La decisione della Regione Lazio di destinare 600.000 euro per la cattura e l’uccisione di animali domestici in libertà ha sollevato un acceso dibattito. Questa misura è stata giustificata come necessaria per “limitare i danni all’agricoltura, tutelare la biodiversità e ridurre i rischi sanitari”. Mucche, capre, maiali, cani e gatti, privi di un riferimento umano, sono stati etichettati come “inselvatichiti”. Questo fenomeno è emerso in un contesto in cui la gestione delle risorse animali è stata trascurata dalle istituzioni competenti.
La Regione ha fissato una “taglia” di quasi mezzo milione di euro per gli animali provenienti dal mondo agricolo e dall’allevamento. Molti di questi animali erano destinati alla macellazione clandestina. La delibera approvata nel giugno scorso prevede la distribuzione di fondi ai Comuni che attueranno “interventi” per il controllo della fauna selvatica, con incentivi economici per chi abbatterà il maggior numero di animali.
Le reazioni delle associazioni animaliste non si sono fatte attendere. La LAV ha annunciato l’intenzione di ricorrere al TAR per bloccare la delibera, evidenziando che i Comuni di Carpineto Romano e Montelanico hanno già ricevuto 120.000 euro per gestire la situazione e garantire la sicurezza pubblica e ambientale. Bianca Boldrini, Responsabile LAV Area Animali Negli Allevamenti, ha commentato: “Oltre che sorprendente, appare anche alquanto grave che a stanziare soldi per catturare ed uccidere gli animali liberi sul territorio sia la Regione, che, ricordiamo, in quanto tale ha il compito, attraverso le Aziende Sanitarie Locali, di vigilanza e controllo degli animali ‘da allevamento’ e del loro ambiente per salvaguardare la salute animale e tutelare il benessere degli animali stessi.”
Anche l’ENPA ha espresso preoccupazione, sottolineando che invece di destinare 600.000 euro all’uccisione di animali rinselvatichiti, sarebbe più utile investire nel recupero della fauna selvatica ferita. L’ENPA ha affermato che la Regione ignora da anni questa problematica, lasciando che il volontariato e i cittadini si facciano carico del salvataggio di specie che sono patrimonio dello Stato. “Da anni si ignora totalmente tale problematica, addossando sul volontariato e sui cittadini il salvataggio di specie che sono patrimonio indisponibile dello Stato”, hanno dichiarato. Hanno anche messo in guardia sui potenziali pericoli che animali feriti possono rappresentare per la popolazione.
La scelta della Regione Lazio di abbattere animali rinselvatichiti ha suscitato interrogativi riguardo agli interessi politici in gioco. La pressione esercitata dal mondo agricolo e venatorio sembra influenzare decisioni che non considerano il benessere animale né il principio di One Health. La Regione non ha preso in considerazione metodi alternativi per la gestione della fauna, trascurando anche gli animali da allevamento e il concetto di “possesso responsabile”.
La LAV ha evidenziato che è fondamentale interrogarsi su come questi animali siano giunti a vivere liberi nel territorio e come si siano accumulati numeri significativi di bovini ed equidi. La Regione stessa ha riconosciuto nei suoi provvedimenti che “non ultimo il fenomeno delle macellazioni clandestine” è un problema che persiste e deriva dalla cattiva gestione degli animali da parte di alcuni allevatori, insieme alla mancanza di controlli adeguati da parte delle ASL competenti.
Le associazioni animaliste, quindi, non solo contestano la decisione della Regione, ma chiedono anche una revisione delle politiche di gestione della fauna. La LAV e l’ENPA hanno richiesto un approccio più umano e rispettoso nei confronti degli animali, proponendo soluzioni alternative che possano garantire il benessere degli animali e la sicurezza della comunità.



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