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Aria di rivolta a Parigi: Macron nel mirino, i forconi pronti a marciare sull’Eliseo



Ah, la Francia. Non è che stia proprio vivendo il suo momento d’oro, diciamolo. Politicamente? Un disastro: quarto premier bruciato in meno di due anni, roba che nemmeno nelle peggiori stagioni di “House of Cards”. L’economia? Un debito che galoppa, fuori controllo. La gente? Pronta a scendere in piazza, esasperata da tutte ‘ste manovre di austerità che ormai non se ne può più. E Macron? Sondaggi che lo danno ai minimi storici, praticamente più popolare una coda alle poste. Autunno caldo, sì, ma qui sembra di stare davanti a un forno, non a una stufa.



Lunedì prossimo, Bayrou – sì, proprio lui, il centrista, quello che doveva essere la scelta saggia – rischia grosso. Il Parlamento gli voterà contro sulla manovra finanziaria e, dopo neanche nove mesi, dovrà pure sloggiare da Matignon. Macron pensava di aver trovato il nonno affidabile che lo avrebbe traghettato fino a fine mandato, invece niente, toccherà ripartire da zero. E in Francia il compromesso politico mica è di casa come in Italia, qui la parola “larghe intese” suona quasi come una bestemmia.

I socialisti, intanto, si stanno fregando le mani: dopo il gollista Barnier e il centrista Bayrou, ora dicono che tocca a loro. E mica si accontentano del premier: vogliono proprio un governo tutto a sinistra, con dentro ecologisti e comunisti, la combo perfetta per far venire l’orticaria agli imprenditori.

Sul tavolo portano una manovra coi tagli dimezzati rispetto a quelli proposti da Macron (21,7 miliardi anziché 44), vogliono cancellare la riforma delle pensioni che ha portato l’età a 64 anni, e poi – ciliegina sulla torta – chiedono una tassa annuale del 2% sui patrimoni sopra i 100 milioni di euro. Geniale, no? Praticamente un invito agli investitori esteri a scappare a gambe levate. Patrick Martin, boss del Medef (tipo la Confindustria di là), lo dice chiaro e tondo: “Qualunque forma abbia, la patrimoniale sarebbe una catastrofe per l’economia”. E chi lo può biasimare?

Nel frattempo, Macron vorrebbe trovare un nuovo premier entro il 18 settembre, guarda caso lo stesso giorno in cui i sindacati hanno organizzato manifestazioni in tutta la Francia contro l’austerity. Come dire: mandiamo il nuovo premier allo sbaraglio, così almeno la rabbia se la prende lui, e non direttamente Macron.

E non è finita: il 10 settembre c’è un’altra data che fa tremare i polsi all’Eliseo. “Bloquons Tout” – nome azzeccatissimo, tra l’altro – il movimento nato sui social e molto simile ai gilet gialli, minaccia di paralizzare il Paese. Il ministero dell’Interno già parla di rischio blocco delle infrastrutture strategiche. Insomma, occhio, perché qui non si scherza.



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