Maurizio Belpietro, che spasso! Il povero Faraone, noto sostenitore di Renzi, si è trovato in difficoltà durante un’intervista con il direttore nel salotto di Paolo Del Debbio. Un momento davvero divertente, che potete vedere nel video qui sotto.
MAURIZIO BELPIETRO
Gli sdeng al povero Faraone ormai non si contano , “cotto e mangiato” da un superlativo direttore @BelpietroTweet a #DrittoeRovescio
4 minuti e trenta da ascoltare fino in fondo⬇️⬇️⬇️ pic.twitter.com/IPGLCtGW5w— Virna (@Virna25marzo) November 21, 2025
L’utilizzo di espressioni colloquiali, quali “che palle”, in prima pagina appare inappropriato. Tuttavia, tale espressione sintetizza efficacemente la controversia scaturita dallo scoop della Verità riguardante le dichiarazioni riservate rese al Consigliere del Presidente della Repubblica, Mattarella, e successivamente divulgate da diversi organi di stampa, alcuni dei quali si erano precedentemente astenuti dalla pubblicazione di tali informazioni.
Tali organi di stampa hanno successivamente dedicato ampie pagine alla vicenda. Il principio fondamentale è che i collaboratori del Quirinale siano tenuti a mantenere riservate le proprie opinioni politiche, condividendole esclusivamente in ambito privato.
Nel caso in cui tali opinioni vengano divulgate pubblicamente, come avvenuto con il Consigliere Garofani, la conseguenza logica è la dimissione, non per aver commesso un illecito, bensì per aver arrecato pregiudizio alla massima istituzione del Paese, la quale, per definizione, deve mantenere una posizione imparziale. In questo contesto, si percepisce una sorta di infallibilità attribuita al Presidente Mattarella, che si estenderebbe ai suoi collaboratori, creando un effetto di contagio.
Al fine di evitare di riconoscere la divulgazione non autorizzata delle informazioni da parte del Consigliere Garofani, si ipotizzano “attacchi al Quirinale” e presunte interferenze “ibride” di origine russa, considerando il ruolo del Consigliere come Segretario del Consiglio di Difesa, dove Mattarella e altri esponenti del governo avevano recentemente espresso critiche nei confronti della Russia. Tale situazione, secondo alcuni, favorirebbe gli interessi di Putin e della sua portavoce, Maria Zakharova.
Di conseguenza, alcuni organi di stampa e figure politiche, tra cui Calenda e Picierno, deridono la teoria del “complotto” avanzata dai meloniani, proponendo invece una spiegazione altrettanto inverosimile, attribuendo la responsabilità a Putin.
Nel frattempo, la comunità internazionale si concentra su questioni di rilevanza globale. Dopo 45 mesi di conflitto tra Russia e NATO in Ucraina, è stato presentato un nuovo piano di pace, successore di quello fallito a Istanbul, composto da 28 punti proposti da Donald Trump a Kiev, Mosca e Unione Europea. Il Presidente ucraino, Zelensky, nonostante le difficoltà militari e le problematiche interne, si mostra disponibile a collaborare con gli Stati Uniti sui punti del piano, al fine di garantire una conclusione dignitosa al conflitto. Anche il portavoce del Cremlino, Peskov, si è espresso a favore di una soluzione politico-diplomatica e pacifica, affermando che ogni momento è opportuno per raggiungerla.
Si ipotizza che l’Unione Europea possa essere un ostacolo al piano di risoluzione del conflitto. La Ministra degli Affari Esteri estone, Kallas, rappresentante di un Paese di 1,3 milioni di abitanti, detiene la responsabilità della politica estera europea. Ha dichiarato: “Per il suo successo, il piano richiede il coinvolgimento dell’Unione Europea e dell’Ucraina”. Tuttavia, il coinvolgimento dell’Unione Europea, che sembra intenzionata a prolungare il conflitto per evitare di riconoscere una sconfitta, e della leadership ucraina, che rischierebbe di perdere consensi proponendo concessioni territoriali piuttosto che subirle, potrebbe compromettere l’efficacia del piano. Nonostante ciò, il piano, analogamente a quanto osservato per la situazione a Gaza, rappresenta l’unica proposta attualmente disponibile.
Il piano è denominato “pace possibile”, in quanto la “pace giusta” non è considerata realizzabile. Chi lo definisce “resa” non ha ancora compreso quali concessioni l’Ucraina, e di conseguenza l’Unione Europea, dovrebbe accettare se il conflitto dovesse proseguire ulteriormente.



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