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A 62 anni cacciato da Pam dopo il test del carrello: il giudice condanna l’azienda e gli ridà il posto. Una storia di riscatto



Fabio Giomi, cassiere della Pam, ha ottenuto giustizia dopo che il giudice del lavoro del tribunale civile di Siena ha dichiarato illegittimo il suo licenziamento avvenuto in seguito al fallimento di un test di idoneità. La sentenza ha stabilito che l’azienda deve reintegrarlo, risarcirlo per i danni subiti e coprire le spese legali. Questo esito è stato accolto con soddisfazione da Giomi, che ha commentato: “Questo è un bel regalo di Natale, l’anno finisce in bellezza.”



La vicenda ha avuto inizio quando Giomi è stato allontanato dal suo posto di lavoro dopo un test del carrello che, secondo lui e il sindacato, non era legittimo. Prima dell’udienza, Giomi aveva espresso la sua speranza che la situazione si risolvesse nel migliore dei modi, affermando: “Spero davvero che le cose vadano nel miglior modo possibile e che tutti possano avere la certezza che questo problema venga risolto nel modo giusto.”

Durante il processo, Giomi ha sottolineato che il test del carrello non era stato effettuato solo su di lui, ma anche su altri colleghi, evidenziando una pratica che desidera fosse fermata. Ha dichiarato: “Questo test del carrello non è legittimo e vogliamo che venga riconosciuto.”

Il giudice Delio Cammarosano ha ascoltato le argomentazioni delle parti in aula per oltre due ore. Inizialmente, si era tentato di trovare un accordo, ma questo è fallito quando l’azienda ha proposto di sostituire il licenziamento con una sospensione di dieci giorni. Tale proposta era già stata avanzata in un incontro precedente presso il prefetto, senza risultati.

La mobilitazione a sostegno di Giomi ha visto la partecipazione di circa cento persone, tra cui rappresentanti sindacali provenienti da tutta la Toscana. Rossano Rossi, segretario della Cgil toscana, ha commentato la situazione, affermando che il licenziamento era “completamente illegittimo ed è figlio di un inganno, cercato apposta per licenziare un delegato del nostro sindacato.” Ha aggiunto: “Licenziare un lavoratore con un inganno, cercato una prima volta senza riuscirci e poi riproposto una seconda volta, è qualcosa di gravissimo.”

La questione del licenziamento di Giomi non è un caso isolato in Toscana. Infatti, a Livorno, due lavoratori sono stati licenziati per motivi simili, mentre nel Pisano una lavoratrice ha subito una sospensione di dieci giorni. Con la sentenza favorevole a Giomi, non si esclude che possano esserci sviluppi anche per gli altri casi.

La sentenza ha suscitato un clima di speranza tra i lavoratori, con la consapevolezza che le pratiche aziendali possano essere messe in discussione e che i diritti dei lavoratori possano essere rispettati. La vicenda di Giomi rappresenta un importante precedente per la tutela dei diritti dei lavoratori, in particolare in situazioni di potenziale sfruttamento e ingiustizia.



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