Eleonora Daniele ultime notizia: età figli, marito, fratello e vita privata



Accade ogni notte, da quasi due anni a questa parte. Da quando è nata Carlotta, Eleonora Daniele si sveglia nel cuore del sonno, si avvicina al suo lettino e le sfiora il pancino, per sentirlo vibrare al ritmo del cuore. Solo così, tranquilla, torna a riposare.



«Essere diventata mamma mi ha resa più forte, ma allo stesso tempo più insicura. Con lei è cresciuto l’amore, ma sono aumentate anche apprensione e paura. Ami talmente tanto che temi possa accadere qualcosa che spezzi questo incantesimo meraviglioso che è il legame tra una madre e il proprio bambino.

È irrazionale, lo so, ma per me è così. E dire che non pensavo nemmeno di avere un forte istinto materno. Vedi come ti sorprende la vita?». Ed è un’incantevole sorpresa di primavera vedere la conduttrice passeggiare nel parco tenendo la mano della sua signorina: una meraviglia che il prossimo 25 maggio soffierà su due candeline rosa confetto.

T’ha cambiata l’arrivo della bimba? «Mi ha resa più donna, mi ha fatto diventare più bella, in senso lato, intendo. La bellezza è la proiezione di ciò che senti dentro, è una luminosità che si percepisce allo sguardo e che arriva dallo spirito. Lei ha sprigionato tutto questo. E poi è riuscita a cambiare la mia concezione del tempo, ad annullare qualsiasi forma di egoismo». In che senso? «Quando non lavoro, tutto ciò che resta della giornata è per lei.

Prima di averla c’ero io, le mie passioni, le mie necessità, per certi versi ero quasi egoista e nemmeno mi accorgevo di esserlo. Da quando è arrivata, Carlotta e la famiglia sono il centro di tutto. E poi grazie a lei ho lasciato riaffiorare i miei lati più delicati».

Quali, per esempio? «Quelli che emergono poco quando lavoro e ho un atteggiamento più professionale, perfezionista, sul pezzo, ma tanto ci vuole per gestire i temi sociali e di attualità che affronto a Storie Italiane. Carlotta ha riacceso la parte più dolce e generosa della mia anima, mi ha restituito il piacere di commuovermi davanti a un suo sorriso, al suono della sua voce che mi chiama “mamy”, ai suoi progressi e ai piccoli traguardi. Per una che non pensava nemmeno di diventare madre, questa inversione di tendenza è spiegabile solo con il miracolo dell’amore».

Ti piacerebbe moltiplicare la gioia, darle magari un fratellino? «Il desiderio c’è, non lo nego. Mi piacerebbe non lasciarla da sola, farle capire quanto è bello crescere avendo compagnia, e io lo so bene: la mia vita non sarebbe la stessa senza le mie due sorelle e Luigi, mio fratello, che ora non c’è più. Ma alla fine bisogna fare i conti con il tempo che passa e che è troppo poco per gestire tutto. Perciò dico che se dovesse arrivare un fratellino sarei felicissima. Con naturalezza, però, come è stato per lei, senza pensare che debba accadere a tutti i costi. Sono già molto felice della famiglia che abbiamo».

Che avete costruito tu e Giulio Tassoni, al quale sei legata da 19 anni. Di lui si sa poco: che uomo è? «Giulio è molto preciso, brillante, intelligente, non ama apparire, è un gran lavoratore, ed è un ottimo papà, molto attento, e anche un ottimo marito». E Carlotta che bimba è? «Ha personalità, è decisa e sa quello che vuole. Parla molto, mangia tutto, conosce già i numeri in inglese, le lettere dell’alfabeto, ama ballare e le scarpe e i vestiti da indossare li vuole scegliere lei. Io ho un temperamento forte, ma lei mi batte e, per certi versi, mi comanda». Come ti rapporti a lei? «Cerco di stimolarla, accederle la curiosità, insegnarle qualcosa ogni giorno.

E lei, senza saperlo, fa lo stesso con me». Cosa ti insegna? «A costruire il nostro percorso insieme, con presenza, costanza e dedizione. Senza rimandare, senza perdere tempo, senza sprecarlo». Il valore del tempo è un argomento che hai a cuore. Sbaglio? «È così. E lo sento ancora di più dopo la morte di mio fratello Luigi, avvenuta nel 2015. Era affetto da autismo, non parlava, ma comunicava amore attraverso gli sguardi e i sorrisi.

La sua scomparsa mi ha fatto capire che il tempo scorre troppo velocemente per rinviare, per sprecare le occasioni di condivisione. Ora so che la presenza è importante, che non basta dire: ci sono. Bisogna esserci per davvero, ricordandosi di fare tesoro di ogni istante». La storia di Luigi è racchiusa nel tuo libro Quando ti guardo negli occhi. È stato liberatorio scriverlo? «Liberatorio, ma non facile. Mi è costato notti di pianto perché ricordare è un po’ rivivere.

E fa male, ma ne è valsa la pena. Se queste pagine possono essere di aiuto a chiunque viva una realtà come quella di Luigi, ne sono felice. Penso a lui ogni giorno, è come se lo sentissi vicino». Racconterai di lui a Carlotta? «Certo. Perché Luigi era speciale e poi perché voglio che lei conosca il mondo, in tutte le sue sfaccettature. Crescere un figlio è una missione importante e io voglio farlo aprendole gli occhi su ciò che la circonda e sul futuro. Da costruire passo dopo passo e che mi vedrà, come nelle foto scattate per voi, sempre al suo fianco».



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