebbe un peso specifico enorme anche per provare a convincere i dirigenti biancneri del fatto che il vero Morata – quello che non deve pagare dazio a causa dei postumi di una pesante influenza virale, come accaduto di recente – val bene anche l’investiment dei 45 milioni di euro di riscatto già pattuitto con l’Atletico Madrid. In alternativa, la Juventus potrebbe scegliere l’opzione di un ulteriore anno di perstito (10 milioni). O di rinunciare a qualsivoglia prelazione e salutare Morata.



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