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La famiglia di Giulia, morta per mano del marito: “Il milione di risarcimento non è mai arrivato, ma lo Stato vuole le tasse”



La storia di Giulia Galiotto, uccisa a soli 30 anni nel 2009 dal marito Marco Manzini, continua a far discutere. La famiglia della vittima, composta da Giuliano, Giovanna e Elena, ha deciso di non arrendersi di fronte a una situazione che definiscono “assurda”. Infatti, dopo la condanna di Manzini a 19 anni e 4 mesi di carcere, la famiglia non ha mai ricevuto il risarcimento di un milione di euro che gli era stato imposto. A complicare ulteriormente la situazione, l’Agenzia delle Entrate ha richiesto loro il pagamento di tasse su un risarcimento che non hanno mai incassato.



In un’intervista rilasciata a La Gazzetta di Modena, Giovanna Ferrari, madre di Giulia, ha espresso il suo disappunto: “L’Agenzia delle Entrate ci chiede le tasse su un risarcimento che non abbiamo mai ricevuto e probabilmente mai riceveremo dall’uomo che ha ucciso nostra figlia.” Questa affermazione mette in evidenza una questione più ampia riguardante la violenza economica, che, secondo Giovanna, si manifesta anche attraverso le istituzioni. “La violenza economica è anche nelle istituzioni, che esercitano verso i parenti che chiedono giustizia diritti come quello di ottenere le tasse su tutto il risarcimento,” ha aggiunto.

L’Agenzia delle Entrate ha richiesto un importo di 6.000 euro di tasse ai familiari di Giulia. In risposta a questa situazione, Giovanna ha dichiarato: “Noi non molliamo e abbiamo presentato tre ricorsi – uno per ogni cartella esattoriale ricevuta”, specificando che i destinatari sono la madre, il padre e la sorella della vittima. Ha ulteriormente chiarito: “I soldi non sono il nostro problema.” Tuttavia, ha riconosciuto che molte donne in situazioni economiche svantaggiate potrebbero rinunciare a percorsi legali simili, temendo di trovarsi in una situazione analoga.

La tragica vicenda di Giulia Galiotto è iniziata nel 2009, quando Marco Manzini, dopo averla attirata con una scusa, la colpì a morte con una pietra. Successivamente, cercò di inscenare un suicidio gettando il corpo nel fiume Secchia, contattando poi la famiglia di Giulia per fingere preoccupazione. La verità è emersa e Manzini è stato condannato, ma nel 2022 ha ottenuto la semilibertà. A luglio del 2024, ha completato la sua pena.

La sentenza di condanna prevedeva un risarcimento complessivo di un milione e 200.000 euro, somma che la famiglia di Giulia non ha mai ricevuto. Questo ha portato a una crescente frustrazione e indignazione da parte dei familiari, che si trovano ora a dover affrontare anche le richieste fiscali su un importo che non hanno mai visto.

La situazione ha sollevato interrogativi su come il sistema legale e fiscale gestisca i casi di violenza domestica e i diritti delle vittime e dei loro familiari. La famiglia di Giulia ha sottolineato che la loro lotta non riguarda solo il risarcimento economico, ma anche la ricerca di giustizia e il riconoscimento delle sofferenze subite.



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