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Il fratello di Paolo Calissano: “Scelse di morire con i farmaci, non fu un errore”



La morte di Paolo Calissano, avvenuta il 29 dicembre 2021, ha lasciato un segno profondo nel mondo dello spettacolo italiano. L’attore, conosciuto per aver interpretato ruoli di spicco in serie televisive come Vivere, La dottoressa Giò e Vento di Ponente, è stato trovato senza vita nella sua abitazione a Roma. Aveva solo 54 anni. Secondo quanto emerso, il decesso è stato causato da un mix di farmaci antidepressivi. A distanza di tempo, il fratello dell’attore, Roberto Calissano, ha deciso di condividere alcuni dettagli su quel doloroso periodo che ha preceduto la tragedia.



In un’intervista concessa a Giovanna Cavalli per il Corriere della Sera, Roberto Calissano, imprenditore e fratello di Paolo, ha espresso la sua convinzione che l’attore abbia scelto consapevolmente di porre fine alla sua vita. “Non fu uno sbaglio, cercava la morte, non ha retto, non voleva più vivere. Ha scelto quello anziché buttarsi sotto a un treno”, ha dichiarato. Secondo quanto riferito da Roberto, suo fratello aveva sostituito la dipendenza dalla cocaina con quella dai tranquillanti, che alla fine si sono rivelati fatali. “Sono stati quelli a ucciderlo, non la droga”, ha aggiunto.

Il giorno della tragedia, Roberto fu informato della morte del fratello tramite una telefonata dall’amministratore di sostegno di Paolo, Matteo Minna, con cui è attualmente in corso una causa legale. Incredulo, Roberto aveva chiesto a Minna di scuotere Paolo, convinto che stesse semplicemente dormendo sotto l’effetto dei farmaci. Tuttavia, all’arrivo della polizia sul posto, la realtà si rivelò ben diversa.

La carriera di Paolo Calissano, che per anni lo aveva visto tra i volti più amati del panorama televisivo italiano, aveva subito un brusco arresto nel 2005, quando una donna brasiliana, Ana Lucia Bandeira Bezerra, fu trovata morta nel suo appartamento a causa di un’overdose di cocaina. L’attore fu accusato di averle fornito la dose letale e condannato a quattro anni di reclusione. La pena fu scontata presso la comunità di recupero per tossicodipendenti “Fermata d’Autobus”. Questo episodio segnò l’inizio del declino della sua carriera: “Il lavoro si è azzerato. Non lo cercavano più. […] Negli anni il suo nome continuava ad essere associato a quel fatto di cronaca, mentre lui anelava all’oblio”, ha raccontato Roberto Calissano.

Nonostante il tentativo di alcune persone di aiutarlo, Paolo non riuscì a risollevarsi. Tra queste persone c’era il giornalista e conduttore Maurizio Costanzo, che cercò di tendere una mano all’attore quando le luci dei riflettori si spensero su di lui. Tuttavia, Paolo rifiutò quell’aiuto: “Lo aiutò solo Costanzo, ma lui non volle afferrare quella mano tesa”, ha spiegato Roberto.

Dopo l’arresto e il conseguente isolamento dal mondo dello spettacolo, Paolo iniziò a manifestare segni sempre più evidenti di depressione e problemi legati alla dipendenza. Questi lo portarono a un progressivo isolamento sociale e psicologico. Il desiderio di sparire dalle scene e dall’attenzione pubblica si fece sempre più intenso, fino al tragico epilogo.

La vicenda di Paolo Calissano rappresenta una storia dolorosa che mette in luce le difficoltà che molti personaggi pubblici possono incontrare nel gestire la pressione mediatica e gli errori del passato. La sua morte solitaria continua a sollevare interrogativi sulle responsabilità e sull’importanza del supporto psicologico per chi affronta situazioni simili.



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