“Non penso sia stato lui a ucciderla”. Queste le parole di Claudio Sterpin, amico di Liliana Resinovich, la donna trovata senza vita alla fine del 2021 in un boschetto vicino all’ex ospedale psichiatrico di Trieste. Sebbene il marito della vittima, Sebastiano Visintin, sia attualmente indagato per omicidio, Sterpin esprime dubbi sulla sua colpevolezza, ipotizzando invece un’azione premeditata e orchestrata da più persone.
Sterpin ha dichiarato all’Ansa di non sentirsi a disagio all’idea di incontrare Visintin durante l’incidente probatorio. “Non credo sia stato lui il killer di Lilli”, ha affermato, aggiungendo che ritiene che il marito sappia chi è realmente responsabile e conosca anche il luogo dove il corpo è stato nascosto prima del ritrovamento. Secondo l’amico della vittima, il corpo di Liliana sarebbe stato lasciato nel boschetto solo poche ore prima della scoperta, avvenuta il 5 gennaio 2022. “Se fosse rimasta lì per venti giorni, sarebbe stata sfigurata dai cinghiali”, ha sottolineato Sterpin, ricordando di aver fornito questa versione dei fatti alla polizia già il 15 dicembre 2021.
Nel frattempo, la Procura di Trieste ha avanzato l’ipotesi che sia stato proprio Sebastiano Visintin ad aggredire e soffocare la moglie. La pm Ilaria Iozzi ha formalizzato questa accusa nell’ambito dell’indagine per omicidio. Tuttavia, l’avvocato di Sergio Resinovich, fratello della vittima, invita alla prudenza. “Questi nuovi dettagli non ci esaltano né ci scoraggiano”, ha dichiarato il legale Nicodemo Gentile. “Si tratta di un capo d’imputazione provvisorio che potrebbe evolversi con il proseguire delle indagini”.
Il fratello di Liliana, da sempre contrario all’ipotesi iniziale del suicidio, mantiene un atteggiamento cauto rispetto alle recenti novità. “Questo è solo un elemento parziale dell’inchiesta”, ha ribadito il suo avvocato.
Intanto, Sebastiano Visintin, che fino a poco tempo fa continuava a pubblicare aggiornamenti sui social, comprese foto della moglie, sembra essere irraggiungibile. Non risponde né al telefono né al citofono della sua abitazione.
Tra le piste investigative riemerge la testimonianza di alcuni operatori sanitari che lavorano nel parco di San Giovanni, dove è stato trovato il corpo senza vita di Liliana Resinovich. Questi avevano riferito di aver visto un uomo aggirarsi nella zona nei giorni precedenti al ritrovamento. Uno dei testimoni aveva descritto una persona con barba bianca, vestita con abiti scuri e una torcia accesa, che camminava all’alba del 5 gennaio proprio nell’area del boschetto. Sebbene queste dichiarazioni fossero state raccolte all’epoca dagli investigatori, non erano state considerate rilevanti per l’indagine.
Il caso di Liliana Resinovich continua a rimanere avvolto nel mistero, con molte domande ancora senza risposta. Le indagini proseguono per chiarire i dettagli di questa vicenda che ha scosso la città di Trieste e non solo.
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