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La sorella di Luca Sinigaglia in lacrime: “Accuse infami, mio fratello è morto da eroe”



La tragica vicenda di Luca Sinigaglia, alpinista milanese di 49 anni, ha commosso profondamente l’Italia e il mondo dell’alpinismo internazionale. L’uomo ha perso la vita sul Pobeda Peak, la montagna più alta e impegnativa del massiccio del Tien Shan, tra Asia centrale e Kirghizistan, nel tentativo disperato di salvare la collega russa Natalia Nagovitsyna. La scalatrice, rimasta immobilizzata a seguito di una caduta che le ha provocato una grave frattura alla gamba, si trovava in una situazione critica a oltre 7000 metri di quota.



Secondo le ricostruzioni, Natalia Nagovitsyna, 47 anni, aveva intrapreso l’ascesa al Pobeda Peak insieme a un gruppo di quattro persone: oltre a lei, erano presenti Luca Sinigaglia, il tedesco Gunther e il russo Roman. Dopo aver raggiunto la vetta della montagna, il gruppo si sarebbe separato. Alcuni testimoni vicini alla scalatrice russa ipotizzano che ci sia stato un diverbio tra i membri della spedizione, ma la dinamica precisa resta incerta.

Durante la discesa, nel tratto più pericoloso della montagna – noto per essere un luogo in cui giacciono i corpi di numerosi scalatori caduti in passato – si è verificato un incidente. Roman, uno dei membri del gruppo, è precipitato trascinando con sé Natalia Nagovitsyna. Mentre il russo ha riportato solo lievi contusioni, la donna ha subito una frattura alla gamba che le ha impedito di muoversi autonomamente.

A quel punto, Roman ha raggiunto Luca Sinigaglia e Gunther, che si erano accampati sulla cima occidentale della montagna, il Vazha Pshavela, a 6918 metri di quota. Dopo aver appreso dell’incidente, i due alpinisti non hanno esitato a risalire verso il punto della caduta per soccorrere Natalia Nagovitsyna, portandole un sacco a pelo, cibo, acqua e gas per sopravvivere alle rigide temperature sotto i -20°C.

Nonostante gli sforzi eroici dei due uomini, la situazione si è rivelata drammatica. Dopo aver trascorso due notti in quota nel tentativo di salvare la collega russa, Luca Sinigaglia è deceduto il 15 agosto, probabilmente a causa di un edema cerebrale provocato dalle condizioni estreme e dalla permanenza prolungata ad alta quota. Il tedesco Gunther e il russo Roman sono riusciti successivamente a scendere a piedi in un giorno e mezzo.

La morte di Luca Sinigaglia ha generato un’ondata di emozione e rispetto per il suo gesto altruista. Tuttavia, alcune testate russe hanno diffuso ricostruzioni che insinuano responsabilità o comportamenti discutibili da parte del milanese e del tedesco. Questi racconti sono stati fermamente smentiti dalla sorella di Luca, Patrizia Sinigaglia, che ha difeso l’onore del fratello con prove ufficiali fornite dal governo del Kirghizistan e dall’ambasciata italiana.

In un’intervista alla testata russa Komsomolskaya Pravda, Patrizia Sinigaglia ha dichiarato: “Ci sono molte insinuazioni che offendono la memoria di Luca. Dicono che lui e il tedesco abbiano lasciato Natalia e siano scesi più in basso. È assolutamente falso.” La sorella dell’alpinista ha ribadito che Luca ha agito con coraggio e determinazione fino alla fine, senza mai abbandonare la collega in difficoltà.

Luca Sinigaglia, originario di Melzo, vicino Milano, era un alpinista esperto con oltre vent’anni di esperienza su montagne difficili. La sua passione per l’alpinismo lo aveva portato a sfidare alcune delle vette più impegnative al mondo. La sua morte rappresenta una perdita significativa per la comunità alpinistica e per tutti coloro che lo conoscevano.



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