Le tartarughe, note per la loro straordinaria longevità, rappresentano una delle specie animali più affascinanti per gli studiosi. Alcune di queste, come le tartarughe giganti delle Galapagos e di Aldabra, possono vivere oltre 150 anni, sfidando le aspettative biologiche. Nonostante la loro grande mole e la lunga durata della vita, che teoricamente aumenterebbero il rischio di sviluppare tumori a causa del maggior numero di cellule e della loro attività nel corso del tempo, questi rettili si ammalano di cancro in maniera eccezionalmente rara.
Un recente studio condotto dall’Università di Nottingham ha svelato dettagli interessanti sui meccanismi che proteggono le tartarughe dal cancro. I ricercatori hanno individuato una serie di adattamenti genetici e metabolici che sembrano ridurre significativamente la loro suscettibilità ai tumori. Tra questi, spicca la presenza di copie aggiuntive di geni legati alla riparazione del DNA e alla soppressione delle neoplasie. Questi geni, fondamentali per mantenere l’integrità cellulare, potrebbero fornire indizi utili per sviluppare nuove strategie di prevenzione oncologica negli esseri umani.
Secondo lo studio, le tartarughe sono dotate di meccanismi che limitano la disregolazione proteica e riducono lo stress cellulare, contribuendo alla loro resistenza ai danni molecolari. La loro capacità di evitare il cancro è stata confermata dall’analisi delle cartelle cliniche e dei referti necroscopici di centinaia di esemplari provenienti da otto zoo situati in Europa, Regno Unito e Stati Uniti. Tra questi, lo zoo di Chester, in Inghilterra, ha fornito dati significativi. I risultati mostrano che meno dell’1% delle tartarughe sviluppa tumori, con una percentuale ancora più bassa per i casi di cancro maligno, che si attestano intorno allo 0,8%. Questi dati sono nettamente inferiori rispetto a quelli registrati nei mammiferi e negli uccelli.
La ricerca ha evidenziato un contrasto marcato anche rispetto ad altri rettili, come serpenti e lucertole. Nei cosiddetti squamati, la prevalenza di neoplasie raggiunge il 9% nei serpenti e il 7% nelle lucertole. Questo divario suggerisce che le tartarughe abbiano sviluppato meccanismi unici per contrastare il cancro, probabilmente legati alla loro eccezionale longevità. Come sottolineano gli autori dello studio: “Questo netto contrasto supporta l’ipotesi che le tartarughe abbiano sviluppato distinti meccanismi di resistenza al cancro, in particolare data la loro estrema longevità rispetto a molti altri vertebrati.”
Le implicazioni di questa scoperta vanno oltre la comprensione delle tartarughe. Gli studiosi ritengono che questi animali possano diventare un modello non convenzionale per studiare la resistenza al cancro e i processi legati all’invecchiamento. Le loro difese cellulari contro i danni molecolari e il metabolismo lento che riduce lo stress cellulare potrebbero fornire spunti cruciali per la ricerca biomedica. “Hanno il potenziale per essere un prezioso modello non tradizionale per studiare la resistenza al cancro e i meccanismi di invecchiamento,” hanno dichiarato i ricercatori.
L’interesse verso le tartarughe non si limita alla loro biologia. La loro capacità di sopravvivere in ambienti ostili e di adattarsi nel tempo è un esempio straordinario di evoluzione. Comprendere i segreti della loro longevità potrebbe aprire nuove strade nella medicina anti-invecchiamento e nella prevenzione delle malattie degenerative.
Oltre agli aspetti genetici, gli studiosi stanno approfondendo il ruolo del metabolismo lento delle tartarughe nel ridurre lo stress cellulare. Questo elemento sembra essere un fattore chiave nella loro resistenza ai tumori. Ridurre lo stress cellulare è infatti uno degli obiettivi principali nella ricerca oncologica, poiché lo stress cronico è spesso associato all’insorgenza di neoplasie.
La scoperta dei meccanismi antitumorali nelle tartarughe rappresenta un passo importante verso una nuova comprensione della biologia del cancro. Pur essendo ancora agli inizi, questi studi potrebbero portare a sviluppi significativi nella lotta contro il cancro umano. Gli scienziati stanno già valutando come applicare queste conoscenze alla medicina umana, con l’obiettivo di creare trattamenti più efficaci e strategie preventive basate sui modelli naturali osservati in questi rettili.
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