Zecchino d’Oro torna in tivù con Francesca Fialdini



Lo Zecchino d’Oro torna in tivù con la sua 64a edizione. Il primo weekend di dicembre (da venerdì 3 a domenica 5) si esibiranno 17 piccoli solisti provenienti da nove regioni d’Italia. Con canzoni che (per la prima volta) circolano su tutte le piattaforme social da fine settembre. Su RaiUno, con la direzione artistica di Carlo Conti, i bambini canteranno, insieme al Coro dell’Antoniano, testi scritti anche da Claudio Baglioni e Flavio Premoli della PFM. Ma quanti sono i giovanissimi artisti che hanno debuttato allo Zecchino? Si contano 1.067 solisti dalla prima edizione, nel 1959, a oggi. Anche quest’anno le bambine spopolano e la selezione è stata effettuata attraverso video-esibizioni.



A RITMO DI RAGGAE

«Più che la pandemia, i bambini cantano la voglia di stare insieme, di far festa ogni volta che si sta con la famiglia o con gli amici. Si tratta di brani propositivi, che parlano di attualità e di futuro: dei cancelli della scuola che finalmente si sono riaperti, ma anche di ecologia e riciclo. Per esempio, si racconta la seconda vita delle cose nella canzone Bartolo il barattolo» racconta Sabrina Simoni, direttrice del Coro.

L’attualità si fa sentire anche nei ritmi. Dal reggaeton di Raggaetonno al rap di NG New generation. E poi, ci sono testi densi di emozioni. «La piccola Zoe dedica una canzone al Superbabbo, Veronica intona una ballata dolce per entrambi i genitori con Ci sarà un po’di voi e Leo racconta l’attesa del fratellino in Una pancia. Musicalmente ce n’è per tutti i gusti e mi aspetto che quest’anno qualcuno del pubblico si metta a cantare con i ragazzi, dal momento che i brani circolano da settembre sui vari canali» continua la direttrice.

UN GRUPPO DI “VECCHIONI”

Lo Zecchino d’Oro quest’anno, con tante novità, ci ricorda che è passato tanto tempo dai primi successi. La canzone II caffè della Peppina compie 50 anni e, se tantissimi la ricordano ancora, sembrano passate ere geologiche da quei tempi. «Mi consigliò di fare il provino la mia maestra dell’asilo» racconta Simonetta Gruppioni, 55 anni, di Sala Bolognese (Bo). «Era il 1971 e avevo quattro anni e mezzo. Mariele Ventre mi chiese di cantare una canzone dello Zecchino, ma non ne conoscevo nemmeno una.

Allora mi domandò il mio brano preferito: ascoltò Garibaldi fu ferito e mi prese per il Coro dell’Antoniano. Ci restai per otto anni. Ma quell’anno successe una cosa unica: poco prima di andare in onda arrivò dal Ministero l’invito a non far cantare da soli i bambini, per evitare il rischio di trasformare i solisti in piccoli divi. Così, li affiancammo noi del coro. Questa è la ragione per cui io avevo la divisa del Coro mentre cantavo con Marina D’Amici II caffè della Peppina.

Adesso, non riesco a guardare le edizioni dello show, perché a quell’ora lavoro. Ma quando mi capita di vederlo penso a quanto eravamo ingenui e diversi noi bambini di allora e a quanto fosse differente anche la tivù. Allora settimana e poi tutti i sabati e le domeniche andavo in giro a cantare. Siamo stati persino in Israele! La donna che sono oggi è il risultato di quell’esperienza fatta in gruppo, dei sacrifici dei miei genitori. Per quanto mi riguarda, fare parte di un coro è un stato valore aggiunto alla mia vita, mi ha insegnato l’amicizia e il senso di responsabilità. Quando avevamo intorno ai 10/12 anni Mariele ci congedava dal Coro perché eravamo diventati “vecchioni” (come diceva lei). E sa cosa abbiamo fatto? Quattro anni fa ci siamo riuniti in una trentina e abbiamo creato! Vecchioni di Mariele, un gruppo con cui andiamo negli ospedali e nelle chiese a cantare le canzoni dell’epoca con gli stessi arrangiamenti. Lo facciamo per beneficenza ed è un’esperienza davvero bellissima».

NELLE CASE DI TUTTI

Un racconto di Simonetta, oggi mamma di un 34enne che «ha superato da piccolo le selezioni per il Coro con Mariele, ma ha preferito andare a giocare a calcio», parla di un tempo lontano. «In passato le canzoni dello Zecchino entravano nelle case di tutti. Non a caso, sono conosciute anche dai bambini di oggi. Quell’evento era uno dei pochi appuntamenti di svago in tivù per molte famiglie, ‘era un’atmosfera molto diversa rispetto a oggi. Se rinascessi rifarei tutto e continuerei forse anche con la musica. Il segno tangibile che ha lasciato II caffè della Peppina nella mia vita? Ho sposato un barista» conclude ridendo. Allora quest’anno non resta che prepararsi bene per lo Zecchino, magari ripassando per bene qualche classicone dell’Antoniano. Per esempio, che ne dite di Volevo un gatto nero?



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