Il sacerdote Nicola D’Onghia, 54 anni, è stato arrestato e sottoposto agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio stradale aggravato dalla fuga e omissione di soccorso. L’incidente, che ha portato alla morte della 32enne Fabiana Chiarappa, è avvenuto lo scorso 2 aprile sulla provinciale 172, tra Turi e Putignano, nel Barese.
Fabiana Chiarappa stava viaggiando in sella alla sua moto Suzuki quando ha perso il controllo del veicolo, finendo contro un muretto a secco. Le indagini sono state immediatamente avviate per determinare se l’incidente fosse stato causato da un’altra persona o se fosse dovuto a un errore della vittima stessa.
Le autorità hanno acquisito le immagini delle telecamere di sorveglianza pubbliche e private e hanno condotto accertamenti medico-legali e tecnici sul luogo dell’incidente, avvenuto alle 20.28. Secondo i militari della sezione investigazioni scientifiche, tracce di sangue appartenenti alla vittima sono state trovate sull’auto del prete. La ricostruzione dei fatti è stata confermata anche dal racconto di alcuni testimoni.
Nicola D’Onghia ha dichiarato che la sera dell’incidente ha sentito un rumore provenire dal pianale della sua auto mentre percorreva la strada, come se avesse colpito una pietra. Tuttavia, ha spiegato ai Carabinieri di non essersi accorto né della moto né della ragazza a causa del buio. Poco dopo aver sentito il rumore, intorno alle 20.30, si è fermato in una stazione di servizio per controllare eventuali danni all’auto prima di riprendere la strada verso casa. Questo è stato confermato anche dalle telecamere di sorveglianza della stazione.
Il giorno successivo, dopo aver appreso dell’incidente dai media, D’Onghia, su consiglio dei suoi avvocati Vita Mansueto e Federico Straziota, ha deciso di raccontare quanto accaduto ai Carabinieri. Durante l’interrogatorio e davanti alla pubblico ministero Ileana Ramundo, il sacerdote ha ribadito che l’investimento della 32enne è avvenuto accidentalmente e senza l’intenzione di fuggire. “Ho detto: ‘Ho preso qualcosa’, ho pensato a un sasso, ma non a una persona”, ha raccontato.
Gli inquirenti non credono alla versione fornita da D’Onghia. Nella sua ordinanza di custodia cautelare, il gip ha scritto che non è “assolutamente possibile” che il parroco abbia “scambiato ‘per una pietra'” il corpo della 32enne dopo averlo sormontato “trascinandolo”. I Carabinieri hanno eseguito l’ordinanza che dispone i domiciliari. La misura cautelare è stata disposta dal Tribunale di Bari per “pericolo sia di inquinamento probatorio sia di reiterazione dei reati”, come evidenziato in una nota.
Secondo la pubblico ministero, D’Onghia guidava a una velocità non adeguata all’ora notturna e alle condizioni della strada, caratterizzata da una sede stradale ristretta e scarsamente illuminata, con asfalto bagnato e scivoloso per via dell’umidità. Inoltre, stava utilizzando il proprio smartphone mentre guidava.
Dall’analisi dei tabulati telefonici è emerso che il prete stava utilizzando continuativamente il cellulare durante la guida, impegnato in conversazioni e tentativi di chiamata fino a 11 secondi prima dell’investimento letale. La vettura del prete avrebbe sormontato con la parte anteriore destra il corpo della donna.
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