Il cannabidiolo, noto come CBD, uno dei composti principali della cannabis, è stato oggetto di uno studio che ne ha valutato la sicurezza nel trattamento di infiammazioni cardiache come miocardite e pericardite. Queste condizioni possono portare a insufficienza cardiaca terminale e morte. Il CBD, a differenza del THC, non ha effetti psicotropi, rendendolo un candidato interessante per trattamenti medici.
La ricerca è stata condotta da un team internazionale di scienziati, coordinato dalla dottoressa Leslie Cooper della Mayo Clinic di Jacksonville, una delle principali istituzioni sanitarie negli Stati Uniti. Il gruppo ha lavorato in collaborazione con esperti di Brasile, Canada, Francia e Israele. Lo studio ha coinvolto pazienti con una storia di malattie cardiovascolari o almeno un fattore di rischio per queste condizioni, che erano stati ricoverati in ospedale a causa di una forma non grave di COVID-19. Il virus SARS-CoV-2 è noto per causare complicazioni infiammatorie cardiache, come la miocardite e la pericardite.
I partecipanti allo studio sono stati sottoposti a un trial multicentrico, in doppio cieco e controllato con placebo per valutare se una formulazione non psicotropa del cannabidiolo potesse essere sicura ed efficace contro le infiammazioni cardiache. Studi precedenti avevano già indicato che il CBD possiede proprietà antinfiammatorie, analgesiche e rilassanti, capaci di inibire l’attivazione della via dell’inflammasoma. Questo processo del sistema immunitario innato regola la risposta infiammatoria attraverso la produzione di citochine. Le infezioni virali come il COVID-19 possono scatenare una risposta infiammatoria eccessiva nota come “tempesta di citochine”, che può risultare più pericolosa dell’infezione stessa. La via dell’inflammasoma è coinvolta anche nelle infiammazioni cardiache, motivo per cui i ricercatori hanno voluto valutare l’efficacia e la sicurezza del CBD nel contrastarla.
Nonostante la fine della pandemia abbia impedito alla dottoressa Cooper e al suo team di ottenere dati significativi sull’efficacia del CBD a causa della mancanza di pazienti sufficienti per un’analisi completa, sono riusciti a raccogliere informazioni importanti sulla sicurezza del composto. Il profilo di sicurezza del CBD è risultato simile a quello del placebo. “Sapevamo che i pazienti con malattie cardiovascolari (CVD) o fattori di rischio CVD ricoverati in ospedale per infezione da COVID-19 potevano essere ad alto rischio di infiammazione cardiaca”, ha dichiarato l’autrice principale dello studio in un comunicato stampa. “Abbiamo condotto uno studio controllato con placebo su una formulazione orale di cannabidiolo prodotto farmaceuticamente (GMP) per valutarne l’efficacia e la sicurezza. La pandemia si è conclusa prima che avessimo reclutato un numero sufficiente di partecipanti per analizzare se il cannabidiolo GMP avesse un effetto positivo sull’endpoint primario di efficacia, ma abbiamo ritenuto che la mancanza di segnali di sicurezza fosse un dato importante da condividere”, ha concluso.
La ricerca suggerisce che il cannabidiolo potrebbe essere sicuro per i pazienti con infiammazioni cardiache legate al COVID-19, ma ulteriori studi sono necessari per confermare la sua efficacia terapeutica. La dottoressa Cooper e i suoi colleghi sperano di poter continuare a esplorare il potenziale del CBD come trattamento sicuro per le infiammazioni cardiache e altre condizioni correlate.
In conclusione, mentre lo studio non ha potuto dimostrare l’efficacia del CBD a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia, le informazioni raccolte sulla sicurezza del composto rappresentano un passo avanti significativo nella ricerca medica. Il CBD continua a essere un argomento di grande interesse per gli scienziati che cercano nuove terapie per le malattie cardiovascolari e altre condizioni infiammatorie.
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