Proteste alla Scala contro la partecipazione della soprano Anna Netrebko, accusata di vicinanza al regime di Putin, mentre manifestazioni parallele agitano Milano.
La Prima del Teatro alla Scala di Milano, prevista per questa sera con la rappresentazione dell’opera “La Forza del destino”, ha scatenato polemiche e proteste. Al centro delle contestazioni c’è la presenza della soprano russa Anna Netrebko, accusata dalla comunità ucraina e da altri gruppi di essere una sostenitrice del regime di Vladimir Putin. I manifestanti si sono radunati fuori dal teatro per esprimere il loro dissenso e denunciare il ruolo della cantante, definendola “complice di Putin, che ha mandato a morire centinaia di migliaia di russi in una guerra folle”. Secondo gli organizzatori della protesta, Netrebko sarebbe stata utilizzata da Mosca come “strumento di propaganda politica” a sostegno delle ambizioni imperiali del Cremlino.
Tra i gruppi presenti, anche la Comunità dei Russi Liberi, che ha preso posizione in maniera altrettanto netta contro la soprano. La co-fondatrice del gruppo, Maria Mikaelyan, ha dichiarato: “Noi russi liberi riteniamo Anna Netrebko personalmente responsabile dei crimini che avvengono sul territorio ucraino dal 2014”. La denuncia, resa pubblica con striscioni e interventi davanti alla Scala, riflette l’indignazione di chi accusa l’artista di non aver mai preso una chiara distanza dall’invasione russa dell’Ucraina.
Le proteste si inseriscono in un contesto di grande tensione internazionale e locale. Parallelamente, un corteo organizzato dal movimento Propal si è riunito a Porta Venezia con l’intenzione di dirigersi verso piazza Cairoli. I temi del corteo spaziano dall’opposizione alla guerra in Medio Oriente fino alla critica al ddl Sicurezza. Al mattino, invece, si erano già registrate azioni di contestazione lungo il red carpet del teatro. Alcuni manifestanti hanno gettato sacchi di letame su raffigurazioni dei volti della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del presidente del Senato Ignazio La Russa, del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dei ministri Matteo Salvini e Alessandro Giuli. Il gesto, simbolico e provocatorio, mirava a contestare le politiche dei leader raffigurati, collegate tanto alle questioni di sicurezza interna quanto ai conflitti internazionali.
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