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90 anni fa moriva Hachiko, il cane simbolo di lealtà diventato eterno



L’8 marzo del 1935, il mondo dei cani e degli esseri umani ha subito una perdita incommensurabile con la morte di Hachiko, l’Akita Inu che ha segnato la storia con la sua straordinaria devozione. A quasi novant’anni dalla sua scomparsa, il suo nome e la sua storia continuano a vivere, rappresentando un simbolo di amore e lealtà che tocca il cuore di milioni di persone in tutto il mondo. La sua incredibile attesa per il suo padrone ha dato origine a monumenti, libri, cerimonie e al famoso film con Richard Gere, “Hachiko – Il tuo migliore amico”. Ma chi era realmente Hachiko e perché la sua storia rimane così significativa quasi un secolo dopo la sua morte?



Hachiko (in giapponese ハチ公) nacque il 10 novembre 1923 a Ōdate, una città della prefettura di Akita situata sull’isola di Honshū, nel nord del Giappone. Appartenente alla razza Akita Inu, una delle più antiche e nobili al mondo, Hachiko rappresentava un esempio di forza e dignità, ma anche di lealtà incondizionata verso il suo umano. Gli Akita sono considerati monumenti naturali nazionali dal 1931 e sono stati oggetto di culti e leggende per secoli. Secondo un’antica tradizione, quando nasce un bambino, ai genitori viene regalata una statuetta di un Akita come simbolo di buona fortuna e lunga vita. Un tempo, questi cani erano riservati a samurai e imperatori, simboli di forza e dignità, ma durante la Seconda Guerra Mondiale rischiarono di scomparire.

Fortunatamente, la razza fu salvata e recuperata, diventando un emblema della fedeltà tipica della cultura giapponese. Hachiko, però, portò il significato di queste virtù a un livello senza precedenti. Nel 1924, poco dopo essere stato adottato dal professor Hidesaburō Ueno, docente di agraria all’Università Imperiale di Tokyo, tra i due si sviluppò un legame profondo, caratterizzato da una routine quotidiana che divenne una vera e propria manifestazione d’amore.

Ogni mattina, Hachiko accompagnava il professor Ueno alla stazione di Shibuya, dove lo vedeva salire sul treno, per poi tornare a casa da solo. Ogni pomeriggio, puntualmente, si ripresentava alla stazione per aspettare il suo ritorno. Questo rituale continuò per oltre un anno, fino al fatidico 21 maggio 1925, giorno in cui il professor Ueno non tornò più. Morì improvvisamente a soli 53 anni a causa di un ictus mentre si trovava all’università. Hachiko, ignaro della tragedia, continuò a recarsi alla stazione, sedendosi come al solito in attesa del suo padrone.

Giorno dopo giorno, anno dopo anno, Hachiko continuò a presentarsi alla stazione per quasi un decennio. Inizialmente, la sua presenza passava inosservata, ma col tempo i pendolari e i lavoratori della stazione iniziarono a notarlo, prendendosi cura di lui e commuovendosi di fronte alla sua incrollabile fedeltà. Nel 1932, un articolo pubblicato sul giornale Asahi Shinbun contribuì a far conoscere la sua storia in tutto il Giappone, trasformando Hachiko in un simbolo nazionale.

Nonostante le difficoltà della vita da randagio, Hachiko continuò a presentarsi alla stazione fino all’8 marzo 1935, giorno della sua morte. Il suo corpo fu ritrovato tra le strade di Shibuya, vicino al luogo dove aveva trascorso la sua vita ad aspettare. Da quel triste giorno del 21 maggio 1925, Hachiko attese pazientemente il ritorno del suo umano, dedicando ogni giorno della sua vita a quel gesto d’amore. Morì all’età di 11 anni a causa di un cancro e di un’infestazione da vermi filaria. Le sue ceneri furono sepolte accanto alla tomba di Hidesaburō Ueno al cimitero di Aoyama, a Tokyo.

La morte di Hachiko scosse profondamente il Giappone, unendo il paese nel dolore per un cane che aveva dimostrato un amore così puro. Il governo dichiarò il lutto nazionale, e la sua pelliccia fu conservata e preparata per essere esposta al Museo Nazionale della Natura e delle Scienze di Tokyo, dove si trova tuttora. Nel 1934, un anno prima della sua morte, fu inaugurata una statua di bronzo dedicata a Hachiko davanti alla stazione di Shibuya. Questo monumento, distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, fu ricostruito nel 1948 da Takeshi Ando, figlio dell’artista originale, diventando un luogo di pellegrinaggio.

Ogni anno, l’8 marzo si tiene una cerimonia commemorativa in onore di Hachiko, con centinaia di persone che si riuniscono alla stazione per ricordare il suo gesto di amore incondizionato. La sua memoria e la potenza della sua storia trascendono i confini giapponesi, con statue e omaggi dedicati a lui in tutto il mondo, dalla California fino alla sua città natale, Ōdate. La fedeltà di Hachiko continua a vivere non solo attraverso romanzi, film e monumenti, ma soprattutto nei cuori di chi ha mai condiviso la propria vita con un cane. La sua storia rappresenta un amore puro e incondizionato, che, a distanza di novant’anni, rimane immortale.



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