Recentemente, la sinistra italiana ha celebrato la decisione della Corte Europea di Lussemburgo, che ha negato al governo di Giorgia Meloni la possibilità di respingere i migranti provenienti da paesi considerati non sicuri. Secondo la normativa europea, non è consentito rimpatriare i clandestini in fuga da regimi oppressivi. È possibile respingere solo coloro che provengono da Stati giudicati “passabilmente sicuri” dal punto di vista dei diritti umani, un concetto che, come evidenziato da Vittorio Feltri, è soggetto a interpretazioni varie e complesse.
Feltri, scrivendo per Il Giornale, si interroga su chi abbia l’autorità di stabilire se in un paese si possa vivere senza temere violazioni da parte dello Stato. A suo avviso, la responsabilità spetta ai governi nazionali, poiché la politica estera, la sicurezza e la difesa non sono delegate a istituzioni europee come Bruxelles. Secondo Feltri, è il governo italiano, attraverso le sue ambasciate e i servizi segreti, a possedere le informazioni necessarie per identificare gli Stati da cui i migranti fuggono.
La questione centrale è se debbano essere i tribunali a esercitare il potere esecutivo. Feltri critica la sentenza della Corte, sostenendo che essa contraddice i principi fondamentali della Costituzione italiana, affermando che non è compito della magistratura decidere in ultima istanza, ma del governo. In questo contesto, il giornalista osserva che i progressisti italiani, plaudendo alla decisione dei giudici, stanno in realtà accettando una riduzione delle loro prerogative politiche.
Secondo Feltri, questa situazione porta a una paradossale concentrazione di potere nelle mani della magistratura, che, in quanto giudici, non dovrebbero avere la legittimità per influenzare le decisioni politiche. Egli sottolinea che, per coerenza, i membri della sinistra dovrebbero rinunciare ai loro stipendi e lasciare il potere legislativo interamente ai giudici, ai quali, a suo avviso, è stata conferita una sorta di “patente di onniscienza”.
Il dibattito sull’immigrazione e sui diritti dei migranti è particolarmente acceso in questo momento, con le recenti decisioni della Corte che evidenziano una tensione tra le normative europee e le politiche nazionali. La sentenza ha messo in discussione la capacità del governo italiano di gestire autonomamente le proprie politiche migratorie, sollevando interrogativi sull’efficacia della sovranità nazionale in un contesto europeo sempre più integrato.
In questo clima di incertezza, Feltri prevede che la situazione possa portare a un paradosso: un funzionario del Palazzo di Giustizia di Roma, ben istruito e convinto delle proprie idee, potrebbe avere un potere decisivo su questioni di immigrazione, determinando il destino di molte persone. Questa visione suscita preoccupazioni riguardo alla separazione dei poteri e alla necessità di mantenere un equilibrio tra le varie istituzioni dello Stato.
La questione della migrazione è diventata un tema centrale nel dibattito politico italiano, con le divergenze tra le forze politiche che si intensificano. Mentre la sinistra sembra favorire una maggiore apertura verso i migranti, il governo di Giorgia Meloni ha adottato una posizione più rigorosa, sostenendo la necessità di proteggere i confini nazionali e garantire la sicurezza interna.
La sentenza della Corte di Giustizia Europea rappresenta quindi un punto di svolta importante, non solo per la gestione dell’immigrazione in Italia, ma anche per il futuro delle relazioni tra i governi nazionali e le istituzioni europee. La capacità di un governo di prendere decisioni autonome in materia di immigrazione è ora messa in discussione, e ciò potrebbe avere ripercussioni significative sulle politiche future.



Add comment