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Chiara Rabbi racconta la sua infanzia segnata dall’assenza della madre e dal sostegno del padre: “Nemmeno in punto di morte mi riavvicinerei”



Una storia familiare complessa, fatta di abbandono materno e di una crescita segnata dal sostegno del padre e della nonna. È quella condivisa da Chiara Rabbi, ex protagonista di Uomini e Donne ed ex compagna di Davide Donadei, che ha deciso di raccontare pubblicamente la sua esperienza attraverso i social. Le sue parole hanno suscitato numerose reazioni, spingendola a chiarire il proprio punto di vista e la scelta di non voler riallacciare i rapporti con la madre, nemmeno in circostanze estreme.



In una serie di interventi su Instagram, la giovane ha spiegato come il legame con la madre sia stato fragile fin dalla sua infanzia. “I miei si sposarono molto giovani. Io sono nata che mio papà aveva 23 anni e mia mamma 22, e si conoscevano da poco. Mia madre non è una persona molto stabile. Papà ha aspettato i miei 12/13 anni poi se ne è andato e io ho deciso di andare con lui. Lei non ha mai voluto essere una madre, lei era la ‘moglie di’ e noi eravamo giocattoli”, ha dichiarato.

La testimonianza di Chiara Rabbi ha suscitato dibattito tra chi ha compreso la sua posizione e chi invece l’ha giudicata eccessiva. Proprio per questo l’ex corteggiatrice ha voluto ribadire la sua posizione, sottolineando come il legame biologico non sia, a suo avviso, sinonimo di affetto e cura. “Per voi è normale – quasi obbligatorio – voler bene a chi condivide il tuo stesso sangue. Madre, padre, fratello, zio… Come se il legame biologico fosse garanzia d’amore. Ma è proprio lì che nasce l’equivoco perché io non ho rancore, non sono arrabbiata e non sto covando nulla. Sto bene, sono in equilibrio, sono oltre”, ha scritto.

La giovane ha chiarito che la sua scelta non deriva da rabbia o risentimento, ma da un percorso di consapevolezza: “In questo ‘oltre’ non c’è né odio né amore. Se domani uno di loro venisse a mancare, ne sarei dispiaciuta, ma come lo sarei per qualsiasi essere umano. Nulla di più, nulla di meno. Perché non fanno parte della mia vita, anche se abbiamo condiviso lo stesso sangue”.

Chiara Rabbi ha spiegato come, secondo lei, non ci sia nulla da risolvere nel suo rapporto con la madre. “Il nodo che pensate sia lì, io l’ho già sciolto. E sapete che c’era dentro? La libertà. La libertà di non dover fingere affetto. La libertà di non dovermi sentire in colpa. La libertà di scegliere chi è famiglia e chi no”.

Un passaggio particolarmente significativo è quello in cui la giovane ribadisce la volontà di non rivedere la madre nemmeno nei momenti più drammatici: “E no, nemmeno in punto di morte sarebbe giusto riavvicinarmi. Non lo farei per ripulire la loro coscienza, né per assecondare il buon senso di una società che vive le relazioni in modo diverso da come le ho vissute io. Perché io, in quel momento, starei peggio ad andare. A fingere. A mettermi da parte. A seguire ‘il giusto comune’ solo per poter dire di aver fatto la cosa giusta secondo gli altri. E invece rimanere a casa, lucida, serena, magari brindando alla mia vita, alla mia coerenza, al mio rispetto per me stessa… quella sì, sarebbe la mia pace”.

Per Chiara Rabbi, dunque, il concetto di famiglia non coincide con il legame di sangue, ma con quello affettivo ed emotivo costruito nel tempo. “Non ho bisogno di voler bene a qualcuno solo perché ‘si dovrebbe’. Non è mancanza di cuore. È lucidità. E a chi mi dice che ho dei conti in sospeso… Rispondo così: no, io ho chiuso il conto. E proprio per questo vivo leggera”, ha concluso.

Le sue parole hanno trovato eco in tanti commenti di sostegno, soprattutto da parte di chi ha vissuto esperienze simili e si è riconosciuto nelle difficoltà raccontate. Al tempo stesso, non sono mancate critiche da parte di chi ritiene che i rapporti familiari vadano sempre preservati. La posizione della giovane resta però chiara: vivere senza rancore, ma anche senza obblighi affettivi che non sente come propri.

Con questa testimonianza, Chiara Rabbi ha voluto portare all’attenzione un tema spesso considerato tabù: il diritto di scegliere i propri legami e di distaccarsi da chi, pur essendo parente, non ha mai rappresentato una presenza positiva o costruttiva.



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