Il caso del delitto di Garlasco, che per anni ha tenuto alta l’attenzione dell’opinione pubblica, torna al centro delle indagini. A seguito della condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di carcere per l’omicidio di Chiara Poggi, la Procura di Pavia ha deciso di riaprire il fascicolo, iscrivendo nuovamente nel registro degli indagati Andrea Sempio. Questo sviluppo riporta alla luce le contestazioni della difesa di Stasi e le perplessità emerse già cinque anni fa durante ulteriori accertamenti condotti dai carabinieri.
Uno dei punti centrali delle indagini riguarda il presunto lavaggio delle mani da parte dell’assassino nel bagno della villetta di Garlasco. La condanna di Alberto Stasi, confermata dalla Cassazione, si basava anche sulle impronte trovate sul dispenser del sapone. Secondo i giudici, l’aggressore avrebbe utilizzato il dispenser per lavarsi le mani dopo aver commesso il delitto, maneggiandolo accuratamente e lavando successivamente il lavandino. Le impronte di Stasi sul dispenser sono state considerate una prova decisiva.
Tuttavia, gli investigatori hanno sollevato dubbi su questa ricostruzione. Cinque anni fa, durante un tentativo di riaprire il caso, fu segnalato che sul dispenser erano presenti altre impronte oltre a quelle di Stasi. In particolare, si parlava di un “frammento papillare” ricco di informazioni dattiloscopiche e almeno sette altri “contatti papillari”. Questi elementi non sono mai stati completamente chiariti e potrebbero essere oggetto di nuove verifiche da parte dei periti incaricati dalla Procura.
Un altro aspetto controverso riguarda il DNA trovato sul dispenser. Gli investigatori avevano evidenziato che sul contenitore erano presenti tracce genetiche non solo di Chiara Poggi, ma anche della madre. Questo portò alla conclusione che il dispenser potrebbe non essere stato ripulito dopo l’omicidio, contraddicendo la ricostruzione secondo cui l’assassino avrebbe lavato accuratamente il lavandino. Inoltre, una fotografia scattata durante i primi sopralluoghi mostrava la presenza di quattro capelli lunghi e neri vicino allo scarico del lavandino, che non furono mai repertati. Secondo la difesa di Stasi, questi capelli sarebbero stati eliminati se il lavandino fosse stato effettivamente lavato con acqua.
Questi elementi hanno alimentato una ricostruzione alternativa degli eventi, sostenuta dalla difesa di Stasi e ora oggetto di ulteriori indagini da parte dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e della Procura di Pavia. Le autorità stanno valutando se includere questi aspetti nell’incidente probatorio.
Un altro dettaglio che potrebbe essere riesaminato riguarda un’impronta catalogata come “10”, trovata all’ingresso della villetta e mai attribuita a nessuno. Secondo alcune ipotesi, questa impronta potrebbe appartenere all’assassino e sarebbe stata lasciata durante la fuga. La Procura potrebbe disporre nuove consulenze per analizzare anche altre impronte rilevate sulla scena del crimine, tra cui quelle sul tappetino del bagno e la traccia della suola “Frau”.
Nel 2024, una consulenza presentata dalla difesa di Stasi sosteneva che non fosse possibile determinare con certezza il numero di scarpe che avevano lasciato la traccia sul tappetino. Secondo questa analisi, gli accertamenti tecnici avrebbero potuto solo dimostrare la compatibilità con alcune tipologie di calzature, senza fornire prove definitive.
La riapertura del caso potrebbe portare a nuovi sviluppi significativi. La Procura di Pavia ha intenzione di approfondire ogni dettaglio rimasto in sospeso, cercando di fare luce su uno dei delitti più discussi degli ultimi anni. Le impronte conservate su para-adesivi e le tracce genetiche saranno sottoposte a ulteriori esami da parte dei periti super partes.
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