“Tua madre è una Put***”: stalker vandalizza la tomba della figlia della sua vittima, condannato



Tra il 2019 e il 2020, l’uomo ha molestato la sua ex di persona e online, lanciandole insulti come “cagna”, “put***” e “c***o”. L’uomo ha sfigurato la ragazza nella foto e ha inciso un chiodo su una panchina di cemento davanti alla tomba della sua famiglia due anni dopo, con conseguente arresto. Ieri l’uomo è stato condannato per aggressione di primo grado, con conseguente sospensione della pena e 5.000 euro di risarcimento danni.



È un caso di violenza, il racconto di un uomo incapace di accettare la fine di una relazione e la storia di una madre talmente spaventata da non riuscire ad andare ad annaffiare da sola la tomba della figlia morta nel 2017, una donna di Villanova d’Asti. In Calabria, l’uomo ha perseguitato la sua ex fidanzata Elisabetta per anni prima che lei si rivolgesse ai Carabinieri. Dopo la loro rottura, lei non ha più voluto vederlo o parlargli, ma lui ha continuato a molestarla per telefono e attraverso i social media, insistendo sul fatto che dovevano stare insieme e avvertendola di non frequentare altri uomini, contattando anche l’altro figlio.

La donna ha affermato che lui si sarebbe presentato senza invito e senza preavviso davanti a casa sua, sarebbe salito sulla sua auto e l’avrebbe chiusa fuori, impedendole di entrare.

L’elenco delle persecuzioni messe in atto dall’uomo è lunghissimo: “Mentecatta, hai problemi mentali – così le scriveva su Whatsapp e su Facebook – dobbiamo vederci, se volevo farti del male l’avrei già fatto, non rompere i coglioni, mi fai ribrezzo, vai insieme al tossico sporco e fatto del tuo amico… che schifo, str**”; e poi il profilo falso dal quale la insultava sui social, insultando il nuovo compagno e ridicolizzando il dolore della donna per la perdita della figlia, e anche la violenza fisica: a gennaio 2020 l’agguato al cimitero, quando l’ha presa per entrambe le braccia con la forza e l’ha stretta a sé contro la sua volontà.

“Faticavo a credere nella giustizia – racconta Elisabetta – per questo non ho denunciato subito, mi ha perseguitato per molto ma poi, grazie al brigadiere Lampis della caserma di Villanova ho trovato il coraggio di denunciare tutto. Ho ricevuto tanto male e non voglio fare del male, tante volte ho lasciato stare, mi hanno obbligato i carabinieri della caserma, il brigadiere mi ha detto ‘lei non esce di qui se non fa denuncia signora’, con la condanna mi è caduto il mondo addosso“.

Caterina Biafora, avvocato di Elisabetta

“La cosa che mi ha sorpreso – spiega Caterina Biafora, avvocato di Elisabetta – è che il giudice, anche se l’imputato è stato condannato e ha confessato i fatti, ha ritenuto non necessario mantenere la misura cautelare del divieto di avvicinamento. A mio parere, credo che alla luce delle sofferenze che la signora ha subito, la somma di 5000 euro non sia congrua. Dopo aver letto le motivazioni valuteremo l’impugnazione della sentenza eventualmente anche sotto questo profilo. Io sono terrorizzata per Elisabetta, ho paura che questa persona, con tutto quello che ha fatto in passato, possa ripresentarsi sotto casa di Elisabetta e reiterare le stesse condotte o fare di peggio”.

Adesso Elisabetta ha paura per la sua incolumità: “Spero che se ne stia buono per i fatti suoi – racconta a Fanpage.it – non abbiamo avuto la giustizia che speravamo sia io che l’avvocato, non è stato costretto a un percorso psicologico, è una persona violenta che deve essere aiutata“.



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