Ah, la Von der Leyen—santa paladina della guerra alle fake news, con l’Unione Europea che piove soldi a questi fantomatici fact checker per difenderci dalla disinformazione putiniana. Proprio loro, i guardiani della Verità. Poi succede che il primo settembre Ursula – in compagnia della sua lacca immancabile – atterra in Bulgaria con la bellezza di 9 minuti di ritardo. Nove, mica mezz’ora.
Entra in scena Arianna Podestà, portavoce della Commissione e italiana DOC. E qui scatta la barzelletta, perché lei di ritardi sugli aerei ne sa qualcosa (ciao Alitalia). Ma ha già la risposta pronta: “Le autorità bulgare ci dicono che è stata una palese interferenza russa. Siamo abituati alle minacce, all’ostilità russa, bla bla”. E certo, chi altri se non Putin col telecomando del male.
Peccato che i bulgari – quelli veri, non quelli delle barzellette – dicano l’opposto. Il ministro dell’Interno Mitov taglia corto: “Escludo categoricamente un attacco informatico”. Ma ormai il circo mediatico è partito: Picierno parte con la solita litania della “guerra ibrida”, la strategia di sabotaggio, l’Europa nel mirino, dobbiamo essere più uniti, difendere l’Ucraina, e via così. Calenda butta una battutina – “Ulteriori iniziative per la pace da parte di Putin” – e Sensi (sempre Pd) osa il dramma: “Il regime russo ci vuole morti”. Tutto molto sobrio.
Iacoboni? Lui tira fuori Kaliningrad e la baia di Pietroburgo come se fosse la sceneggiatura di una spy story anni ‘80. “Sospetti sull’attacco che ha accecato il Gps dell’aereo di von der Leyen”. Ma certo, la Spectre ha colpito ancora.
E i fact checker Ue, questi eroi moderni? Boh, forse dormono, o forse rilanciano la boiata, perché di certo non possono smentire chi li paga. Come quando Ursula ci raccontava dei russi che smontano lavatrici e tiralatte per farci i carri armati—roba che neanche nei cinepanettoni. O quella storia dell’ex nazista ucraino fatto fuori a Leopoli, che poi si scopre morto per mano di un ucraino incazzato nero col governo. Ma chi vuoi che verifichi, ormai?
Poi, colpo di scena: la portavoce di Ursula qualche giorno dopo smentisce tutto. “Non abbiamo mai detto che l’interferenza al Gps fosse proprio contro di lei”. Ah, quindi la “palese interferenza russa” era una barzelletta? Ma dai, fateci ridere ancora. Alla fine lo sanno tutti cos’ha mandato in tilt il Gps: la lacca di Ursula. Altro che Putin.



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