Crisi politica in Francia: Bayrou chiede la fiducia l’8 settembre, Mélenchon annuncia mozione di destituzione contro Macron. Darmanin non esclude lo scioglimento dell’Assemblea nazionale.
La Francia si avvicina a un passaggio cruciale sul piano politico-istituzionale. L’8 settembre il governo guidato dal primo ministro François Bayrou affronterà un voto di fiducia in Assemblea nazionale, richiesto dallo stesso premier in conferenza stampa. Una scelta che potrebbe segnare la fine anticipata dell’esecutivo, già sotto pressione per il bilancio presentato e per le forti contestazioni provenienti sia dall’opposizione che da parte delle stesse forze parlamentari.
L’estrema destra del Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella, l’estrema sinistra de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon e gli Ecologisti hanno già dichiarato che voteranno contro la fiducia al governo Bayrou. Questo scenario mette in seria discussione la tenuta dell’attuale esecutivo e apre alla possibilità che l’Assemblea nazionale venga sciolta nuovamente, con conseguente ritorno alle urne.
Le parole più dure sono arrivate proprio da Jean-Luc Mélenchon, leader de La France Insoumise, che ai microfoni di France Inter ha annunciato: «Un anno fa abbiamo presentato una mozione per chiedere la destituzione del presidente francese Emmanuel Macron e vi informo che il 23 settembre ricominceremo e presenteremo – oltre alla mozione di censura che probabilmente non servirà più a nulla dato che il governo entro quella data sarà già caduto – una mozione di destituzione».
Secondo Mélenchon, la responsabilità della crisi politica non è da attribuire a Bayrou ma direttamente all’inquilino dell’Eliseo: «Bayrou non è responsabile della situazione in cui ci troviamo. Sono tutti quelli che l’hanno preceduto con la loro cattiva politica economica, la loro cattiva politica di gestione come quella del signor Macron. Quindi, se c’è un responsabile, è il presidente della Repubblica».
Nel frattempo, anche all’interno dello stesso campo politico di Emmanuel Macron emergono segnali di fine ciclo. Figure di primo piano come gli ex primi ministri Édouard Philippe e Gabriel Attal si stanno già muovendo in ottica elettorale, al pari di personalità come Bruno Retailleau e Gérald Darmanin, rispettivamente ministri della Giustizia e dell’Interno, che non nascondono di guardare a un futuro politico oltre l’esperienza macroniana.
Il ministro della Giustizia Gérald Darmanin, intervistato da France 2, non ha escluso lo scenario di un ritorno alle urne: «Sarebbe meglio riuscire a trovare un compromesso con i gruppi politici all’Assemblea. Lo scioglimento costerebbe ovviamente caro alla Francia, ma non bisogna escludere questa ipotesi. E spetta al presidente della Repubblica decidere».
Le parole di Darmanin confermano quanto sia fragile l’attuale equilibrio politico, con un governo che potrebbe cadere già all’inizio di settembre. La prospettiva di un nuovo scioglimento dell’Assemblea nazionale, a poco più di un anno dalle ultime elezioni, segnerebbe un ulteriore momento di instabilità per la Francia.
Il cosiddetto “sbarramento repubblicano”, che negli anni ha contribuito a contenere l’avanzata delle forze estreme, appare oggi indebolito. La crescita di Le Pen-Bardella a destra e di Mélenchon a sinistra riduce lo spazio di manovra per il presidente Macron, che si trova esposto alle richieste sempre più insistenti di un passo indietro.
A rendere la situazione ancora più complessa, il fatto che anche tra i sostenitori dell’attuale presidente si registri ormai la consapevolezza della fine della stagione politica del macronismo. In questo contesto, il voto dell’8 settembre sarà determinante per il futuro del governo Bayrou e, di riflesso, per lo stesso destino politico di Emmanuel Macron.
Se il premier non dovesse ottenere la fiducia, il Paese si troverebbe davanti a uno snodo delicatissimo: da un lato la possibilità di un compromesso politico, dall’altro lo spettro di nuove elezioni che rischiano di ridisegnare ulteriormente gli equilibri all’interno dell’Assemblea nazionale. In entrambi i casi, la leadership di Macron appare sempre più sotto assedio.



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