Lo zio di Serena Mollicone dopo l’assoluzione dei Mottola: “Meschinità, non ci arrenderemo mai”



Dopo 21 anni, Antonio Mollicone, zio di Serena, ha condannato la sentenza di primo grado che ha assolto tutti gli imputati come “meschinità”.



Antonio Mollicone, zio di Serena e fratello di Guglielmo, ha espresso il suo dolore per l’assoluzione della famiglia Mottola avvenuta ieri. È convinto che la famiglia continuerà a lottare per trovare la pace di Serena, anche a costo di viaggiare per il mondo. Ieri si è svolta l’udienza della Corte di Cassazione del Tribunale di Cassino nell’ambito del processo per l’omicidio della 18enne di Arce, uccisa e abbandonata in un bosco nel 2001. Nessun colpevole è stato ancora identificato per questo crimine.

Secondo Antonio Mollicone, la veridicità del verdetto dei giudici è diversa da quanto affermato dall’organismo, dalle dichiarazioni degli scienziati e da quelle di istituzioni e persone oneste: “Serena non è stata uccisa, è stata ferocemente massacrata e crudelmente trucidata con gioia sfrenata e perversa”, ha dichiarato davanti alle telecamere. È un peccato che, dopo 21 anni di lotta, dobbiamo affrontare questa meschinità. Continueremo, perché crediamo che Serena sia stata uccisa, non assassinata, e che le persone siano state ripugnanti nell’abbracciare, stringere mani e rallegrarsi per quello che considerano un grande trionfo. Non ci arrenderemo mai”.

Tutte le persone accusate dell’omicidio e dell’occultamento di Serena Mollicone sono state assolte in seguito alla sentenza di primo grado. Oltre alla famiglia Mottola – Franco, Marco e Anna Maria – accusata di omicidio e occultamento di cadavere, sul banco degli imputati c’erano anche il maresciallo Vincenzo Quatrale, che secondo l’accusa avrebbe istigato il brigadiere Santino Tuzi al suicidio, e il carabiniere Francesco Suprano, accusato di favoreggiamento. Anche questi ultimi due imputati sono stati assolti. All’udienza erano presenti anche i genitori di Marco Vannini, Marina e Valerio, in segno di sostegno alla famiglia e come simbolo dei genitori di Serena, morta nell’incidente.



Lascia un commento