Il clan Sequino era impegnato in una “indagine interna” per identificare chi fosse il responsabile della morte di Emanuele Tufano, un giovane ucciso nell’ottobre precedente. Nel frattempo, tra i membri del gruppo si diffondevano voci di un presunto tradimento, anche se prive di prove concrete. In questo contesto, Emanuele Durante, ventenne residente nel centro di Napoli, era probabilmente consapevole di essere diventato un bersaglio. Forse aveva intuito di essere stato individuato come il membro più vulnerabile del gruppo, quello che avrebbe potuto essere sacrificato per ristabilire l’onore del clan. Questa consapevolezza emerge chiaramente dai messaggi che il giovane inviava alla madre: “Io muoio presto”.
Questi dettagli sono stati rivelati nell’ordinanza eseguita l’8 marzo dai carabinieri, che ha portato all’arresto di due persone ritenute coinvolte nell’omicidio di Emanuele Durante, avvenuto in un agguato il 15 marzo in via Santa Teresa degli Scalzi.
I messaggi trovati sul telefono del giovane, sequestrato dopo la sua morte, hanno fornito ulteriori elementi agli investigatori. I tecnici hanno analizzato i dati contenuti nel dispositivo, partendo dal 24 ottobre 2024, giorno in cui si verificò una sparatoria tra bande rivali di giovanissimi, fino al 15 marzo 2025, data dell’agguato mortale a Durante.
Il ragazzo faceva riferimento a una situazione non meglio specificata, descritta come un “bordello”, che lo aveva già portato in ospedale e che temeva avrebbe causato la sua morte. In un messaggio inviato alla madre il 30 dicembre 2024, scriveva: “Un altro poco e muoio. Manca poco”. Concetto ribadito pochi giorni dopo, il 4 gennaio 2025, quando rispondeva alla madre, che si diceva stanca per il comportamento del figlio: “Non preoccuparti, un altro poco e muoio”. Il 13 gennaio, Durante tornava sull’argomento, affermando: “Mamma, io muoio presto, non dimenticarti. Tu mi vedrai che muoio, credimi. Perché manca poco”.
Due mesi dopo questi messaggi inquietanti, il 15 marzo, l’agguato si è consumato. Emanuele Durante si trovava a bordo di una Smart insieme alla fidanzata quando uno scooter con due persone si è avvicinato al veicolo. Il passeggero ha aperto il fuoco contro il giovane. Dopo gli spari, i due aggressori sono fuggiti rapidamente. La ragazza è uscita dall’auto e ha chiesto aiuto a un passante che ha trasportato Durante in ospedale. Tuttavia, i tentativi di salvarlo si sono rivelati inutili.
Le indagini hanno portato a identificare il mandante dell’omicidio in Salvatore Pellecchia, cugino di Emanuele Tufano, recentemente scarcerato. Secondo gli investigatori, uno degli esecutori materiali sarebbe Alexandr Babalyan, conosciuto anche come “Alessandro il Polacco”, di origini russe e ritenuto affiliato al clan Sequino. Entrambi gli uomini sono stati arrestati e trasferiti in carcere in seguito all’ordinanza emessa oggi.
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, l’omicidio di Emanuele Durante sarebbe stato orchestrato come atto di vendetta per la morte di Emanuele Tufano. Durante sarebbe stato individuato come un capro espiatorio per placare le tensioni interne al clan e ristabilire un equilibrio di potere.
Questo tragico episodio mette ancora una volta in evidenza le dinamiche violente e spietate che caratterizzano le faide tra bande criminali a Napoli, dove giovani vite vengono spesso sacrificate per questioni legate all’onore e al controllo del territorio.
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