La storia, ambientata tra il Pistoiese e la provincia di Pisa ma affrontata dal Tribunale dei minori di Firenze, pone al centro una bambina che da tempo convive con difficoltà di salute. Nell’aprile scorso la piccola avrebbe dovuto sottoporsi a una risonanza magnetica con sedazione: un esame fondamentale per comprendere l’origine di una crisi sopraggiunta. Tuttavia, l’uomo che fino a quel momento aveva dato per scontato di essere il padre, si è opposto: “Non ho dato il consenso agli esami diagnostici perché non è mia figlia, è la figlia di mio fratello”. Queste parole, pronunciate davanti al collegio giudicante, hanno determinato un intervento immediato da parte dei magistrati .
Nei fatti, la madre – residente in Pistoia e sostenuta da tempo dagli assistenti sociali a causa di difficoltà economiche – ha chiesto l’intervento del Tribunale per tutelare il diritto di sua figlia alla salute. In attesa delle analisi genetiche definitive, i giudici hanno emanato un decreto urgente: sospensione della potestà genitoriale dell’uomo, nomina di un curatore speciale per la minore e assegnazione di ogni responsabilità decisionale alla madre. Grazie a tali misure, la risonanza magnetica potrà essere effettuata senza ulteriori ostacoli .
In aula, la madre ha dichiarato: “La bimba ora sta bene – ma deve comunque fare la risonanza per capire cosa ha provocato la crisi di aprile. Non ha più avuto problemi, ma è importante chiarire” . La delicatezza dell’intervento medico risiede proprio nella sua urgenza: individuare eventuali patologie nascoste o degenerative affinché la bambina possa accedere a cure tempestive ed appropriate.
L’uomo, nel frattempo, ha riconosciuto di non ostacolare il provvedimento del Tribunale. In un passaggio chiave ha spiegato: “Ho saputo che non era mia figlia solo dopo il test del Dna. Mio fratello è più grande di me, ci andavo d’accordo, ma oggi non ci parliamo più. Quando ho scoperto la verità, ho chiamato la madre della bambina e le ho detto che non volevo più avere nulla a che fare né con lei né con la bambina. Se ha bisogno, deve rivolgersi a mio fratello, che è il vero padre” . Dichiarazioni nette, che sottolineano una presa di distanza dall’intero ruolo paterno, biologico o sociale.
Per quanto riguarda le conseguenze giuridiche, il Tribunale dei minori non ha la competenza per stabilire la paternità definitiva: questa questione sarà esaminata in un procedimento ad hoc. Al momento, l’unica priorità resta la tutela della bambina: garantire il suo accesso alle cure cliniche, la serenità ambientale e la protezione di un adulto affidatole, nominato dal giudice stesso .
Attualmente, la minore proseguirà l’assistenza tramite i servizi sociali, affiancata dalla madre e vigilata da un curatore speciale incaricato dal tribunale. L’uomo, pur sospeso dalla potestà, mantiene la sua posizione: nessuna intenzione di riprendere un ruolo paterno né la responsabilità nei confronti della bambina.
Questa vicenda, resa pubblica grazie al Corriere della Sera tramite il giornalista Vincenzo Brunelli, rappresenta un monito sulle complicazioni emotive e legali che gravano sui rapporti familiari quando la paternità biologica viene messa in discussione. Al centro resta – come sempre – il benessere del minore: diritto alla salute, alla verità, all’assistenza.
Rimangono ancora molte domande aperte: l’esito dell’accertamento genetico, eventuali responsabilità economiche attribuibili, e le conseguenze sociali e psicologiche sulla bambina. Nel frattempo, resta valida la misura concessa dai giudici: garantire alla piccola la risonanza magnetica indispensabile e ogni misura utile alla tutela del suo diritto alla salute.
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