Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007 a Garlasco, continua a essere oggetto di analisi e discussioni. Recentemente, alcune ipotesi investigative hanno suggerito che il DNA maschile rilevato nella bocca della vittima potrebbe appartenere al suo assassino. Secondo queste teorie, il killer potrebbe aver cercato di tapparle la bocca o essere stato morsicato dalla ragazza nel tentativo di difendersi. Tuttavia, il consulente della famiglia Poggi, Marzio Capra, ha chiarito che queste supposizioni non trovano riscontro nei dati genetici disponibili.
Durante l’autopsia effettuata nel 2007, un tampone salivare prelevato dalla bocca di Chiara Poggi ha evidenziato una minima quantità di DNA maschile. Questo elemento ha portato a speculazioni sull’identità del cosiddetto “Ignoto 3”, ma secondo Capra, la quantità rilevata è insufficiente per supportare l’idea che la vittima abbia morsicato il suo aggressore. “Se Chiara Poggi avesse morsicato il suo killer, avremmo trovato molto più materiale genetico maschile nella sua bocca”, ha spiegato il consulente. Inoltre, ha aggiunto: “La mano sulla bocca lascia segni che sono inequivocabili”, e tali segni non sono stati rilevati nel caso specifico.
Le analisi genetiche hanno sollevato ulteriori dubbi sulla provenienza del DNA maschile. Secondo Capra, è possibile che si tratti di una contaminazione avvenuta durante l’autopsia. “La perita dell’attuale incidente probatorio ha fatto sapere che parlerà con chi aveva fatto a suo tempo l’autopsia. Bisognerà riprendere il DNA a tutti quanti erano presenti durante l’esame autoptico”, ha dichiarato. Il consulente ha ipotizzato che la contaminazione potrebbe essere stata causata da un assistente presente nella sala autoptica, ad esempio attraverso uno starnuto o il contatto con strumenti non perfettamente sterilizzati.
Un’altra possibilità avanzata da Capra riguarda l’eventualità che il DNA sia stato trasferito alla garza utilizzata per raccogliere materiale dalla bocca della vittima. Questo frammento genetico potrebbe persino appartenere a un cadavere sezionato precedentemente con gli stessi strumenti impiegati per l’autopsia di Chiara Poggi. “L’unica certezza è che si tratta comunque di poco materiale”, ha sottolineato il consulente.
La questione del DNA maschile trovato nella bocca della vittima si intreccia con un altro elemento emerso durante le indagini: il DNA rilevato sotto le unghie di Chiara Poggi. Nel 2014, una perizia aveva identificato una quantità maggiore di materiale genetico sotto le unghie rispetto a quella rilevata nel tampone salivare. Tuttavia, secondo Capra, l’esame sulle unghie non è ripetibile, mentre quello sul tampone potrebbe esserlo, aprendo la strada a ulteriori verifiche.
Al momento, resta da chiarire l’identità di “Ignoto 3” e la reale origine del DNA maschile trovato nella bocca della vittima. Gli investigatori dovranno stabilire se si tratta di un frammento genetico legato al crimine o di una contaminazione accidentale avvenuta durante l’autopsia. Nel frattempo, la famiglia Poggi e i consulenti continuano a seguire attentamente gli sviluppi delle indagini.
Il caso di Chiara Poggi rimane uno dei più complessi e controversi nella cronaca giudiziaria italiana. Le nuove analisi potrebbero fornire elementi utili per fare luce su quanto accaduto quel giorno del 2007 a Garlasco, ma al momento le ipotesi avanzate non sembrano trovare solide conferme nei dati scientifici disponibili.



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