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Dopo decenni di mistero, l’ex Prefetto finisce in manette per l’omicidio di Mattarella! Il guanto di uno dei killer svelato come prova.



L’ex prefetto e funzionario della Squadra Mobile di Palermo, Filippo Piritore, è stato posto agli arresti domiciliari nell’ambito delle indagini sull’omicidio dell’ex presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella. La Procura di Palermo ha reso noto che Piritore è accusato di aver depistato le indagini, mentendo riguardo al guanto trovato a bordo dell’auto utilizzata dai killer, un reperto fondamentale che non è mai stato rinvenuto.



La notifica della misura restrittiva è stata eseguita dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA). Secondo i magistrati, Piritore avrebbe fornito dichiarazioni prive di riscontro riguardo al guanto, contribuendo a sviare le indagini. In particolare, il guanto era considerato l’unico elemento utile per identificare i colpevoli dell’omicidio, ma è scomparso senza lasciare traccia. Nella sua testimonianza, Piritore ha affermato di aver inizialmente affidato il guanto all’agente di polizia scientifica Giuseppe Di Natale, il quale avrebbe dovuto consegnarlo a Pietro Grasso, all’epoca sostituto procuratore titolare delle indagini. Tuttavia, il magistrato ha smentito questa versione, dichiarando di non aver mai ricevuto né sentito parlare del guanto.

Secondo la Procura, il racconto di Piritore risulta illogico e contraddittorio. Le testimonianze di altri protagonisti della vicenda, come Piero Grasso e Di Natale, non corrispondono alle affermazioni dell’ex funzionario. Inoltre, le procedure standard di repertazione e sequestro dei reperti non sono state seguite, il che ha sollevato ulteriori dubbi sulla gestione del guanto.

I magistrati hanno evidenziato che Piritore, in qualità di consegnatario del guanto sin dal suo ritrovamento, ha compiuto azioni che hanno portato alla dispersione delle tracce del reperto. La sua attività è iniziata probabilmente già sul luogo del ritrovamento della Fiat 127, dove ha indotto la Polizia scientifica a consegnargli il guanto, sottraendolo al regolare repertamento. Questo comportamento ha portato a ulteriori speculazioni circa le sue motivazioni e i suoi legami con figure di spicco della criminalità organizzata.

In particolare, si è messo in evidenza il rapporto stretto tra Piritore e Bruno Contrada, già capo della Squadra Mobile e poi dirigente del servizio segreto civile, noto per i suoi legami con boss mafiosi. La Procura ha ipotizzato che Piritore possa aver mentito per proteggere interessi più ampi, considerato che il guanto era una prova cruciale, tanto che il suo nome era stato citato anche dall’allora ministro dell’Interno, Virginio Rognoni, nel suo primo resoconto al Parlamento.

Le indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella sono state caratterizzate da una serie di depistaggi e mancanze investigative, che hanno complicato la ricerca della verità. La scomparsa del guanto ha rappresentato un ulteriore colpo alle già fragili indagini, e l’arresto di Piritore segna un momento significativo in questo lungo e complesso procedimento giudiziario.

In un contesto di crescente attenzione verso la trasparenza e l’integrità delle istituzioni, l’accusa di depistaggio solleva interrogativi non solo sulla condotta di Piritore, ma anche sul funzionamento delle strutture che avrebbero dovuto garantire la giustizia. Le indagini continuano, e la Procura di Palermo sta lavorando per fare chiarezza su un caso che ha segnato profondamente la storia della Sicilia e dell’Italia intera.

Il caso di Piersanti Mattarella, assassinato nel 1980, rimane uno dei misteri più oscuri della storia recente italiana. L’arresto di Filippo Piritore potrebbe rappresentare un passo importante verso la risoluzione di questo caso, ma il cammino verso la verità è ancora lungo e tortuoso.



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