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Il Pd di Schlein vacilla: la donna al vertice (tre passaporti) non sa più che strada prendere, e il partito entra nella fase della resa dei conti



Il Partito Democratico è attualmente in fase di preparazione per un’importante offensiva contro la riforma della giustizia, mentre la segretaria Elly Schlein si trova a dover affrontare una situazione interna difficile. Con un clima di incertezza palpabile, i membri del partito stanno lanciando “ciambelle di salvataggio” a Schlein, ma con riserve e condizioni. A parte Francesco Boccia, che si è sempre dimostrato un sostenitore leale, gli altri membri del partito offrono supporto a Schlein con l’avvertimento implicito che, se dovessero vincere, non ci sarebbe spazio per lei a Palazzo Chigi. Questo approccio riflette la nuova regola non scritta del Nazareno, che implica una tolleranza verso la segretaria ma senza concederle un reale potere.



Mentre il partito si dibatte in queste dinamiche interne, l’Italia si trova ad affrontare sfide significative, con un elettorato di sinistra che sembra disilluso e una mancanza di proposte concrete da parte del partito. La situazione del fiume Po, che sta affrontando una grave crisi idrica a causa dei cambiamenti climatici, diventa una metafora per la crisi del PD e della leadership di Schlein. La segretaria si trova a fronteggiare un’elettorato sempre più distante, mentre la sua politica estera è caratterizzata da un silenzio assordante su questioni cruciali come Israele, la difesa europea e le alleanze internazionali.

In un contesto di crescente insoddisfazione, Schlein si concentra su temi di diritti civili e pace, ma sembra mancare di una strategia chiara per affrontare le questioni più urgenti che l’Italia deve affrontare. Il dibattito interno al partito si è ridotto a una discussione su quale sistema elettorale adottare, con scelte che appaiono più simili a un filtro di Instagram che a una strategia politica seria. Mentre la leader del PD si occupa di questioni di principio, il suo partito sembra incapace di rispondere alle sfide concrete che la Meloni e il suo governo pongono.

Intorno a Schlein si muovono figure politiche storiche, come Stefano Bonaccini, Dario Franceschini, e Lorenzo Guerini, ognuno con le proprie ambizioni e strategie. I sostenitori di Bonaccini sembrano tollerare la leadership di Schlein, mentre altri, come i riformisti, sono pronti a sfruttare ogni errore. Gli ex renziani, pur dichiarandosi a favore di Schlein, osservano con attenzione i suoi passi, pronti a capitalizzare eventuali fallimenti. Gianni Cuperlo continua a esprimere le sue opinioni da una posizione di rispetto, mentre Romano Prodi si fa sentire come una voce influente nel partito.

La tensione interna è palpabile, con diverse correnti che si contendono il potere. Maurizio Landini chiede un ritorno ai temi del lavoro, mentre altri cercano di stabilire un dialogo con figure come Giuseppe Conte, che continua a sperare in un ritorno alla ribalta. Nel frattempo, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e l’assessore Onorato si muovono nel panorama politico, cercando di raccogliere consensi e costruire alleanze.

Il PD si trova quindi in una fase di profonda crisi, simile a quella del fiume Po, che un tempo univa il Nord e ora divide. Le tensioni tra diverse fazioni del partito sono evidenti, con gli industriali del Nord che si oppongono a posizioni più radicali e i moderati che invocano una maggiore coerenza con le alleanze internazionali. La mancanza di una visione unitaria è evidente, e ogni tentativo di affrontare questioni sociali o di critica al governo della Meloni sembra creare ulteriori fratture.



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