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In fiamme la fabbrica Nato in Romania produttrice di munizioni per l’Ucraina: c’entra l’intelligence russa?



Era circa l’una di notte quando un incendio ha avvolto una fabbrica di munizioni situata nei pressi di Cugir, una località della Transilvania, in Romania. Questo stabilimento, noto per la sua produzione di armi durante l’era comunista, è ora al centro di preoccupazioni relative alla guerra ibrida russa. Il governo di Bucarest aveva recentemente autorizzato un investimento di oltre 80 milioni di euro per aggiornare l’impianto, rendendolo capace di produrre munizioni conformi agli standard della Nato, dato il ruolo strategico della Romania nel fianco est dell’Alleanza.



L’incendio è iniziato in un deposito di proiettili di circa 700 metri quadrati, contenente 400 mila cartucce dal valore di oltre 5 milioni di euro, destinate principalmente all’Ucraina. La devastazione è stata rapida e intensa, con una serie di esplosioni che hanno risuonato fino alle 4 del mattino. Il ministro dell’Economia, Radu Miruta, ha descritto la scena: «Una scatola di cartucce dopo l’altra, le munizioni sono esplose fino alle 4 del mattino, ininterrottamente per 4 ore». I vigili del fuoco hanno impiegato sette ore per domare le fiamme.

Il ministro ha dichiarato che tutte le opzioni sono sul tavolo, incluso il sospetto di sabotaggio. Gli analisti e gli osservatori, tuttavia, sembrano concordare nel ritenere che si tratti di un atto deliberato. «Tutto converge a indicare che si tratti proprio di un atto di sabotaggio», ha affermato un esperto. Le autorità non hanno confermato che le munizioni coinvolte fossero destinate all’Ucraina, ma la domanda sorge spontanea: chi sta utilizzando in modo massiccio quel calibro di proiettili? La risposta, secondo gli analisti, è che sia l’Ucraina che la Russia sono i principali utilizzatori.

Un altro aspetto inquietante è che l’incendio è scoppiato nel giorno in cui il personale dell’impianto era in ferie, rendendo l’idea di un attacco pianificato. Hossu, un esperto di sicurezza, ha osservato: «Stupisce poi che la difesa di un sito strategico statale come l’impianto di Cugir sia in mano a una compagnia privata». Questa situazione solleva interrogativi sulla sicurezza e sulla gestione dei siti sensibili in Romania.

Le indagini in corso potrebbero non portare a risultati concreti. Secondo Hossu, è probabile che si scopra che l’incendio è stato appiccato da un giovane con problemi economici o mentali, reclutato tramite Telegram e pagato in criptovalute. Questo tipo di profilo è comune tra i sabotatori in Europa, dove gli obiettivi vulnerabili vengono selezionati e i colpevoli pagati in modo anonimo, rendendo difficile risalire a chi abbia orchestrato l’atto.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, sono stati registrati oltre 100 atti di sabotaggio in Europa, di cui almeno 66 attribuiti alla Russia. Secondo stime di Prevail Partners, una società di sicurezza britannica, il numero di atti di sabotaggio è in costante aumento: solo 6 nel 2022, 13 nel 2023 e ben 44 nel 2024. L’agenzia di stampa Ap ha riportato 70 incidenti dal 2022, di cui 12 solo quest’anno, mentre l’osservatorio indipendente dei conflitti Acled stima che il numero sia quasi il doppio.



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