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Il mercato è chiuso, ma la Juventus un colpo lo aspetta ancora. Nessuna deroga e nessun svincolato. Il rinforzo in attacco per la seconda parte di stagione si chiama Paulo Dybala. Non è un semplice modo di dire. Tra riabilitazioni, acciacchi, infezioni e l’infortunio al ginocchio di inizio 2021 (10 gennaio), Andrea Pirlo ha avuto a disposizione la Joya soltanto per 16 partite e appena 859 minuti tra campionato e Champions League.



Paulo la Supercoppa l’ha vissuta da spettatore e nelle prime tre partite di Coppa Italia non ha mai messo piede nemmeno in panchina. Tanto per rendere l’idea: Gigi Buffon, vice Szczesny di lusso ma pur sempre il secondo portiere, ha giocato solo 109 minuti in meno del numero 10 argentino, sulla carta una primissima scelta in atttacco. Il passato non si può cambiare, quello che conta è il futuro. E Dybala, dopo aver vissuto sei mesi difficili, rivede la luce.

Il 27enne di Laguna Larga – 3 gol tra campionato e Champions – si sente sempre meglio, ma non ha ancora cominciato ad allenarsi con i compagni. Potrebbe riunirsi a Cristiano Ronaldo e Giorgio Chiellini già tra oggi e domani. Dipenderà dalle sensazioni che avvertirà in giornata e dalla scelta che Paulo prenderà assieme a Pirlo e allo staff medico. La Joya ha voglia di tornare protagonista e fosse per lui si convocherebbe già per il big match di sabato contro la Roma. Alla Continassa, però, la prudenza è massima. Dopo aver aspettato a lungo Dybala, si vuole evitare qualsiasi tipo di rischio. Nelle prossime ore si capirà se l’ex Palermo tornerà tra i convocati già per la Roma o se il suo rientro verrà posticipato alla semifinale di ritorno di Coppa Italia contro l’Inter della prossima settimana (martedì 9). Dettagli, a questo punto. L’importante è che Dybala torni a fare il Dybala e non si fermi più. A quel punto potrebbe davvero rivelarsi il classico “colpo” invernale che sposta gli equilibri.

Essere Gigi Buffon significa avere spalle grandi come una montagna. Una vetta raggiunta dopo 1.100 partite da professionista, traguardo tagliato contro l’Inter durante la semifinale d’andata di Coppa Italia, con tanto di bandiera piantata sulla cima.

E con annessi complimenti postati sui social dalla Uefa, che ha riassunto in pillole una carriera ben più gloriosa di quanto possano esprimere i freddi dati statistici: 679 gettoni con la maglia della Juventus, 220 con il Parma, 176 con l’Italia e 25 col Psg.

Non è tutto, perché gli innamorati dei numeri incrementano il bottino con altre 24 partite disputate con le giovanili azzurre, ma non calcolate nei conteggi ufficiali. Di strada ne dovranno fare, i colleghi, per arrivare fin lassù. Perché essere Buffon significa superare ostacoli alla vista insormontabili o comunque portatori di non pochi imbarazzi. Ci ha messo del suo, in occasione del gol del vantaggio nerazzurro siglato da Lautaro Martinez (a tal proposito Gigi rischia un altro deferimento, dopo quello relativo a Parma-Juve, per aver bestemmiato): il pallone non è dei più semplici, il Toro nerazzurro calcia con grande forza all’altezza dell’area piccola, ma le braccia del portiere non reggono l’urto.

E la Juventus, di punto in bianco, si ritrova sotto. La grandezza di un uomo di 43 anni, calcisticamente anziano solo per chi non crede nella sua favola, si misura nella reazione agli eventi sfavorevoli. Ha pescato la carta degli imprevisti, ma l’ha fatta diventare un’imperdibile opportunità di riscatto: la parata su Darmian nella ripresa vale una fetta di finale di Coppa Italia. Buffon è ancora decisivo: si può piegare, ma mai spezzare.

E per la Juventus la sua presenza è preziosa all’inverosimile: risponde sempre in maniera convincente alle sollecitazioni del campo e all’interno dello spogliatoio è un leader amato e rispettato. Dai giovani, dai senatori, da ogni componente dell’ambiente Juve. Come se non bastasse, si è rivelato straordinariamente prezioso per Andrea Pirlo. Giorno dopo giorno lo sta supportando nella missione di vincere (e, perché no, convincere) al primo anno da allenatore bianconero. Parlano la stessa lingua: quella dei vincenti. Così diventa tutto più semplice, come immaginare Buffon ancora in campo nella prossima stagione. Lo deciderà lui, mai così artefice del proprio destino.

Confermato sul luogo del delitto (subìto) di aver cancellato la prestazione pessima e la sconfitta brutta registrate a San Siro con l’Inter il 17 gennaio, la Juventus già dopodomani dovrà ripetersi.
Un po’ il calendario concentrato sia per numero degli impegni sia per il loro livello di difficoltà, un po’ il fatto che la squadra bianconera in campionato si è concessa troppi passi falsi, gli uomini di Andrea Pirlo non potranno minimamente rilassarsi per settimane.

Men che mai nei prossimi 12 giorni, durante i quali li attendono quattro sfide difficili e così importanti da poter determinare la stagione. Di certo il ritorno contro l’Inter di martedì sancirà o meno la possibilità per la Juventus di riconquistare o meno la Coppa Italia. Prima e dopo, però, Chiellini e compagni affronteranno sabato la Roma allo Stadium e il sabato successivo il Napoli al Maradona: scontri diretti che, anche per l’effetto psicologico, possono lanciarli verso una rimonta da Scudetto o imporre loro un nuovo rallentamento che potrebbe essere fatale. Non sarà ancora decisiva la trasferta del 18 febbraio in casa del Porto, ma indirizzerà comunque l’esito degli ottavi.

Solo l’Inter, delle prime sette della classifica, non scenderà in campo nei tre giorni di coppe, e potrà iniziare a sfuttare il lato positivo del fallimento europeo. Prima però dovrà sudare perché la trasferta di domani a Firenze, quella di coppa in casa della Juve e poi il confronto di San Siro con una Lazio in crescita e più fresca, non avendo la Coppa Italia, saranno prove molto dure. Situazioni di cui potrebbe approfittare il Milan, che ha avuto una settimana per preparare la partita con il Crotone e poi ne avrà un’altra per la trasferta di La Spezia, prima di pensare alla Stella Rossa. Anche Roma e Lazio non hanno la Coppa Italia, ma una trasferta difficile a testa, con Juve e Inter, prima degli impegni europei. Condividono con la Juve i quattro impegni in 12 giorni il Napoli e l’Atalanta, che mercoledì si sfideranno nel ritorno di Coppa. Prove di campionato più agevoli per i nerazzurri, che però devono pensare al Real Madrid, mentre il Napoli al Granada.

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La famiglia, gli amici, i compagni bianconeri e qualche ex, la Juventus, le istituzioni del calcio nazionale e internazionale ma, soprattutto, i tifosi. Tanti, tantissimi hanno inondato il web per mandare un messaggio di augurio a Cristiano Ronaldo, fresco 36enne. In molti hanno indossato la maglia numero 7 per il selfie di rito, i più fortunati hanno potuto postare la foto che li immortala insieme con il marziano. Un grande abbraccio virtuale al fuoriclasse portoghese che stasera vuole farsi un regalo. Quale? Beh, non è difficile immaginarlo, vuole segnare (la doppietta in Coppa Italia di martedì all’Inter non vale perché non si festeggia in anticipo) un gol contro la Roma visto che è rimasto a secco negli ultimi tre turni di campionato. Un gol per incrementare l’incredibile bottino di 762 reti in carriera.

Ma il regalo più grande CR7 lo ha fatto ai tifosi con una foto da casa, circondato dalla compagna Georgina e dai figli, intento a festeggiare tra palloncini e torta, e un lungo post di ringraziamenti su Instagram nel quale fa una promessa: «Non darò mai meno del 100% in campo». E c’è da credergli. L’incipit è sul tempo che scorre veloce: «36 anni, incredibile! Sembra che tutto sia iniziato ieri, ma questo viaggio è già pieno di avventure e storie da ricordare – scrive -. Il mio primo pallone, la mia prima squadra, il mio primo gol. Il tempo vola! Da Madeira a Lisbona, da Lisbona a Manchester, da Manchester a Madrid, da Madrid a Torino, ma soprattutto dal profondo del cuore al mondo ho dato tutto quello che potevo, non mi sono mai risparmiato e ho sempre cercato di dare la migliore versione di me». CR7 ha regalato emozioni, i tifosi lo hanno ricambiato con un’incredibile affetto. «Mi avete dato amore e ammirazione, presenza e sostegno incondizionato – sottolinea -. E per questo non sarò mai in grado di ringraziarvi abbastanza. Non avrei potuto fare a meno di voi. Mentre festeggio il mio 36° compleanno e il mio 20° anno da professionista mi dispiace non potervi promettere altri 20 anni di questo genere. Ma quello che posso promettervi è che finché giocherò non riceverete mai meno del 100% da me! Grazie ancora, significa molto per me e tutti voi avete un posto speciale nel mio cuore».

Pensieri profondi, che chiudono una giornata intensa iniziata con gli auguri di Georgina e dei figli, poi la telefonata di mamma Dolores («Il mio desiderio è che tutte le madri abbiano figli con carattere, umiltà e gratitudine e che onorino i loro genitori come fai tu» ha scritto su Instagram) e della sorella Katia, che riporta sui social un estratto del suo diario del 2005, due settimane prima della morte del papà, e spiega il motivo della scelta: «Oggi hai 36 anni e ho ricordato il passato di un’unione familiare che dura, dell’amore che è stato costruito sulle lacrime delle lotte che soltanto noi conosciamo».

Da Arthur a Pinsoglio, da Morata a Cuadrado, da Danilo a Demiral, poi ancora Dybala, Frabotta, Bernardeschi, tutti i compagni bianconeri si sono stretti attorno a CR7. E Buffon trasforma il saluto a Cris in un Crisssiiuu, come l’urlo della sua esultanza. Dall’estero arrivano gli auguri di due ex bianconeri, Douglas Costa e Miralem Pjanic, di Marcus Rashford, attaccante del Manchester cresciuto nel mito di CR7, e di Rio Ferdinand, suo ex compagno ai tempi dello United. L’ex difensore pubblica un video ricordo risalente a quattordici anni fa di lui insieme con Cristiano e Anderson durante un’intervista in cui, alla domanda “chi è il giocatore più forte di tutti i tempi”, il giovane CR7 ha la faccia tosta di dire “io”.

Hanno omaggiato Cristiano anche la Serie A, la Liga e la Champions League, che ha postato un video con i suoi gol più belli, compresa la rovesciata di tre anni fa rifilata alla Juventus allo Stadium, con la standing ovation del pubblico bianconero, nella nottata in cui è scoccata la scintilla tra il penta Pallone d’Oro e il club di Andrea Agnelli. Ma anche la Juventus, sul sito ufficiale e in tutti i social, ha celebrato il suo numero 7. «Quando anche l’impossibile sembra facilissimo» scrive ricordando i numeri del fenomeno, i 4 trofei vinti in poco più di due annate in bianconero, le 15 reti in 16 partite in Serie A per un totale di 22 in 23 gare in questa stagione.

Non mancano gli auguri di due amici cari a CR7, quelli di Miguel Paixao, con cui ha condiviso pallone, storia e vita fin dai tempi della loro militanza nello Sporting Lisbona, e di Ricardo Regufe, che scrive: «Sei una vera ispirazione per tutti noi! Un giorno quella testolina dovrà essere oggetto di studio per poter capire dove andrai a cercare tutta questa energia contagiosa, la passione che hai in tutto ciò che fai, quella resilienza e capacità di superare e tante altre cose che non posso scrivere qui…».

Dall’Inter all’Inter. In poco più di due settimane la Juventus vista (in tv) a San Siro è sembrata davvero un’altra squadra. Messa sotto nel punteggio e nel gioco il 17 gennaio nella gara di campionato, reattiva, brillante e vincente il 2 febbraio, prima semifinale di Coppa Italia. Certo, non si possono regalare uomini del calibro di Cuadrado, De Ligt, Alex Sandro, Dybala, e neppure di Hakimi e Lukaku; stiamo però parlando di rose ben assortite e competitive, in grado di sopportare assenze e defezioni. Martedì scorso Andrea Pirlo ha rinunciato a Szczesny, Bonucci, Chiellini (il ritrovato guerriero), Chiesa, Arthur (che si è preso le redini del centrocampo), oltre al lungodegente Dybala.

Non può dunque essere solo una questione di formazioni, è accaduto dell’altro, a cominciare dalla consapevolezza di un gruppo che appare più solido di partita in partita, unito come non si vedeva da tempo, né l’ultimo anno di Allegri né tantomeno la scorsa stagione in cui l’ex inquilino della panchina riuscì a compiere il “miracolo” di una frattura con la squadra fin dal pre-campionato.
In questa Juve corrono tutti, si sacrificano, si mettono a disposizione della squadra. Accanto a “vecchietti” e fuoriclasse si esalta il vigore atletico e la voglia dei più giovani. Basterà per vincere? Non è detto e non è affatto scontato l’esito del retour-match del 9 febbraio sempre contro i nerazzurri, pochi giorni dopo l’impegno cruciale con la Roma. Nel frattempo, la Champions League si avvicina.

Quest’anno non è solo questione di innata, obbligatoria, competitività. Vedere Bonucci assatanato in panchina a incitare i compagni (ormai è chiaro, Leo19 ha un futuro da allenatore), CR7 pur contrito per la sostituzione nel finale subito pronto ad allertare la mediana a protezione della difesa, Cuadrado uomo ovunque e ovunque decisivo, l’esultanza del Maestro, l’abbraccio di tutto lo staff al triplice fischio, significa che il gruppo c’è, convinto dei propri mezzi, cresciuto in autostima e qualità del gioco. Poche parole, infine, vorrei spenderle per il soldato Bernardeschi, spesso preso di mira dalla critica che gli rinfaccia di aver perso lo smalto dei primi tempi in bianconero. Chi sa di calcio ne avverte lo spirito di sacrificio tattico e, al contempo, si sarà accorto di che fine psicologo sia Andrea Pirlo. Insiste su Berna per non perderlo. E pensare che qualcuno lo ha liquidato come allenatore di poca esperienza.

Il fattore C è importante, si sa. Anche per la Juventus. Il fattore C più importante per i bianconeri però non è la fortuna. E’ quello in cui la C sta per Chiellini. Aver ritrovato il capitano, dopo una prima parte di stagione tormentata dai guai muscolari e dopo averlo perso per tutta la scorsa annata per l’infortunio al crociato del ginocchio destro, per la Juventus il suo ritorno in campo con continuità nel 2021 è stato il vero acquisto di gennaio.

Unico ad aver vinto tutti e nove gli Scudetti consecutivi, rappresenta lo spirito del ciclo vincente assieme a Gigi Buffon e Leonardo Bonucci. Rappresenta, anzi, in toto lo spirito della Juventus, nella cui storia ultracentenaria è uno dei soli cinque ad aver giocato più di 500 partite (521). Uno spirito che con lui in campo, allenamento o partita, passa per osmosi alla squadra, alzandone soglia d’attenzione e aggressività. «Abbiamo ritrovato Giorgio» è stato uno dei fattori che Andrea Pirlo ha indicato alla base dell’accresciuta solidità difensiva nel nuovo anno. Un miglioramento in cui Chiellini ha pesato non solo come leader, ma anche come difensore puro. Purissimo, come traspare dalle parole rilasciate a So Foot: «Mi piace molto vincere un duello.

Quando blocco un tiro o salvo un gol, ho una scarica di adrenalina. Il gol al Barcellona nei quarti di finale di Champions League nel 2017 mi ha dato molta meno soddisfazione di aver impedito a Harry Kane di segnare all’89’ contro il Tottenham agli ottavi nel 2018. Dopo c’è stato anche l’abbraccio con Buffon e Barzagli. Un momento forte». Come i duelli con Ibrahimovic: «Devo trovare un rivale per dare il meglio. Stimo molto Zlatan, ci rispettiamo.

Eravamo compagni nella mia prima stagione alla Juve. È diventato nemico assoluto passando all’Inter, poi semplice avversario al Milan o in Nazionale. Mai avuto paura di affrontarlo, mai fatto un passo indietro». Anzi: «Ho una sorta di sdoppiamento della personalità: sono piuttosto timido e riservato, ma in campo sono capace di tutto pur di vincere». E’ uno dei suoi segreti, l’altro è il pessimismo: «Per vincere i duelli con gli attaccanti bisogna prevedere il peggio. È il prezzo riservato ai giocatori “normali” come me o Barzagli. Attenzione, Andrea è stato un gradissimo difensore, ma noi non abbiamo le qualità da fuoriclasse di Sergio Ramos o Virgil van Dijk».

Ha qualità da dirigente, però, che prima o poi metterà al servizio della Juventus al posto di quelle da calciatore («Ritirarmi in uno stadio vuoto? Senza tifosi non è calcio, mancano le emozioni. Ma purtroppo bisogna adattarsi»). E quando succederà aiuterà Andrea Agnelli nel suo progetto di riforma: «Cinque anni fa dissi al presidente che speravo di giocare ogni settimana contro Barça, Real, Psg, Bayern… Per un calciatore di alto livello è il massimo. Spero di vedere dei cambiamenti importanti. Con, forse, un nuovo format della Champions. Bisogna migliorare il prodotto-calcio. Con il Covid, siamo in una impasse pericolosa: la crescita ha lasciato posto all’incertezza». E un difensore incertezze non può permettersene.

La sfida Ronaldo-Mkhitaryan, il confronto tra la giovane difesa giallorossa e quella esperta juventina, quello tra i due tecnici Fonseca e Pirlo. Ok, Juventus-Roma è anche questo. Ma non solo. Perché il match di domani avrà uno dei duelli capaci di spostare l’inerzia della gara sulle fasce. Anzi, perlopiù sulla fascia mancina giallorossa e destra bianconera. Da un lato Spinazzola, dall’altro Cuadrado: due frecce a confronto.

Soprattutto per il nazionale azzurro non può essere una partita come le altre. E non solo per lo status da ex. La partita dell’andata, conclusa 2-2, viene ricordata dal laterale come il più grande rimpianto di questo campionato: «Una gara buttata – ha spiegato ieri in un’intervista al canale telematico del club -. Avevamo i tre punti in pugno. Avevamo il controllo del match, ci siamo mangiati due o tre gol. Potevamo chiuderla e non l’abbiamo fatto. Il colpo di testa di Ronaldo è arrivato a difesa schierata». Non ha tutti i torti. Il pareggio subito con la squadra di Pirlo ridotta in 10 (espulso Rabiot), dopo aver fallito diverse occasioni (clamorosa quella di Dzeko davanti a Szczesny) suonò come una beffa.

Il paradosso è che, proprio da quella gara, si è avuta la sensazione che il ruolo della Roma in questo campionato potesse essere da vertice. I risultati lo confermano: terzo posto, con il terzo miglior attacco del torneo dopo Inter e Atalanta. E molto di questa innata propensione offensiva arriva dalle fasce. Anzi, dalla fascia di competenza di Spinazzola. L’ex juventino sinora ha disputato 17 partite, per un totale di 1.430’, segnando un gol, confezionando 3 assist e, quello che più conta, creando 22 occasioni da rete e dispensando 12 passaggi-chiave.

Nel 3-4-2-1 disegnato da Fonseca, Spinazzola cerca la linea di fondo più di Cuadrado (52 cross contro i 34 del colombiano), anche se spesso e volentieri Mkhitaryan si allarga proprio dal suo lato, inseguendo la giocata vincente. Gli assist a Mayoral (Crotone) e Dzeko (Bergamo) sono la dimostrazione. Se dunque la Juventus di Pirlo pende a destra, la Roma normalmente lo fa sinistra anche se, proprio in assenza del nazionale azzurro (contro Cagliari, Sampdoria e Crotone), il tecnico portoghese ha ritrovato nelle ultime partite un Karsdorp sempre più coinvolto nella manovra (già 4 assist). Terzini sì, ma allo stesso tempo ali per una squadra – la Roma – che aveva le ali “pure”, decidendo di sacrificarle nel mercato estivo (Under, Perotti e Kluivert ceduti).

Una rinascita, quella di Leonardo, in piena regola. Nell’ultimo turno, è risultato secondo per velocità massima toccata in campo (34.01 km/h). Meglio di lui solo Sottil del Cagliari, con 34.72 km/h. Le (continue) noie muscolari sembrano ormai un lontano ricordo. E molto lo deve ai…denti. Sì, in particolare al suo dentista. È stato lui a spiegarlo qualche settimana fa: «Non avevo mai iniziato così bene la stagione in carriera. Il segreto? Il dentista, mi ha cambiato la vita con un bite».

Una rivelazione che ha stupito tutti, compreso l’ex compagno Petagna che, in diretta con lui su Sky, ha dato vita a un siparietto divertente. C’è però da prenderlo sul serio, vista la continuità di prestazioni che è riuscito a ottenere, dopo aver sofferto per tanti anni con problemi muscolari, tanto da convincere l’Inter tredici mesi fa a bloccarne il trasferimento. Si tratta di un apparecchio invisibile posto sull’arcata inferiore, che ha permesso al calciatore di calibrare l’occlusione e di riequilibrare le articolazioni. Così oggi Spinazzola è tra i migliori terzini per rendimento della Serie A. E uno dei pochi, già sicuro di partecipare ai prossimi Europei.



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