​​


Addio alla crisi di mezza età: siamo entrati nell’epoca della gioventù in crisi



Per decenni, gli studiosi hanno osservato un modello sorprendentemente stabile nel benessere umano: la cosiddetta “curva a U” della felicità. Secondo questo schema, la soddisfazione della vita tendeva a essere elevata nei giovani adulti, diminuiva sensibilmente nella mezza età—quella che molti chiamano la “crisi di mezza età”—e poi risaliva nuovamente nella terza età. Questo andamento non era solo un fenomeno culturale, ma sembrava avere radici biologiche profonde, tanto da essere riscontrato anche nei grandi primati.



Oggi, però, questo modello si è improvvisamente spezzato. Un nuovo e importante studio, guidato dall’economista David Blanchflower, ha evidenziato un cambiamento radicale e globale: i giovani sono ora la fascia d’età meno felice, invertendo una tendenza che sembrava quasi una legge naturale.

Un’inversione storica della felicità

La ricerca, che ha coinvolto dati provenienti da oltre 80 paesi, mostra che dal 2014 circa i giovani adulti—e in particolare le giovani donne—riportano i livelli più bassi di soddisfazione della vita. Questo fenomeno è talmente diffuso e marcato da aver messo in discussione ciò che per decenni era stato considerato una costante universale: la felicità non diminuisce più solo nella mezza età, ma raggiunge i suoi livelli minimi proprio tra i più giovani.

Le statistiche sono allarmanti: i tassi di ansia, depressione e autolesionismo tra i giovani sono in forte aumento, con un impatto visibile in tutto il mondo. Gli esperti sottolineano che non si tratta di una semplice fluttuazione temporanea, ma di un vero e proprio cambiamento strutturale nel benessere psicologico delle nuove generazioni.

Le possibili cause: una generazione sotto pressione

Le cause di questa inversione non sono ancora del tutto chiare. Blanchflower ipotizza che all’origine ci sia un grande fattore dirompente, emerso a livello globale nei primi anni 2010, che ha colpito in modo particolare i giovani. Tra i sospettati principali c’è l’uso massiccio degli smartphone e dei social media, che proprio in quel periodo hanno iniziato a diffondersi capillarmente nella vita quotidiana dei ragazzi.

L’esposizione costante a immagini di perfezione, la pressione sociale, il confronto continuo con gli altri e la dipendenza digitale sono solo alcuni degli elementi che potrebbero aver contribuito a questa crisi di benessere. A ciò si aggiungono fattori economici, come l’incertezza lavorativa, la difficoltà di accesso alla casa e la precarietà delle prospettive future, che rendono ancora più fragile la condizione psicologica dei giovani.

Un’emergenza globale di salute mentale

Il quadro che emerge dai dati è quello di una generazione in grande difficoltà, che fatica a trovare motivazione, sicurezza e serenità. Gli esperti avvertono che non si tratta solo di una questione culturale o di costume, ma di una vera e propria emergenza globale di salute mentale, che richiede attenzione immediata da parte delle istituzioni, delle famiglie e della società nel suo complesso.

Blanchflower sottolinea che la portata del fenomeno è tale da aver “sovvertito ciò che una volta era considerato una costante biologica”. Se fino a pochi anni fa si pensava che il calo della felicità nella mezza età fosse inevitabile, oggi i dati suggeriscono che i giovani sono esposti a rischi ben più gravi e diffusi.

La necessità di una risposta urgente

Di fronte a questa nuova realtà, è fondamentale avviare indagini approfondite sulle cause di questo malessere e mettere in campo strategie efficaci per sostenere la salute mentale delle nuove generazioni. Gli esperti chiedono interventi mirati, che vadano oltre la semplice sensibilizzazione, per affrontare le radici profonde di questa crisi: dall’educazione digitale alla promozione del benessere psicologico nelle scuole, dal sostegno alle famiglie alle politiche per il lavoro e l’autonomia giovanile.



Add comment