Serena Rossi racconta l’Italia contadina degli anni Sessanta



Questo articolo in breve

Mentre passa di successo in successo, l’attrice napoletana apre il suo cuore di mamma: «Un genitore insegna più con l’esempio che con le parole. Mio figlio Diego mi ama nella mia interezza di mamma che lavora e così per lui un domani verrà naturale rispettare una donna». «Per mia nonna il segreto dell’amore era la pazienza. Con gli uomini ce ne vuole tanta…».



Determinata dolcezza: così chi ci lavora accanto sin da quando era poco più che bambina descrive Serena Rossi. La ragazza della porta accanto diventata diva a suon di fiction, a partire da Un posto al sole dove ha trovato anche l’amore nel suo collega Davide Devenuto. Ma lei lo show ce lo ha nel Dna.

Il nonno era paroliere di Mario Merola, sua madre Patrizia una delle prime speaker delle radio private a Napoli, suo padre Renato sognava il Conservatorio ma i genitori non erano d’accordo e si è accontentato di accompagnare alla chitarra Serena bambina, che a ogni festa di famiglia acchiappava un microfono e cantava.

Che oggi Serena centri un successo dietro l’altro sembra scontato. Solo negli ultimi mesi è stata madrina alla Mostra del cinema di Venezia, in prima serata nella fiction con Mina Settembre e poi con Roberto Bolle la sera del 1° gennaio a Danza con me”. Adesso su Rai Uno ci riporta nell’Italia rurale degli anni ’60 con La sposa, dove è Maria, arrivata dalla Calabria in Veneto dopo aver accettato, per il bene della famiglia, un matrimonio per procura.

Perché questo tuffo nel passato? «Perché nella dolcezza e tenacia di Maria c’è tanto di me, delle nostre nonne, che in silenzio e nell’ombra hanno davvero cambiato l’Italia. Perché mia nonna è mancata mentre giravo e a lei ho dedicato questa serie che parla del nostro passato, ma anche del nostro futuro: se non vedi da dove vieni non sai dove andrai. Si parla di persone semplici, ma di grande dignità, capaci di accogliere chi è diverso, come è diversa all’inizio Maria.

Perché a volte sono diversa io, che mi dicono sono troppo buona. Ma voglio difendere questo sguardo fanciullesco sul mondo. Come Maria, penso che si possano cambiare le cose senza alzare la voce. Lei subisce maschilismo, razzismo, in silenzio, non perché è debole, ma perché è più forte di questo. Di solito non amo mischiare i lavori. Ma avevo letto questo copione mentre facevo Mina Settembre e ho subito urlato: “Sì, voglio farlo!”.

Anche per raccontare ai ragazzi, a mio figlio, quali sono le nostre radici, chi sono state le nostre nonne, quanta strada ci hanno fatto fare. Tanto che oggi sarei fiera di avere un presidente della Repubblica donna. Come sono fiera di essere una donna e di crescere un figlio che domani rispetterà le donne»

E come si fa a crescere un uomo che amerà davvero le donne? «Un genitore insegna più con l’esempio, credo, che con le parole. Anche il fatto di essere una mamma – che lui ama tantissimo -, ma una mamma che lavora, penso lo porterà a rispettare e ad amare una donna nella sua interezza, nel suo essere tante cose insieme. Come il papà Davide, che è cresciuto in un ambiente molto femminile».

Per interpretare Maria si è cimentata nella vita dei campi? «Di tutto ho fatto! E per me, che non sono tanto fisica, non è stato facile: ho falciato il grano e il giorno dopo avevo le mani pieni di graffi, ho munto una mucca, volevo che le mani fossero le mie, pure il trattore ho guidato e mi sono buttata in un fiume vestita».

Un insegnamento di sua nonna, delle nostre nonne, che le è ritornato in mente? «Mi viene in mente quando chiedevo a mia nonna: “Come fai a stare con nonno Emilio da 63 anni?” e lei mi diceva: “Ci vuole tanto amore… e pure tanta pazienza”. Ecco, ce la siamo un po’ persa la pazienza, alla prima difficoltà ci arrabbiamo, cambiamo strada. Invece, soprattutto con gli uomini di oggi, ci vuole tanta pazienza. Noi abbiamo corso in avanti, loro non sempre riescono a starci dietro».



Lascia un commento