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Lo sfregio provocatorio a Zelensky: ecco cosa hanno servito in volo ai giornalisti russi in Alaska



Un episodio controverso ha avuto luogo durante il volo di Stato che ha portato i giornalisti russi in Alaska per il vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e l’ex presidente americano Donald Trump. È stata servita una particolare pietanza, il “pollo alla Kiev”, un gesto che molti hanno interpretato come una provocazione nei confronti dell’Ucraina. La notizia è stata diffusa dalla direttrice di Russia Today, Margarita Simonyan, attraverso un post su Telegram.



La scelta del piatto ha sollevato commenti ironici e critiche. Il reporter di RT, Egor Piskunov, ha commentato che il piatto potrebbe essere “un buon segno per i prossimi negoziati” tra Putin e Trump, suggerendo che la scelta culinaria avesse un significato simbolico. Questo episodio non è isolato, poiché nelle stesse ore il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha indossato una felpa con la scritta “Urss” in caratteri cirillici, evocando il periodo sovietico in cui Ucraina faceva parte dell’Unione Sovietica.

L’atteggiamento provocatorio ha entusiasmato i commentatori filo-Cremlino. Il politologo Sergei Markov ha espresso su Telegram che “questo è un chiaro segnale che l’esercito russo sta trasformando le forze armate ucraine in pollo alla Kiev. Putin e Trump dovrebbero fare lo stesso con Zelensky.” Dall’altro lato, l’ex ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis ha avvertito che “la Russia userà ogni occasione per umiliare gli Stati Uniti, l’Occidente e l’Ucraina”, aggiungendo che “ora che le è stata data una piattaforma sulla scena mondiale, dovremo sopportarlo con imbarazzo”.

Nel frattempo, la tensione cresce all’interno dello staff del presidente ucraino Volodymyr Zelensky in vista dell’imminente vertice in Alaska. Secondo fonti di Kiev riportate dal Financial Times, i collaboratori più vicini a Zelensky temono di essere esclusi da un negoziato che potrebbe avere un impatto diretto sul futuro dell’Ucraina. Un alto funzionario ha descritto le intenzioni di Trump come “molto ambigue”, affermando: “Dice di volere la pace, ma non è disposto a compiere i passi necessari per ottenerla”. Per Kiev, l’obiettivo migliore sarebbe un cessate il fuoco incondizionato di 60 giorni, che permetterebbe di interrompere i bombardamenti e le offensive russe, consentendo al contempo un coordinamento con Washington.

Un altro aspetto preoccupante è il formato dell’incontro tra Trump e Putin, che prevede un colloquio faccia a faccia, solo con gli interpreti presenti. Questo formato ricorda l’incontro di Helsinki del 2018, quando Trump minimizzò le conclusioni dell’intelligence americana sull’interferenza russa nelle elezioni. In quell’occasione, l’allora presidente degli Stati Uniti si mostrò convinto dalle parole di Putin, scatenando una reazione di forte critica negli Stati Uniti e tra gli alleati.

Le cancellerie europee temono che il nuovo incontro a porte chiuse possa portare a concessioni unilaterali, come evidenziato da diverse fonti diplomatiche. Il timore è che un simile approccio possa nuovamente mettere in difficoltà gli interessi occidentali e quelli dell’Ucraina. L’attenzione si concentra ora sulla possibilità che il vertice in Alaska possa portare a sviluppi significativi nella crisi attuale.

La situazione rimane tesa, e il gesto del “pollo alla Kiev” ha aggiunto un ulteriore strato di complessità alla già delicata relazione tra Russia, Ucraina e Stati Uniti. Mentre il mondo osserva gli sviluppi, le reazioni a questo episodio dimostrano quanto sia sottile il confine tra diplomazia e provocazione in un contesto geopolitico così carico di tensioni.



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