In Mainz, lo stato federale della Renania–Palatinato ha introdotto una nuova norma che impedisce a chi è iscritto – o lo è stato negli ultimi cinque anni – all’Alternative für Deutschland (AfD) di ottenere incarichi nel servizio pubblico. Lo ha annunciato il ministro degli Interni regionale, Michael Ebling, spiegando che i candidati devono dichiarare di non appartenere a organizzazioni considerate estremiste secondo la sorveglianza dell’intelligence tedesca .
La misura si applica non solo a nuovi ingressi, bensì anche ai dipendenti pubblici già in servizio. Tra coloro interessati figurano insegnanti, agenti di polizia e tutti i lavoratori pubblici con contratti collettivi. L’intelligence aggiornerà l’elenco dei partiti monitorati, includendo l’AfD (). In caso di riscontro, i dipendenti rischiano sanzioni disciplinari e la perdita del posto .
L’iniziativa richiama il Radikalenerlass del 1972, un decreto varato dall’allora cancelliere Willy Brandt per impedire l’accesso al servizio pubblico a “nemici della Costituzione”. La misura, adottata in seguito ai tumulti studenteschi e al terrorismo, prevedeva controlli dei candidati tramite il Verfassungsschutz (Protezione della Costituzione), compresi insegnanti e poliziotti . Sebbene potente, fu criticata per la censura politica e infine ammorbidita tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. Nel 1995 la Corte europea dei Diritti dell’Uomo condannò la Germania, chiedendo risarcimenti per i licenziati ingiustamente ().
Secondo Ebling, riprendere il principio del Radikalenerlass è giustificato perché l’AfD è ormai classificata come partito estremista, soggetto a sorveglianza. Il suo nome figura ora nella lista ufficiale delle organizzazioni che minacciano la democrazia, impedendo ai suoi membri di accedere o permanere nel pubblico impiego .
La reazione dell’AfD è stata immediata. La co‑presidente Alice Weidel, in un’intervista a Bild, ha dichiarato: “it is appalling that such discrimination against political opinion is taking place. basic democratic principles are being trampled upon here.” . Anche il vice regionalista Sebastian Münzenmair ha definito il provvedimento un “metodo antidemocratico” . In risposta, Ebling ha respinto le accuse, sostenendo che l’AfD è ormai troppo radicale e che la tutela della Costituzione deve prevalere .
La misura fa scandalo e suscita un acceso dibattito: da un lato, i sostenitori difendono la necessità di salvaguardare la democrazia; dall’altro, i critici denunciano una deriva liberticida. La Germania ha già sperimentato gli effetti delle restrizioni politiche nel pubblico impiego nei decenni passati – con migliaia di controlli e centinaia sanzionati () – e oggi si interroga sull’equilibrio tra sicurezza e libertà di espressione.
Va inoltre ricordato che l’AfD sta cercando di “normalizzarsi” evitandosi nuove accuse di estremismo, anche nel tentativo di presentarsi come soggetto politico accettabile a livello nazionale (). Tuttavia, fino a quando la Corte costituzionale e la sorveglianza della Bundesländer la considereranno un rischio per l’ordine democratico, tali restrizioni nel settore pubblico potrebbero essere replicate altrove.
In sintesi, la decisione della Renania–Palatinato segna un punto di svolta nella politica tedesca: uno Stato federale esclusivamente guida una linea dura contro l’AfD, evocando misure del passato. La questione resta aperta: fino a che punto è legittimo limitare la partecipazione politica nel pubblico impiego per preservare la democrazia?
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